Giornata mondiale della terra 2022…

La storia della Giornata della Terra

La manifestazione nasce nel 1970 per sensibilizzare il mondo all’importanza della conservazione delle risorse naturali della terra e la salvaguardia dell’ambiente. Fu istituita negli Stati Uniti grazie al senatore Gaylord Nelson, un anno dopo l’intervento di John McConnell alla Conferenza dell’UNESCO a San Francisco. McConnell, un attivista per la pace che si era interessato anche all’ecologia propose una giornata per celebrare la vita e la bellezza della terra e per promuovere la pace. Ad oggi le nazioni coinvolte per la celebrazione di questa giornata sono più di centocinquanta.

Una celebrazione sentita in tutto il mondo
Nel corso degli anni la partecipazione internazionale all’Earth Day è cresciuta superando oltre il miliardo di persone in”tutto il mondo: è l’affermazione della “Green Generation”, che guarda ad un futuro libero dall’energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali.

È inutile per l’uomo conquistare la Luna, se poi finisce per perdere la Terra.
(François Mauriac)

Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.
(Attribuita ad Albert Einstein)

Mi chiedo se c’è un modo per descrivere adeguatamente la follia che ci fa sprecare i grandi doni sia della Terra che del Cielo.
(James Lee Burke)

Solo quando l’ultimo albero sarà abbattuto e l’ultimo fiume avvelenato e l’ultimo pesce pescato ci renderemo conto che non possiamo mangiare il denaro.
(Proverbio indiano)

Il mondo: una foglia appesa all’albero dell’universo.
(Fabrizio Caramagna)

L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile.
Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando.
(Hubert Reeves)

Credo che la terra appartenga a una vasta famiglia di persone. Molte sono morte, alcune sono in vita, e innumerevoli non sono ancora nate.
(Anonimo)

Non dimenticate che la terra si diletta a sentire i vostri piedi nudi e i venti desiderano intensamente giocare con i vostri capelli.
(Kahlil Gibran)

Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare.
(Andy Warhol)

Siamo tutti farfalle. La Terra è la nostra crisalide.
(LeeAnn Taylor)

Gli alberi rimangono intatti se tu te ne vai. Ma tu no, qualora se ne vadano loro.
(Markku Envall)

Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.
(Proverbio del popolo navajo)

La Terra fornisce abbastanza risorse per soddisfare i bisogni di ogni uomo, ma non l’avidità di ogni uomo.
(Gandhi)

La terra ha oltre un milione di anni di età. Rispetta gli anziani.
(Deanna Anderson)

La volpe a custodia del pollaio, l’uomo del paradiso, l’industria dell’ambiente.
(Markku Envall)

Le primavere e i paesaggi hanno un grave difetto: sono gratuiti. L’amore per la natura non fornisce lavoro a nessuna fabbrica.
(Aldous Huxley)

Vivere è bene. Saper vivere è meglio. Sopravvivere sarà senza dubbio il problema degli uomini di “domani”.
(Roger Molinier)

Il silenzio muore, il rumore prende dappertutto il potere. E’ la sola calamità ecologica sulla terra di cui nessuno parla.
(Alain Finkielkraut)

La Terra non rimpiangerà l’uomo, né l’Uomo la terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini.
(Guido Ceronetti)

Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra.
(Emil Cioran)

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San Nicola e Putin…

san Nicola

Acchiappate San Nicola, è un collaborazionista filo-russo, un infiltrato di Putin, fatelo sparire dalla piazza antistante alla Basilica a lui dedicata. È il messaggio che circola a Bari, la città dove è Santo Protettore. Il povero San Nicola non ha pace da quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Prima gli hanno rubato gli ori che poi sono stati miracolosamente ritrovati nella campagna barese. Ma adesso non ha fatto in tempo a riavere la refurtiva che è partita la crociata contro la statua del Santo a Bari perché fu donata da Putin, in segno di antica amicizia tra Bari e Mosca, noi e la Russia, di cui San Nicola è pure patrono.

Su la Repubblica barese, nei giorni scorsi, è apparso un articolo che prende lo spunto da due non meglio identificate donne ucraine recatesi da San Nicola per pregare che avevano reagito male nel vedere la statua del Santo firmata da Putin. E sull’onda di questo episodio propone la rimozione della statua ac0ve causa del suo donatore.

La statua, secondo il quotidiano e a parere di uno storico dell’arte, Michele Bacci, sarebbe “un tentativo di egemonismo culturale” da parte russa. Come dire che i russi mandano avanti San Nicola per conquistare da Bari l’intera Italia e l’Europa. Quindi, suggeriscono gli illuminati baresi, bisognerebbe rimuoverla. Non abbatterla, per non farsi dire che è un caso di cancel culture; ma più ipocritamente nasconderla, collocarla in un posto non di passaggio, non in vista, in qualche convento, magari di clausura. Dunque non cancel culture ma cover culture, che è più consona agli ipocriti. “Accantonare quella statua – scrive la Repubblica – avrebbe il significato di una inequivoca condanna dell’aggressione e una solidarietà con le vittime della popolazione civile. Una reazione di carattere non violento…” Fermiamoci qui, e riflettiamo su questo caso esemplare di correttezza politica.

Dunque, una statua dedicata a San Nicola andrebbe eliminata solo perché il donatore è stato Putin: come fanno gli stolti che quando qualcuno indica loro la luna, guardano il dito che la indica e non la luna. Cogliere il nesso tra un Santo, la sua millenaria tradizione, il suo significato per i popoli e per i fedeli, l’elevazione di una statua in sua devozione, e chi ne è stato il donatore, è già di per sé una meschinità. Si confonde il sacro col profano, si usa un santo vissuto millenni fa per colpire un autocrate presente. Il proverbio di saggezza antica ed elementare – scherza coi fanti ma lascia stare i santi – viene calpestato e per colpire i fanti vengono deportati i santi. Per essere coerenti dovremo rimuovere tutte le statue dedicata a Dante, a Mazzini, ai grandi del passato elevate durante il regime fascista, solo perché le ha volute Mussolini?

La rimozione e la censura ricadrebbero non certo sul “committente” Putin ma sui fedeli nostrani, sulla città devota e sul santo. Non si coglie il nesso né l’effetto tra la rimozione punitiva della statua e la guerra in corso. Sono riti superstiziosi, idolatri e iconoclasti che ricordano le pratiche più oscure del passato remoto quando si bruciavano le immagini per colpire i corpi viventi dei loro effigiati o si infilavano aghi nei simulacri per compiere fatture di morte contro persone odiate.

Ma tutto questo viene fatto non cancellando la statua ma rimuovendola; infatti si rivendica a questo gesto ipocrita “il carattere non violento”. Arresti domiciliari per San Nicola made in Russia con l’accusa di “intelligenza col nemico”, concorso esterno alla mafia russa.

Ma torniamo a lui, al povero San Nicola, che è stato nei secoli il ponte greco tra la Russia e l’Occidente, tra Santa Claus e Babbo Natale, tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, tra Mosca e Bari via Bisanzio. Un santo conteso tra Bari e Venezia, un santo rubato nelle sue reliquie, un santo venuto dal mare di cui ancora di celebra l’arrivo a Bari. San Nicola ha un’identità e una riconoscibilità così forte, così radicata nei secoli a Bari e in alcuni centri del sud che davvero è impensabile che qualcuno possa associarlo a Putin o addirittura all’attacco all’Ucraina (in cui peraltro il suo culto è esteso).

Ma questa proposta conferma, come da manuale, qual è la malattia isterica del politically correct: giudicare il passato con gli occhi del presente, anzi ridurre la storia, la religione, la tradizione al metro odierno e agli avvenimenti correnti. Ricorda quell’onda di insofferenza e disprezzo che si è abbattuta sulle processioni e sulle feste patronali perché in (rari) paesi del sud si facevano inchini al boss mafioso del posto: ovvero cancelliamo millenarie tradizioni solo perché da qualche parte viene reso omaggio al mammasantissima locale. Ancora una volta si guarda al dito, non alla luna. Si condanna l’eccezione per sradicare la regola, si colpisce la degenerazione per colpire il culto e le popolazioni devote. L’isteria antiputiniana ha assunto aspetti grotteschi e si estende a tutto ciò che è russo: ogni grande yatch che batte bandiera russa e non è direttamente riconducibile a un magnate viene attribuito a Putin, che disporrebbe solo da noi di una flotta vacanziera che potrebbe fare concorrenza a Msc crociere. E che dobbiamo in fretta smantellare e confiscare perché non venga riconvertita in flotta armata puntata contro le nostre coste.

Come vedete, in questi casi come per San Nicola, l’intolleranza va a braccetto con l’idiozia, la rimozione del passato si unisce al grottesco. Dopo secoli di miracoli, doni ai bambini e protezione, vedersi accusati e puniti per collaborazionismo; se fossimo nei sacri panni di San Nicola avremmo voglia di prenderci le reliquie e tornarcene al luogo d’origine. Ma, a differenza nostra, lui è un Santo, ha santa pazienza, vede le cose dall’alto e sa che gli idioti passano, come le guerre e i loro capi, ma i santi restano.

MV

La nave dei filosofi nel buio della notte russa…

Avete mai sentito parlare della Nave dei filosofi? Se associ il filosofo alla navigazione ti sovviene l’immagine famosa di Platone che naviga tra Atene e Siracusa per dare inutili consigli al Tiranno, che gli costeranno cari. O quella di Seneca verso l’esilio in Corsica perché accusato di adulterio  O più recenti immagini di Martin Heidegger che in età matura torna all’origine del pensiero e va per la prima volta in Grecia, in crociera; o Ernst Junger che va a riscoprire la natura in Sardegna e poi scrive dei suoi soggiorni. Ce ne furono altre di navigazioni dei filosofi, ma si trattava solitamente di viaggi solitari, a volte con moglie al seguito, di solito volontari o per prevenire repressioni di regime. Ma cent’anni fa, il 1922, avvenne la prima deportazione in massa degli intellettuali, pensatori, scienziati sociali e scrittori. Avvenne in Unione Sovietica quando c’era ancora Lenin, a dimostrazione che il Terrore, il gulag, la deportazione e la persecuzione dei dissidenti comincia col fondatore del comunismo e non con Stalin. Per la prima volta nella storia decine di intellettuali e loro congiunti ritenuti dissidenti rispetto al regime sovietico vengono imbarcati e deportati. Lasciano le loro città, le loro terre, vengono privati dei loro libri e spediti nell’altrove. A dare il via è lo stesso Lenin che scrive un articolo Sull’importanza del materialismo militante e punta il dito contro “i servi ideologici della borghesia”. “L’espulsione degli elementi controrivoluzionari e dell’intellighentsia  borghese è il primo avvertimento del potere sovietico a questi elementi sociali”, scriveva la Pravda agli esordi della repressione. È il primo evento contro l’élite intellettuale nel Novecento, il precedente storico è il Terrore giacobino dopo la Rivoluzione francese che aveva mandato al patibolo poeti come André Chenier e scienziati, filosofi e chimici come Antoine-Laurent de Lavoisier. Ci furono gli emigrati dissidenti che si rifugiarono a Coblenza, poi bombardata dai rivoluzionari francesi, prima di passare alla Prussia; ma non si trattò di deportazione di gruppo, come accadde invece nella Russia comunista di Lenin. La storia dell’obbligo ritiene che gli intellettuali siano perseguitati dai regimi reazionari, conservatori e autoritari, per non dire dei regimi fascisti; ma la deportazione, persecuzione ed uccisione di intellettuali non allineati attiene in realtà all’assolutismo rivoluzionario, che degli assolutismi fu il più efferato, anche rispetto alle monarchie assolute del passato; e poi al totalitarismo comunista in cui la persecuzione raggiunse l’apice. Se nel nazismo il dissenso intellettuale assunse più le forme di emigrazione, inclusa quella interna e interiore, come del resto era già avvenuto nella Russia sovietica (la stessa definizione di migrazione interiore è di Lev Trotskij e si riferisce al 1924), solo nei regimi comunisti la persecuzione del dissenso fu capillare, radicale, a volte arrivando allo sterminio. Il regime intellettuale per antonomasia, ispirato da filosofi come Marx ed Engels e fondato da intellettuali come Lenin e Trotskij, fu il più spietato con gli intellettuali, considerando i “peccati teorici o ideologici” più gravi di quelli pratici. L’ideocrazia del comunismo fu, da questo punto di vista, l’epilogo materialista e secolare dell’Inquisizione e della persecuzione religiosa per eresia. Ma cos’era e chi trasportava la Nave dei filosofi? Si trattava del mercantile tedesco Oberburgmeister Haken e di un’altra nave tedesca, la Prussen; la prima in particolare fu ribattezzata da Glavaskij “nave dei filosofi”, allontanati per sempre dai luoghi in cui vivevano e lavoravano. Organizzò il loro viaggio il capo della polizia sovietica, Dzerzinskij autore dei dossier contro di loro – erano russi e ucraini – li fece arrestare dalla GPU e offrì la scelta obbligata tra l’esecuzione e la deportazione, previo espulsione, pagandosi il viaggio, senza la possibilità di portarsi con sé nulla, inclusi i loro libri di studio. Le due navi partirono da san Pietroburgo e approdarono a Stettino. Tra di loro c’era tutta l’intelligentsija russa composta da professori, storici, artisti, scrittori e filosofi, contrari al bolscevismo e legati alla tradizione spirituale e religiosa russa. Tra di loro spiccavano tre figure, note ormai alla cultura occidentale. Uno è Sergeij N. Bulgakov che nella sua opera La luce senza tramonto, sosteneva che la rivelazione divina si palesa attraverso il miracolo e la libertà, senza transitare da un sapere. Un altro è Nicolaj A. Berdjaev, che cercava un ponte tra filosofia e religione attraverso la libertà e critica l’elevazione dello Stato a divinità in terra. Interlocutore di entrambi fu Padre Pavel Florenskij che invece sosteneva l’esigenza di un sapere spirituale fondato metafisicamente e figurava uno Stato teocratico in un libero assoggettamento dell’individuo allo Stato; era un po’ quel che sosteneva in un altro contesto non teocratico, il nostro filosofo Giovanni Gentile quando figurava il coincidere del volere individuale col volere universale dello Stato, fino a identificare libertà e autorità. Fu espulso e imbarcato anche il sociologo cristiano Pitirim A. Sorokin, che scrisse poi memorabili saggi di filosofia della società; ma il suo viaggio verso l’Occidente dove morì nel 1968, proseguì in treno. In quella deportazione fu risparmiato Florenskij, perché oltre che filosofo e teologo era anche scienziato e chimico e dunque serviva al regime e in fondo non aveva invocato apertamente la libertà dallo Stato ma un diverso indirizzo d’ispirazione alla guida dello Stato. Alla fine però a lui andò peggio: fini prima alcuni anni nel gulag pur continuando a lavorare per la scienza e la sperimentazione del regime sovietico, e infine fu fucilato nel giorno dell’Immacolata del 1937. I deportati della Nave dei filosofi non fecero più ritorno, si dispersero nell’altrove e nel buio del comunismo.

MV

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Il discorso all’umanità del Grande Dittatore( alias Charlie Chaplin nell’omonimo e celeberrimo film)-

«Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore. Non voglio né governare né comandare nessuno. Vorrei aiutare tutti: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti. La natura è ricca e sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica, ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, fatto precipitare il mondo nell’odio, condotti a passo d’oca verso le cose più abiette.

Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchine ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è vuota e violenta e tutto è perduto. L’aviazione e la radio hanno avvicinato la gente, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, reclama la fratellanza universale. L’unione dell’umanità. Persino ora la mia voce raggiunge milioni di persone.

Milioni di uomini, donne, bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di segregare, umiliare e torturare gente innocente. A coloro che ci odiano io dico: non disperate! Perché l’avidità che ci comanda è soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano. L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, che vi limitano, uomini che vi dicono cosa dire, cosa fare, cosa pensare e come vivere! Che vi irregimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie! Voi vi consegnate a questa gente senza un’anima! Uomini macchine con macchine al posto del cervello e del cuore.

Ma voi non siete macchine! Voi non siete bestie! Siete uomini! Voi portate l’amore dell’umanità nel cuore. Voi non odiate. Coloro che odiano sono solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate che nel Vangelo di Luca è scritto: «Il Regno di Dio è nel cuore dell’Uomo». Non di un solo uomo, ma nel cuore di tutti gli uomini. Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, il progresso e la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare si che la vita sia bella e libera.

Voi che potete fare di questa vita una splendida avventura. Soldati, in nome della democrazia, uniamo queste forze. Uniamoci tutti! Combattiamo tutti per un mondo nuovo, che dia a tutti un lavoro, ai giovani la speranza, ai vecchi la serenità ed alle donne la sicurezza. Promettendovi queste cose degli uomini sono andati al potere. Mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse e mai lo faranno. E non ne daranno conto a nessuno. Forse i dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo.

Combattiamo per mantenere quelle promesse. Per abbattere i confini e le barriere. Combattiamo per eliminare l’avidità e l’odio. Un mondo ragionevole in cui la scienza ed il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati! Nel nome della democrazia siate tutti uniti!»

 fonte FOCUS
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