Pillole d’autore | Le quartine (Robâ’iyyât) di Omar Khayyâm

Chi era Omar Khayyâm? Alcuni dicono fosse un astronomo, altri un matematico e un filosofo. Di certo era un poeta. Khayyâm, letteralmente ‘fabbricatore di tende’, nacque a Nisciâpûr, nella Persia nord-orientale, dove morì intorno al 520 (1126). Non si ha nessuna notizia certa sulla sua vita, tuttavia, è indubbiamente il poeta più noto della letteratura persiana, che non smette di sedurre da quasi un millennio con i suoi versi, in particolare con l’immediatezza delle quartine, brevi e dirette, nel loro razionalismo pessimistico, quasi contemporaneo e privo di confini geografici.

103*
O cuore, fa’ conto di avere tutte le cose del mondo,
fa’ conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
e tu su quell’erba verde fa’ conto di essere rugiada,
gocciata colà nella notte e al sorgere dell’alba svanita.
10*
Oggi potere alcuno non hai, no, sul domani,
E ripensare al domani non è che tristezza.
Non perder quest’attimo dunque se il cuore tuo non è
folle:
Di questo resto di Vita non si vede il Valore.

29
Poi che null’altro che vacuo vento ci resta d’ogni cosa
ch’esiste,
Poi che difetto e sconfitta colgono al fine ogni cosa,
Considera bene: ogni cosa che è, è in realtà nulla;
Medita bene: ogni cosa ch’è nulla, è in realtà tutto.

39
Giorni di primavera e rive d’un rivo e lembo di prato,
E ancor qualche bella fanciulla docile dolce d’angeliche
forme.
Porgi la coppa allora, ché chi beve vino al mattino
Non cura pensier di Moschea, è libero d’ansie di Chiesa.

42*
Mi dice la gente: «Gli ubriachi andranno all’inferno!»
Ma son parole queste prive di senso pel cuore:
Se dunque andranno all’Inferno i bevitori e gli amanti,
Vedrai il Paradiso domani nudo come il palmo di mano!
93
Mai l’intelletto mio si distaccò dalla scienza,
Pochi segreti ci sono che ancor non mi son disvelati,
E notte e giorno ho penato per lunghi settantadue anni,
E l’unica cosa che seppi è che mai nulla ho saputo.
243*
O Tempo, tu stesso la tua ingiustizia confessi,
Nel monastero di tiranna Oppressione arcigno t’apparti.
Richezze doni agli abbietti, agli uomini retti tormento:
Uno dei due hai da esser tu, asino o sciocco.

peonie

The dog’s bus…

Kagway è una piccola città in Alaska. Supera di poco i 1200 abitanti e si estende per circa 24 chilometri quadrati. Probabilmente un nome che nessuno ha mai sentito (salvo gli appassionati di crociere che passano da quelle parti). Eppure c’è qualcuno che è riuscito a renderla famosa. C’è qualcuno che abita proprio lì e che ha 1,3 milioni di follower su TikTok. Loro sono Mo Thmpson e il marito Lee, una coppia che ha dato vita alla Mo Mountain Mutts, un autobus che passa a prendere i cani degli abitanti che aderiscono al servizio e porta i quattro zampe a vivere delle splendide avventure. Il tutto filmato e postato su TikTok (e altri social) e in poco tempo hanno collezionato quasi 29 milioni di “mi piace” sui filmati.

Prima Mo che si è offerta di portare a passeggio i cani di alcuni abitanti, poi un passaparola e poco per volta il numero di clienti a quattro zampe è andato a crescere. Così la donna ha coinvolto anche il marito Lee e hanno comprato un autobus usato da un’azienda locale: ogni giorno della settimana, la coppia porta da 20 a 40 cani a fare passeggiate nella natura lungo i sentieri vicino alla città. Senza costringere i cani e i loro proprietari a incontrarsi in un posto per farlo, i Thompson passano a prenderli a domicilio.

La scena ricorda quella di uno scuolabus che, in stile molto nordamericano, passa a prendere i bambini casa per casa: e così c’è chi viene accompagnato al guinzaglio dai proprietari, chi è già più indipendente e aspetta scodinzolante l’arrivo del veicolo. E quello che più colpisce è come questi cani salgano felici sul mezzo e come, a ogni fermata, il nuovo passeggero viene accolto dai suoi compagni di avventura. Una volta arrivati a destinazione scendono tutti e si iniziano le attività, ma “l’autobus tiene il motore acceso così se qualche cane è stanco o sente freddo alle zampette ha comunque un luogo caldo dove rifugiarsi” spiega Mo sempre attenta al benessere dei suoi clienti scodinzolanti.

Lee ha iniziato a filmare la moglie mentre li metteva al loro posto sui sedili e poi i vari comportamenti dei cani: “Sono i cani che salgono sull’autobus. Jake entra e si mette al suo posto. Amaru è fuori seduto sul marciapiede che aspetta l’autobus. Bama appena entra lascia che i cani lo annusino prima di mettersi sul suo sedile. E poi ancora Slade arriva come volando salta sul suo posto e inizia a pomiciare con Otis ” racconta a un giornale locale la signora Thompson che aggiunge: “A volte guardo nello specchietto retrovisore dell’autobus mentre guido. E vedo tutti i cani là dietro. E non posso credere che lo facciamo per vivere. Ma è meraviglioso”

dogbus

A Firenze Pitti pet, la fiera delle vanità senza fine.

Da La Nazione di Firenze riprendo questo articolo ,  dedicato alla moda griffata per gli amici a quattro zampe-

Firenze, 8 gennaio 2023 – Pitti Uomo 2023 sta per iniziare. Tra le novità più curiose di questa edizione ci sarà Pitti Pets, una nuova sezione che porta per la prima volta in Fortezza da Basso, a Firenze, 15 brand dedicati agli amici a 4 zampe, tra accessori, capi del guardaroba, cibo, beauty, oggetti e arredi. Il mondo degli animali si fa dunque sempre più lussuoso: collari come gioielli, guinzagli come cinture, abiti come cappotti sartoriali, maglioncini come pull artigianali, ciotole come stoviglie di design, giochi come oggetti di arredo.

Oltre all’abbigliamento per gli amici a 4 zampe, ci sarà in fiera anche Genuina Pet Food, azienda tutta italiana che propone un modo nuovo di vivere l’alimentazione degli animali, con cibo realizzato con una filosofia produttiva sana e di qualità, pensando a tutta la filiera produttiva (e packaging minimal). Spazio poi ai cuscini e cucce rivestite di lana pregiata (Duepuntootto), ma pure alle collezioni di lusso di Poldo Dog Couture che dal 2016 veste i cani più chic di tutto il globo.

In Fortezza arriva anche il brand spagnolo The Painter’s Wife che propone un progetto lifestyle cane-padrone a tutto tondo: quindi maglioni fantasia, pettorine e t-shirt organiche dall’approccio eclettico, contemporaneo e fresco. Poi gli accessori in pelle (Baurdelle e Frida Firenze), gli abitini realizzati come cappotti e i maglioncini artigianali di Emma Firenze che usa cashmere lana merino, oltre alla pelle di vacchetta o struzzo per i guinzagli. Infine i pezzi della collezione Dotto che nasce dall’incontro tra il design di Paola Navone-Otto e lo studio 2.8 design for dogs. Nascono così cucce, pouf, borse e ciotole in cotone naturale con i pois. E all’esterno dell’area in Fortezza ci sarà anche una mostra dedicata ai cani ‘invisibili’, quelli in attesa di una sognata adozione, realizzata in collaborazione con Poldo Rescue e Mini Minor, che ha attrezzato un’auto per l’occasione.-

pitti Pet1

Questo succede a Firenze ed è normale che il giornale di quella città riporti questa notizia in evidenza. Come ogni fiera anche questa porterà in città molte persone da tutto il mondo, gente che fa soldi a palate sulla stupidità di quegli straricchi ,che non sanno quanto denaro posseggano, nè come spenderlo, e su quei personaggi, che vivono sui social e rinunciano magari anche al necessario ma non all’apparire sempre trendy, secondo l’esempio degli influencer, altra categoria di sfruttatori dell’imbecillità umana-Una notizia che stride, se accostata ad altre pagine di quotidiani, dove ciò che si legge e si vede nelle foto fa rabbrividire .La gente salvata in mare , quella che sbarca in luoghi dove mancano i  posti di accoglienza ,i morti annegati, la guerra in Ucraina, che non si ferma ma continua  con morte e distruzione, il rincaro dei prezzi, guidati dai carburanti e dei generi di prima necessità, che sono cruccio per pochi, disperazione per molti, sono l’altra faccia di questa medaglia che commemora il mondo della globalizzazione dove la finanza e la corsa sfrenata alla ricchezza stanno distruggendo quell’umanità ,dalla quale pretendono consumi e spese inutili per i loro vantaggi. Che gente abita questo pianeta riservato a pochi e perchè? Quali meriti hanno per godere di tutto quello che vogliono sulla pelle di miliardi di persone disperate? E non si vergognano, oppure lo sono a tal punto da temere di guardare oltre il loro mondo ? Non so darmi una risposta, oppure la risposta sta proprio in eventi come Pitti pets-

La Chiesa dei tre papi viventi.

La leggenda di Fiore è un romanzo spirituale  di Marcello   Veneziani, uscito oltre due anni fa. Racconta  la vita di un personaggio favoloso in cammino per il mondo alla ricerca dello Spirito. Nel suo peregrinare si imbatte e dialoga con un Papa che ha lasciato il soglio pontificio, come il suo predecessore. Qui  alcuni stralci dal capitolo a lui dedicato, il Santo Padre che volle farsi fratello.

Papa Pietropaolo decise di dimettersi e abbandonare l’impossibile apostolato. Presentò le sue dimissioni con una denuncia dei mali di cui pativa la Chiesa, in velata polemica con la Curia e l’Episcopato. PierPaolo non si limitò a dimettersi da Papa, come il suo predecessore, ancora vivente: decise di rinunciare ai voti, abbandonare la Santa Sede e andarsene lontano in abiti civili, senza però rinunciare, disse, alla misericordia verso i fratelli. Si sarebbe occupato con una organizzazione umanitaria di emergenza, profughi, carità. Sparì per una destinazione ignota nell’estremo sud-ovest; dissero che era andato a vivere in una baracca delle favelas.

Il suo papato era partito col proposito di riportare la Chiesa alle origini, di ricominciare daccapo, come al tempo dei primi cristiani, delle catacombe. Per questo aveva deciso in un primo tempo che si sarebbe chiamato Pietro, come il fondatore della Chiesa. Ma, a quanto trapelò in quei giorni, i cardinali lo scongiurarono di non chiamarsi come il primo pontefice perché in tutti, benché implicita, era viva e inquietante la memoria della profezia di san Malachia, che aveva vaticinato la fine della Chiesa con l’avvento d’un papa chiamato Pietro II. Il cerchio si sarebbe chiuso nel suo nome, proprio come era cominciato. Il papa Pietro, si leggeva, pascerà il gregge fra molte tribolazioni; la città eterna sarà poi distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo come alla fine dei giorni. Ma al nuovo papa quel nome significava il ritorno alle umili origini, rappresentava il Nuovo Inizio per rifondare la Sposa di Cristo. E rinunciarvi sarebbe apparso un cedimento alla superstizione e alle dicerie intorno alla profezia di Malachia; e uno sfregio all’Apostolo Fondatore. Allora concordò un compromesso coi cardinali più influenti: si chiamò PietroPaolo, fondendo i nomi dei due apostoli, già congiunti nel giorno loro dedicato. Il Papa fu poi battezzato nel linguaggio corrente, PierPaolo. Lui siglava i documenti pontifici con le tre P, Petrus Paulus Pontifex, PPP; la traduzione corrente e più affabile, che a lui non dispiaceva, era PapaPierpaolo.

Il papa cercò di sostituire al carisma la simpatia, alla grazia la carità, al Signore Dio Onnipotente l’umanità di Cristo, o solo l’umanità, secondo alcuni. Sostituì alla liturgia, al rito e al simbolo, l’umile famigliarità di “uno di noi”; rimosse il sacro e identificò la santità con la carità. Nel suo pontificato cercò di cambiare la missione alla sua Chiesa, aprirla al mondo e al suo tempo, fondere le religioni e i popoli, curarsi dei non credenti più che dei credenti, dei poveri più che dei fedeli, dei lontani più che dei più vicini[…] Migliaia di chiese e monasteri erano ormai svuotati di sacerdoti, suore e devoti, e la curia aveva deciso di cederli per trasformarli in locande, luoghi di ristoro ed alberghi. Il Papa invece volle mutarli in luoghi d’accoglienza per bisognosi[…]

Ci fu un effetto imprevisto delle sue dimissioni improvvise e radicali: prima di convocare il conclave per eleggere il nuovo Papa fu necessario ripristinare sul trono pontificio il vecchissimo Papa Gesumino, che si era dimesso tredici anni prima per motivi d’età e di salute, ma che a novantanove anni compiuti si trovò a indossare nuovamente la mitra di Pietro. Quando Gesumino rinunciò al papato ‒ lui che aveva scelto quel nome per schernirsi come pargolo del Signore ‒ vedendolo in condizioni cagionevoli di salute, molti pensarono che di lì a poco sarebbe tornato alla Casa del Padre. Invece, quel fragile, malato papa emerito, con un fil di voce e il passo curvo, resisteva negli anni […]

Faceva impressione rivedere quel vegliardo serafico tornare dopo tredici anni sulla sedia di Pietro, ormai disabituato alle attenzioni del mondo, più timido e impacciato di prima, tremante, perduto nella sua ascesi mistica, sottratto alle sue letture, ai suoi esercizi spirituali e alla penombra di una santa clandestinità. Guardava in silenzio e benediceva mentre un sorriso amaro si fermava sulla sua bocca per nascondere la riluttanza[…]

Il Conclave con gran difficoltà e con nuovi prelati, alla fine fu celebrato. Fu eletto Papa un cardinale venuto da una popolosa isola cristiana dell’estremo Oriente. Non era una gran figura, si puntò sulla sancta simplicitas, il fervore genuino della sua fede. E sulla comprensione del mondo verso un papa venuto da un mondo remoto. Mentre saliva nel cielo la fumata bianca che annunciava il nuovo pontefice, Papa Gesumino, ormai centenario, lasciava questa terra […]

La coincidenza tra l’elezione del nuovo Papa e la morte del Papa emerito, indusse l’eletto a scegliere come suo nome GesùMaria, nel ricordo di Cristo Nostro Signore, del predecessore Papa Gesumino col suo più umile diminutivo e per la sua devozione speciale alla Madonna. Per la prima volta un nome femminile risuonava nella nomenclatura pontificia, come un segno di apertura. Il nome suscitò turbamento ma era un tempo straordinario, di negazioni assolute e cominciamenti sovrani e furono ammessi anche nomi fuori dall’ordinario. Quando Papa GesùMaria s’insediò sul soglio di Pietro, morì Papa PierPaolo, a tre giorni dal suo predecessore. Una messa solenne per un evento mai accaduto fu celebrata dal Papa che guardava stranito e stordito le salme dei due suoi predecessori, una accanto all’altra. Uno serafico, l’altro corrucciato. Due mondi finivano e il terzo era ignoto. Qualcosa di enorme stava avvenendo, ma non si riusciva a capire se era una morte o una rinascita.

da La leggenda di Fiore (Marsilio)

Ribellione…un atto di liberazione e cambiamento.

La ribellione è un’azione individuale; essa non ha niente da spartire con la folla . La ribellione non ce l’ha con la politica, il potere, la violenza o una sudditanza mal accettata. La ribellione ha ,invece, a che fare con la nostra consapevolezza, i nostri silenzi,il nostro essere nel mondo, che non ci piace, che anche involontariamente fa crescere in noi una rabbia incontrollata e incontrollabile. La ribellione è l’inizio di una metamorfosi.

ribellione

Sugli Imbecilli…

Sugli Imbecilli

Etica per un figlio
.Il senso della vita

Lo sai qual è l’unico dovere che abbiamo nella vita? Quello di non essere imbecilli. Ma non ti credere, la parola “imbecille” è più sostanziosa di quello che sembra. Viene dal latino baculus, che significa “bastone”, e l’imbecille è chi ha bisogno del bastone per camminare. Non vogliamo offendere gli zoppi o i vecchietti, perché il bastone a cui ci riferiamo non è quello che si usa, molto giustamente, per sostenersi e che aiuta a camminare un corpo danneggiato da un incidente o indebolito dall’età. L’imbecille può essere agilissimo e saltare come una gazzella alle olimpiadi. Non si tratta di questo, perché è uno che non zoppica nei piedi, ma nell’animo: è il suo spirito che è debole e zoppetto, anche se il suo corpo fa giravolte di prima classe.
Esistono vari tipi di imbecilli, a scelta:

Quello che crede di non volere nulla, dice che tutto gli è indifferente, e non fa altro che sbadigliare o dormicchiare anche se tiene gli occhi aperti e non russa.
Quello che crede di volere tutto, la prima cosa che gli capita davanti e il suo contrario: andare via e restare, ballare e rimanere seduto, mangiare l’aglio e dare baci sublimi, tutto in una volta.
Quello che non sa che cosa vuole e non si disturba a cercare di capirlo. Imita i desideri di chi gli sta vicino oppure sostiene il contrario “perché si”, e tutto quello che fa è dettato dall’opinione della maggioranza tra quelli che lo circondano: è conformista senza averci riflettuto o ribelle senza motivo.
Quello che sa di volere, sa ciò che vuole e, più o meno, sa anche perché, ma senza energia, è pauroso o debole. Alla fine si ritrova sempre a fare quello che non vuole e rimanda a domani quello che vuole, sperando di essere un po’ più convinto.
Quello che vuole con forza, è aggressivo, non si ferma davanti a niente, ma sbaglia nel giudicare la realtà, si lascia depistare completamente e finisce per scambiare per benessere ciò che lo distrugge.
Ciascuno di questi tipi di imbecillità ha bisogno di un bastone, ossia di appoggiarsi a qualcosa d’altro, qualcosa di esterno che non ha nulla a che vedere con la libertà. Devo dirti pure che gli imbecilli in genere finiscono piuttosto male, checché ne dica la gente. Quando dico che “finiscono male” non voglio dire che li mettono in carcere o che sono inceneriti da un fulmine (questo capita solo nei film), voglio dire che in genere si mettono da soli i bastoni fra le ruote e non riescono mai a star bene nella vita, che è quello che interessa tanto a noi due. Però ti devo anche informare di una cosa: qualche sintomo di imbecillità ce l’abbiamo tutti; e dai, io perlomeno li scopro un giorno sì e l’altro pure, spero che le cose a te vadano meglio… In conclusione: allerta! in guardia! l’imbecillità è in agguato e non perdona!

Da “Vieni fuori, Grillo parlante”

Fernando Savater

 

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Il riflesso… tra me e me.

Ma vi sono momenti, camminando, quando colgo un riflesso di me in un vetro  ,cioè la vetrina di un  negozio  all’angolo, che sono così catturata dalla cura attenta per la lucentezza dei miei capelli, del mio viso screpolato, del cappotto sbottonato che mi pare di ascoltare un discorso muto. :”Io sto vivendo .Io te lo ricordo.”

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Il bosco in inverno..

 
Nel mezzo di un bosco silenzioso
meravigliata dai sogni degli animali, che dormono quieti sotto la neve,immobili il più possible, l’unico rumore il loro respirare  in una nuvoletta di vapore. Ogni tanto un piccolo cinguettio e un leggero svolazzare di ali lontane.  Lo stupore riempie questo giorno come tanti ,quando i piedi pesanti e stanchi chiedono una pausa nell’ ascolto del nulla.
Anche il ruscello tace, immobile,
riverente al freddo inverno-

 

bosco in inverno

CapoDanno…

 

La tavola apparecchiata di tutto puntino,
le candele sparse, la giusta penombra,
la musica di sottofondo.
L’atmosfera perfetta, tranquilla e calda.

La bottiglia migliore sul tavolo,
i gnocchetti ai quattro formaggi
e il sorridere nell’accontentarsi
per non sapere fare di meglio.

Tutto perfetto, tranquillo e calmo,
che fa percepire l’energia del mondo
salire unita nell’attesa ,
con la bottiglia in mano, i calici pronti.

Sentire nitida l’energia di tanti
impennarsi nel conteggio,
per scaricarsi poi nei botti,
come a lasciarla nell’anno trascorso.

Respirare il vuoto rilassato dell’aria,
che segue, a parto avvenuto..
Tutto è tranquillo e immobile, ora.
La tavola, le candele sparse, la penombra.

Un nuovo anno è cominciato,
il freddo conosciuto è ritornato.
Finisco il calice di vino,
spengo le candele, vado a letto.

Buon anno, Amore mio,
ovunque tu sia.

..
.

Michael Serye –

 

capodanno