Piccoli pensieri per un momento di meditazione Zen…quando la realtà dell’attesa è difficile tanto… da vivere

 

Non fare del bene se non sopporti l’ingratitudine.

Il saggio esige il massimo da sé, l’uomo da poco si attende tutto dagli altri.

La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, bensì nel rialzarci ogni volta che cadiamo.

La vita è veramente molto semplice; ma noi insistiamo nel renderla complicata.

Non importa se ti muovi piano, l’importante è che non ti fermi.

Se vedi un affamato non dargli del riso: insegnagli a coltivarlo.

Il silenzio è un vero amico che non tradisce mai.

Saggezza compassione e coraggio sono le tre qualità morali universalmente riconosciute.

Allontanarsi dal mondo, restare sconosciuti e non avere rimpianti: a questo può arrivare solo l’uomo superiore.

La vera conoscenza è sapere i limiti della nostra ignoranza.

In un paese ben governato la povertà è qualcosa di cui ci si deve vergognare. In un paese ben governato, è vergognosa la ricchezza.

Se cerchi una mano che ti aiuti nel momento del bisogno, la trovi alla fine del tuo braccio.

Se c’è rimedio perché te la prendi? E se non c’è rimedio perché te la prendi?

Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto e di essere capace di fare tutto non potrai sbagliare, costui è un imbecille!

zen

Donna fino in fondo,anche spettinata,se capita…

Oggi ho imparato che bisogna lasciare che la vita ci spettini, perciò ho deciso di vivere la vita con maggiore intensità. Il mondo è pazzo. Decisamente pazzo… Le cose buone, ingrassano. Le cose belle, costano. Il sole che ti illumina il viso, fa venire le rughe. E tutte le cose veramente belle di questa vita, spettinano… – Ridere a crepapelle, spettina. – Viaggiare, volare, correre, tuffarti in mare, spettina. – Toglierti i vestiti, spettina. – Abbracciarsi per amore, spettina. – Baciare la persona che ami, spettina. – Giocare, spettina. – Cantare fino a restare senza fiato, spettina. – Ballare fino a farti venire il dubbio se sia stata una buona idea metterti i tacchi alti stanotte, ti lascia i capelli irriconoscibili … Quindi, ogni volta che ci vedremo, avrò sempre i capelli spettinati… Tuttavia, non dubitare che io stia vivendo il momento più felice della mia vita. E’ la legge della vita: sarà sempre più spettinata la donna che scelga il primo vagoncino sulle montagne russe di quella che scelga di non salire… Può essere che mi senta tentata di essere una donna impeccabile, pettinata ed elegante dentro e fuori.Questo mondo esige bella presenza: pettinati, mettiti, togliti, compra, corri, dimagrisci, mangia bene, cammina diritta, sii seria… Forse dovrei seguire le istruzioni però… quando mi ordineranno di essere felice? Forse non si rendono conto che per risplendere di bellezza, mi devo sentire bella… La persona più bella che possa essere! L’unica cosa che veramente importa è che quando mi guardi allo specchio, veda la donna che devo essere. Perciò, ecco la mia raccomandazione a tutte le donne: Abbandonati, Mangia le cose più buone, Bacia, Abbraccia, Balla, Innamorati, Rilassati, Viaggia, Salta, Vai a dormire tardi, Alzati presto, Corri, Vola, Canta, Fatti bella, Mettiti comoda, Ammira il paesaggio, Goditela e, soprattutto, lascia che la vita ti spettini!!!! Il peggio che può succederti è che, sorridendo di fronte allo specchio, tu.. debba pettinarti di nuovo!!!

(Dal Web)

Torna amore mio, torna spesso…non importa se solo in sogno!

“Torna”è la poesia di Costantino Kavafis che esprime la passione travolgente dell’amore
Torna

Torna sovente e prendimi,
palpito amato, allora torna e prendimi,
che si ridesta viva la memoria
del corpo e antiche brame trascorrono nel sangue
allora che le labbra ricordano, e le carni,
e nelle mani un senso tattile si riaccende.
Torna sovente e prendimi, la notte,
allora che le labbra ricordano, e le carni…

Versi di struggente passione carnale quelli di Kavafis, che aprono a una tenue malinconia dovuta alla distanza della persona amata. In Torna, il poeta dialoga con il palpito del cuore, che pulsa di una passione viva che serpeggia lungo il corpo, fino ad esplodere nel desiderio di unione. Eppure c’è una compostezza classica in questi versi, nonostante riflettano una vibrante passionalità.

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Per non dimenticare quell’11 settembre di 20 anni fa… anche se dimenticare è impossibile.

Saltarono dai piani in fiamme, giù
…uno, due, altri ancora
più in alto, più in basso.
Una fotografia li ha colti mentre erano vivi
e ora li preserva
sopra il suolo, diretti verso il suolo.
Ognuno di loro ancora intero
con il proprio volto
e il sangue ben nascosto.
C’è ancora tempo,
perché i loro capelli siano scompigliati,
e perché chiavi e spiccioli
cadano dalle loro tasche.
Essi si trovano ancora nel reame dell’aria,
entro i luoghi
che hanno appena aperto.
Ci sono soltanto due cose che posso fare per loro
…descrivere questo volo
e non aggiungere una parola finale.

Wisława Szymborska

O New York notturna del nostro amore
così decapitata, ogni tua luce
è stata il vagito della nostra poesia.
Tu non puoi morire quando sogni
poiché noi italiani ti abbiamo
cullato tra le nostre braccia.
Penso che l’amore sia una grande torre
una torre addormentata nel cuore della notte.
Ma questi giganti che ormai non parlano più
hanno sepolto sotto le loro macerie
anche i nostri sospiri d’amore,
”quando la sera si stendeva sopra un tavolo
come un paziente in preda alla narcosi.

Alda Merini

 

torri

Quell’11 settembre colla distruzione delle Torri Gemelle fini un’era, quella delle certezza e della sicurezza e si apri un mondo nuovo, il mondo che viviamo pieno di incertezze , di paura e insicurezza, un mondo di tecnologia, di globalizzazione dove il potere è tutto incentrato nel Denaro e chi ne vive a contatto può fare il bello e i cattivo tempo del mondo intero e disporre dell’umanità suo piacimento..

L’ossessione della felicità…

Nel codice genetico e costituzionale dell’America c’è il diritto alla felicità. Strada facendo, però, il diritto alla felicità si e trasformato in un dovere, e da qual punto la felicità e diventata una bestia feroce, insaziabile e spietata,una specie di imperativo, di ossessione. Il male comune di cui soffre il mondo intero, è il dovere della felicità. Non si evitano stillicidi e crimini nel nome della felicità .Servirebbe una nuova filosofia di vita per aiutarci a liberarci da questo dovere di essere felici mentre le condizioni reali dei nostri giorni ci ammantano più facilmente di tristezza.
C’è un tempo per l’allegria e uno per la malinconia; non vergogniamocene, non guardiamo alla tristezza come una malattia da curare con farmaci e una condanna sociale.
La tristezza è un tratto nobile che vela il nostro volto, è uno stato d’animo e non uno stato di errore; e non c’è gioia viva e piena che non abbia la sua ombra. L’idea di perpetua felicità non appartiene al genere umano, ma piuttosto ad un mondo soprannaturale , che non ci appartiene, perchè non siamo nè dei, nè automi.
La prescrizione della gioia, e la condanna del dolore, alimentano l’infelicità anziché alleviarla. Va bene reagire, magari scherzare su un destino cattivo, ma pillole benefiche per essere felici non esistono ,possiamo stordirci con palliativi, senza mai guarire.
Moltissimi sono i depressi, colpiti da una malattia che consegue a questo fine di felicità per tutti, che, se non raggiunto, deflagra nel male oscuro e ci sono purtroppo società, ambienti che stigmatizzano azioni e comportamenti come propedeutica al raggiungimento più o meno completo di questo meraviglioso stato di benessere.
Pericoloso è misurare la qualità e la dignità di una persona dal grado di felicità che raggiunge; ma tragico è applicare questa norma ai popoli interi. Tutti i tentativi di raggiungere il paradiso in terra sortiscono l’effetto di propiziare gli inferni, perchè  si sogna una società gaudente in progress nel futuro, come si è fatto finora, mentre si è letteralmente visto il contrario, se non per una piccola parte di eletti. In fondo non è stato questo il sogno delle rivoluzioni ,dai giacobini ai comunisti ? La storia ha dimostrato che far capire al popolo tutto quello di cui manca non è renderlo capace di conquistare tutto, ma soltanto aumentare le proprie  infelicità di fronte all’impossibilità di potere raggiungere certi obiettivi.Le rivoluzioni hanno solo seminato odio. Persino i terroristi islamici, gente come i talebani uccidono nel nome della felicità; il loro scopo è raggiungere il paradiso, che per loro è molto terrestre, è fatto di prelibatezze e sfizi eterni, il piacere che si eternizza. E non è un diritto, come pensavano i pionieri dell’America, ma un dovere; costi quel che costi. Anzi se più costa più ha valore. Più soffrite e fate soffrire, più si gode, dopo.
Ora è di questo assillo alla felicità che noi dobbiamo liberarci. Primo, liberandoci dall’idea che la felicità sia un obbligo sociale, un dovere pubblico prescritto dalla Costituzione. Secondo, liberandoci dall’idea che la felicità sia un nostro dovere personale, il senso e lo scopo della nostra vita, che dobbiamo far nostra ad ogni costo. Essa è semplicemente uno stato di benessere, di grazia, che sentiamo in noi, anche in momenti inaspettati, di cui ci stupiamo e scompare improvvisamente appena ci rendiamo conto che quella era la felicità.
E’ come un’ubriacatura che lascia quella piacevole sensazione di rivolerla ancora, per nostro personale piacere, perchè sappiamo quanto sia meraviglioso raccogliere queste perle per farne una collana di momenti felici, sappiamo quanto siano importanti quei nodi di tristezza tra l’una e l’altra, nostro diritto alla malinconia, alla nostalgia, emozioni che illuminano e mettono in risalto le gioie, ce le fanno apprezzare e fanno brillare la serenità su un viso, che sappia ancora guardare davanti a se; specialmente in questo periodo di diffidenze verso chi ci sta intorno (vaccinato,non vaccinato ?con le loro cariche virali ,pronti a tutto…) Basta con le angosce e le depressioni! Trasformiamo in baci le carezze di piccole gioie nelle sue imboscate, dove e quando non sapremo mai!

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Con parole come queste, mi chiedesti di aspettarti quel tempo che potessi amarti anch’io. Ero poco più di una ragazzina; tu l’uomo di una vita intera…

Ti ho attesa da sempre
eri nel volto di ogni donna
all’angolo di ogni via
eri la sabbia che brucia la pelle
il vento d’aprile
la pioggia dell’ultimo dell’anno
eri nei libri che ho comprato
nei findus dei tempi neri
nelle case che ho attraversato
nelle cose che ho scritto e che ho strappate
eri con me all’osteria e al supermarket
nei giorni che la vita se ne andava
e in quelli che, come il mare, tornava
eri la luna
una sonata per piano di schumann
un occhio di lince
la posidonia che tenera s’avvinghia
le albe che venivano dopo l’insonnia
eri sempre là dove t’aspettavo
eri la pelle di cui non si può fare a meno
eri nelle cose e dentro di me
ti ho attesa da sempre

Luther Blissett

ti ho attesa da sempre

Coloro che si amano davvero sono le persone più libere al mondo…

Gli amanti sono le persone più libere che ci siano al mondo
Per secoli ti è sempre stato insegnato
che gli innamorati si arrendono l’uno all’altra.
Questo è una totale assurdità.
Deve essere stato detto da gente
che non sapeva cosa fosse l’amore.
Gli amanti non si arrendono
mai l’uno all’altra,
ma semplicemente si arrendono all’amore.
È vero che perdono l’ego,
ma non per darlo all’altro.
Gli ego semplicemente evaporano.
Gli amanti non diventano dipendenti l’uno dall’altro,
non diventano l’uno lo schiavo dell’altro.
Al contrario,
l’amore dà libertà.
Gli amanti sono le persone più libere che ci siano al mondo.
E si aiutano reciprocamente a diventare sempre più liberi,
perché la libertà porta la gioia,
e l’incontro con la libertà ha una bellezza immensa.
Quando due amanti s’incontrano non attraverso un legame,
ma attraverso la libertà,
è una benedizione.

Osho

amanti

Riflessioni sulla malinconia…

 

La malinconia è un albero ombroso che ti succhia linfa ma a volte dà frutti deliziosi: opere, poesie e a volte perfino trattati sulla malinconia medesima. Ho davanti a me due libri, uno poderoso e ponderoso, uscito pochi mesi fa in Italia e l’altro smilzo e acuto uscito invece tanti anni fa.

Il primo è L’inchiostro della malinconia di Jean Starobinski, medico, saggista e letterato. È un compendio filosofico-sanitario, una storia e fenomenologia psico-letteraria della malinconia, delle sue origini soprannaturali o patologiche e poi degli effetti sentimentali e caratteriali.

Una volta era localizzata nella bile nera o nella milza, e la religione la considerava peccato di accidia: l’acedia è un torpore, un’assenza d’iniziativa, una disperazione totale, senza scampo, acuita dalla solitudine, che produce mutismo, anzi «afonia spirituale»; quella che Marsilio Ficino indicava come perdita eccessiva dello spirito sottile. La voce dell’anima non parla più. Il rimedio classico era viaggiare.

L’espressione spirituale della malinconia è la letteratura della nostalgia, la passione del ricordo. Kant ritiene che il nostalgico non desidera in realtà i luoghi della giovinezza, ma lo stato della giovinezza, la propria infanzia legata a un mondo anteriore. Per Starobinski la nostalgia è una malattia morale.

La malinconia a volte si combina col sarcasmo e si mimetizza nel grottesco. Proverbiale è il riso di Democrito. Nell’ironia c’è lo sfogo, la terapia e forse la salvezza, lo notava già Søren Kierkegaard nel Concetto dell’angoscia. E poi la descrive nel Diario dicendo che è un Giano bifronte, con un volto rido e con l’altro piango, unendo il comico e il tragico.

Il malinconico è ritenuto per un verso posseduto dal demonio, ma per un altro è baciato dagli angeli o sorretto da Saturno che dispensa i doni della malinconia. Ma per cogliere quei doni sono necessari due ingredienti, il talento, se non il genio, e l’amor di gloria, se non il narcisismo. Il sacrificio della vita in nome dell’opera è il culmine del narcisismo, nota Starobinski, ma nasce dalla melanconica considerazione che la consolazione per la propria fine è la consacrazione esclusiva alla scrittura (o all’arte).

Si disse che il genio è malinconico, ma non tutti i melanconici sono geniali. A volte ci sono anche i cretini depressi. Quando la malinconia è diffusa si chiama depressione di massa, ed è quella che intride il nostro tempo. Il depresso non è necessariamente uno spirito sensibile, ma la malinconia si accompagna sovente a un’acuta sensibilità. Il depresso di solito è prigioniero del presente; il malinconico, invece, si strugge per il passato e il futuro. Non lo tormenta il presente o la presenza ma l’assente o l’assenza.

C’è pure la voluttà della malinconia, e perfino la civetteria di dirsi malinconici, figurandosi come l’artista geniale o il bambino triste che vuole attenzioni. La malinconia può essere innata o sopraggiunta, suscitata dagli eventi; c’è persino quella ereditaria, e talvolta quella etnica, attribuita come indole ad alcuni popoli (la saudade portoghese, la tetraggine russa, la murria spagnola, il cafard francese che è poi lo scarafaggio, lo spleen inglese che è poi la milza).

A ragione Starobinski ritiene che la costituzione congenita pesi più dell’influenza esterna. Il malinconico vive il tormento di non passare dalla conoscenza all’atto e di non aderire alla realtà esterna; qualcosa lo allontana o lo rende inadeguato.

La malinconia è una vedovanza ma può essere anche un vuotarsi per ricevere la visita divina.

E qui ritrovo l’altro libro che citavo senza citare. È Ritratto della malinconia di Romano Guardini, filosofo, presbitero e teologo veronese vissuto in Germania (Morcelliana, pagg. 80). Un testo breve ma acuto e intenso. Per Guardini la malinconia è troppo dolorosa e tocca troppo le radici del nostro essere per abbandonarla nelle mani degli psichiatri. Appartiene a un ordine di natura spirituale. La sua nostalgia divorante si unisce a un bruciante ardore spirituale.

La malinconia per lui consiste in un’oppressione dello spirito, un peso che grava su di noi e ci schiaccia mentre i nostri sensi e impulsi si paralizzano. L’uomo malinconico non padroneggia più la vita. Avverte un vuoto metafisico. La vita per Guardini è dominata da due impulsi opposti. Una volontà di esistere, affermarsi ed elevarsi e una volontà di sparire, di sottrarsi.

Il baratro ci attrae mentre ci fa paura. Un’indole malinconica, a suo parere, è molto sensibile ai valori più alti, ma patisce la tendenza all’autodistruzione. È la grande tristezza di cui parla Dante, la nostalgia di evadere dalla dissipazione, raccogliersi nel tutto, e «ricoverarsi nel mistero delle cause ultime, la nostalgia dei grandi malinconici verso la notte e le Madri».

Malinconia è connettersi al fondo oscuro dell’essere. Guardini acutamente distingue tenebre da oscurità: la tenebra è cattiva, nemica della luce, l’oscurità invece appartiene alla luce, è la sua ombra. Verso l’oscurità tende nostalgicamente la malinconia. Il malinconico è in rapporto profondo con la pienezza dionisiaca dell’esistenza.

Ma il cuore della malinconia è Eros, il desiderio d’amore e di bellezza. Da qui Guardini coglie lo spunto per l’ascesa mistica verso Dio, amore e bellezza assoluta. La malinconia gli appare il prezzo della nascita dell’eterno nell’uomo, nel paragone con la vanità del tutto. L’uomo, scrive Guardini, è un confine e sperimenta il mistero di una vita di confine, non è decisamente di là o di qua, vive nella terra mediana dell’inquietudine, dove riconosciamo anche la nostra inquietudine.

Chiudo i due libri e gli occhi e rivedo davanti a me la Melencolia ritratta da Dürer e il cielo apocalittico di Melancholia , il film di Lars von Trier dove il disastro torna al suo significato originale, astrale: Melancholia è un pianeta che distruggerà la terra e s’accompagna alla malinconia degli ultimi abitanti nei loro ultimi istanti sulla terra prima della collisione. Byung-Chul Han dedica sagaci pagine al film e alla gioia estrema sull’orlo della catastrofe (Eros in agonia , edizioni Nottetempo, pagg. 96).

Il narcisismo aveva cancellato il mondo per vedere solo l’immagine di sé. Dopo una vita senza mondo verrà il mondo senza vita. La malinconia è la collisione dolorosa di passato e futuro, nostalgia per ciò che si perde e angoscia per ciò che finirà. Chi aderisce al presente non è malinconico; la malinconia è sempre un disagio, un presagio e un lutto.

Il malinconico non sa vivere solo di presente e di realtà, ha la tentazione della vita ulteriore e dello sguardo oltre il visibile. La malinconia è occhi pensanti.

M.V.

 

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