Autunno, bellezza ed emozioni…

 

L’autunno è una stagione che evoca molte emozioni. Mentre i colori caldi delle foglie cadenti creano un’atmosfera accogliente, il cambiamento della natura e il declino della luce del giorno possono anche suscitare sentimenti di malinconia. Tuttavia, nonostante la sua tristezza, l’autunno è anche una stagione di speranza e di nuovi inizi. Il romanticismo dell’autunno risiede nella sua bellezza malinconica. Le foglie che cadono lentamente dagli alberi, il vento che soffia freddo e la luce del giorno che si accorcia creano un’atmosfera di nostalgia e riflessione. Questa stagione ci invita a rallentare e a riflettere sulla vita, sui suoi alti e bassi, sulle sue gioie e le sue tristezze. Inoltre, l’autunno è una stagione di transizione. Mentre la natura si prepara per l’inverno, noi possiamo fare lo stesso. Possiamo lasciarci alle spalle ciò che non ci serve più e prepararci per nuove opportunità. L’autunno ci ricorda che la vita è un ciclo continuo di cambiamenti e che dobbiamo essere pronti ad affrontarli. In conclusione, l’autunno è una stagione malinconica ma anche piena di speranza. Ci invita a rallentare e a riflettere sulla vita, ma anche a prepararci per nuovi inizi. Nonostante i suoi colori caldi e accoglienti, ci ricorda che la vita è fatta di alti e bassi, ma che possiamo sempre trovare la bellezza in ogni stagione, aiutandola nella creazione di quella circolarità, dove fine e inizio coincidono ed evolvono nelle nostre percezioni del tempo che passa, mentre la sua staticità è immutabile. Per esempio, le foglie che cadono lentamente dagli alberi e il vento che soffia freddo possono creare un’atmosfera di nostalgia. Vediamo nelle foglie disperse nel vento, l’allontanarsi della giovinezza, gli anni della maturità scolorire nelle felicità perdute, gli ultimi sogni  spegnersi nelle ultime stelle cadenti d’agosto. E si fa strada l’inverno, bianco di neve e canizie, ricoperto di merletti nelle gelide mattine in cui il cielo lascia vedere nel suo fondo tutta il calore coccoloso degli amori   accanto al fuoco, col suo profumo di  cenere, di caldarroste , l’amore che si fa tenerezza, la voglia di un futuro semplicemente trasparente sulla vita trascorsa e ricca ancora di poesia, sempre uguale,  ieri, come oggi e  come domani nell’eternità-

 

Che tristezza la vecchiaia…secondo Alain Delon : “meglio morti che vivi!”

Che triste, schifosa vecchiaia sta vivendo Alain Delon. Da almeno vent’anni soffre di depressione, tentazioni distruttive se non suicide, imprecazioni contro il mondo. Ricordo le sue parole recenti di 87enne: “Invecchiare fa schifo. Non puoi farci niente, l’età si fa sentire. Non riconosci la faccia, perdi la vista…Per questo ho chiesto a mio figlio Anthony, di organizzare la mia eutanasia per quando sarò pronto… Ma soprattutto, odio questa epoca, la rigetto. Tutto è falso, tutto è distorto, non c’è rispetto, niente più parole d’onore. Conta solo il denaro. Lascerò questo mondo senza rimpianti…”.  Poi di recente la vicenda delle molestie morali, “violenza e sequestro di persona vulnerabile” che Alain avrebbe subito dalla sua compagna e badante, la giapponese Hiromi Rollin, secondo la denuncia dei figli, da lui stesso condivisa. Lui tombeur de femmes, maltrattato da una donna, nella sua residenza di Duchy.

Saranno contenti i brutti del mondo nel vedere come è ridotto Alain Delon. Lui che era il Bello per eccellenza, amato anche dalle loro donne, principe della vita più azzurra, da svariati anni pregusta la fine, ossessionato dall’idea di morire; preferirebbe andare lui incontro alla Cupa Signora, a cavallo della nera depressione, magari vestito di nero e mascherato come Zorro, che lui interpretò negli anni ruggenti. Lui, l’amatore fatale, l’incubo dei gelosi di tutto il mondo, prima abbandonato dalla sua donna, poi ridotto alla mercé di una badante. Quando aveva settant’anni, invocava una donna matura che potesse stargli vicino a spiegargli la vita. Perché la bellezza è uno stato puerile prolungato; poi di colpo ti scoppiano gli anni e non sai come regolarti. Che piacere per i mediocri, impietosirsi per il Mito in disgrazia. L’invidia cosmica muta in sadica pietà.

Molti di noi avrebbero voluto essere come lui, il Tancredi del Gattopardo o lo Zorro, ardito e seduttore, bel tenebroso di tanti film. In lui videro la vita che non ebbero, la giovinezza che non vissero, gli amori che non colsero, a loro inaccessibili. Ma poi si consolano pensando a come finiscono i corpi, come è precaria la bellezza e il mondo dorato che ti offre; e come viceversa aguzza la mente il tormento fruttuoso dei pensieri di chi deve vivere altre vite, battere altre strade, realizzare altri progetti. La feconda bruttezza di Socrate, Giotto, Leopardi…

Non c’è cosa più triste di una bellezza sfiorita né cosa più amara di una giovinezza appassita. La vecchiaia che per tutti è un declino, agli occhi dei belli è una catastrofe; quelli che più hanno avuto dalla vita, dalla giovinezza e dall’amore, sprofondano ancora di più nell’abisso degli anni. Agli altri semmai accade il contrario, il tentativo a volte patetico, a volte riuscito, di recuperare in extremis quel che la gioventù, il corpo e la vita gli hanno negato al tempo giusto. Ma un mito o muore ragazzo, come James Dean, perché la bellezza è breve come un fiore e chi muore giovane è caro agli dei; oppure vive una rancorosa, depressa vecchiaia, abbandonata dagli dei. Belli e fusti divennero con gli anni grandi depressi, come Marlon Brando e Vittorio Gassman. Troppe dive vissero male il loro sfiorire, tra assurdi restauri e vite sepolte agli sguardi impietosi, per salvare il mito dalla realtà. Si dice per consolarli che i belli restano belli pure da vecchi. Ma è una pietosa bugia per risarcire corpi ormai spenti, privati dall’aura del loro fascino, decaduti dal rango di dei a quello di comuni mortali. Scatta una sorta di rivalsa negli altri, un comunismo estetico che trascina verso il basso; il piacere dei brutti nel vedere la vecchiaia giustiziera, che passa come A’ livella. Ricordo con quanta ironia era trattata una bella donna invecchiata e malata finita in una corsia d’ospedale; come una principessa caduta dal trono e finita in parodia, ridotta al rango di comune cittadina e mortale.

Era bello Delon, ombroso ma non fragile, ha perfino combattuto, è stato parà, è uomo “di destra”. Ebbe un’infanzia difficile, due genitori separati, una madre poco materna; ed è facile gioco degli psicologi dedurre che fu donnaiolo per risarcirsi di quella perdita originaria; cercava la Madre. Ma fu aiutato dalla grande bellezza.

E’ una bestia feroce, la vita. Puoi affrontarla come un leone, ruggire al sole e sentirti il re della foresta; poi basta una caduta, un momento di debolezza, o semplicemente la curva dell’età e appena sei più fragile e stanco, ti arriva alle spalle e ti colpisce furiosa. La bellezza di un tempo non ti risparmia la pena di vivere e la solitudine; semmai te l’accresce, perché da più in alto precipiti più in basso nello squallore della vecchiaia.

A questo si aggiunge la crudele dolcezza dei nostri anni, pervasi dal culto della gioventù e della bellezza, dal vitalismo e dall’ansia di prestazione; e quando non sei più del giro, finisci nel girone degli invalidi, nella discarica. Una società avida di vita, golosa di corpi pesa ancora di più sui vecchi, i malati, i solitari. Così Alain annunciò in mondovisione il suo suicidio, pur di non lasciare a Dio di scegliere il giorno della sua morte. Ma lo fa da più di sedici anni. E’ dura quando non hai un Dio che ti aspetta a Casa. Usare la morte per protestare contro la vecchiaia. Pregustare la morte per prevenirne l’orrore. Alain corteggia la morte, subisce la fascinazione della cenere, per dirla con Cioran. Il ragazzo non si rassegna a vedersi invecchiare e morire. Si sente solo e braccato e allora anziché chiudersi in casa e nascondersi per non mostrare il suo declino ai curiosi e ai necrofili, apre la porta e va incontro alla fine, annunciando uno spavaldo commiato. La bellezza salverà il mondo, diceva Dostoevskij; ma chi salverà la bellezza dall’oltraggio degli anni e poi della morte? Forse la speranza o l’illusione di un’altra bellezza, impermeabile al tempo, che non si vede a occhio nudo. Che peccato, per Delon, non credere alla resurrezione dei corpi, almeno del suo…

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Bellezza e Amore…

 

Noi siamo ossessionati dalla bellezza al punto da dimenticare che l’amore non ha nulla a che fare con la bellezza. L’amore non ha la bellezza come presupposto:l’amore la crea.La bellezza è una cosa finita, l’amore è un ‘emozione sentimentale astratta. La bellezza non può venire prima dell’amore, ma è l’amore che rende belle le cose,e bellissime le persone che amiamo.

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Lo sfregio ai Girasoli di Vincent Van Gogh…

 

https://video.repubblica.it/green-and-blue/zuppa-contro-i-girasoli-di-van-gogh-il-raid-dei-militanti-ecologisgti/429291/430245?ref=RHTP-BH-I369858479-P3-S2-F

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 Che  c’entrano con l’ecologia i bellissimi girasoli di Vincent Van Gogh?  Forse sono io che non riesco a trovare il nesso, ma rovinare in questo modo un’opera di tale portata , usarla da sfondo ad un discorso che non ha niente di nuovo, sentito migliaia di volte da pazzi di questo genere, è un reato che andrebbe punito molto severamente. Sappiamo tutti della fame nel mondo, del guaio che i combustibili fossili, dei problemi del cambiamento  climatico, ma perchè proprio questo  Van  Gogh   ,perchè imbrattare la solarità di quest’opera, una delle poche espressioni di calma, di serenità, di gioia spirituale nell’ispirazione artistica di uno dei pittori  più tormentati della Storia della  Pittura? Non riesco assolutamente ad entrare nella mente di questa gioventù infatuata soltanto di slogan,di quel va bene tutto purchè se ne parli. Non si saranno mai chiesti se non potrebbero sortire effetto contrario, specialmente in un momento in cui  proprio la mancanza di questi prodotti condannati all’inutilità totale ,  fa sentire  alle popolazioni occidentali europee che certi discorsi siano anche fuori luogo  quando la loro mancanza sta creando disagi e difficoltà a milioni di famiglie?- Aveva ragione Dostojewsky quando   scrisse la famosa frase ” La bellezza salverà il mondo” , perchè non servono solo le parole, ma etica, umanità, ma anche un’educazione alla bellezza per ogni cosa che si trova al mondo, naturale o  semplicente opera dell’uomo.

Perchè ci piace la bellezza di un paesaggio, perchè vivere nella natura ci fa star bene?

Che stare in mezzo alla natura faccia bene alla salute lo sappiamo da tempo, e ora gli studiosi stanno cominciando a capire cosa succeda davvero nel nostro cervello quando siamo di fronte a bellezze naturali. Una ricerca realizzata al Max Planck Institut di Francoforte, da poco pubblicata sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, spiega il passaggio dalla semplice visione di un’immagine piacevole alla percezione del suo impatto estetico.
I ricercatori hanno usato la risonanza magnetica su un gruppo di volontari per verificare le reazioni del cervello di fronte ad un paesaggio, mostrando loro dei filmati, che sono più vicini alla realtà di una fotografia:”Siamo rimasti sorpresi osservando che non si registravano reazioni solo nelle aree cerebrali relative al sistema della ricompensa – quelle che ci fanno provare piacere quando osserviamo qualcosa di bello o viviamo un’esperienza piacevole – ma anche in alcune aree collegate alla visione”, spiega Aise Ilkay Isik, una delle autrici dello studio. E’ possibile che i i nostri occhi siano in qualche modo programmati per ammirare la bellezza. ? “Un risultato importante”, osserva Antonio Cerasa, neuroscienziato e ricercatore dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica IRIB-CNR , “perché ci aiuta a liberarci dell’idea che queste esperienze siano concentrate in una singola area del cervello, e a comprenderne la complessità.
Questo studio ci aiuta a capire che un’esperienza estetica è legata al cambiamento, all’incertezza e alla sorpresa: ecco perché le immagini in movimento sono così importanti – spiega Cerasa – la meraviglia, la novità sono fondamentali per un’esperienza estetica: se vedo ogni giorno il Colosseo, come Jep Gambardella ne La grande bellezza, finisco per non notarlo”. E questa è un’esperienza, quando siamo abituati alla sua vista. E questo può succedere anche in altri contesti come la musica
L’esperienza estetica piacevole attiva diverse aree del cervello, tra cui quelle collegate alla visione, ma anche aree coinvolte nei processi di memorizzazione, come il paraippocampo: “Una conferma fisiologica del fatto che la novità è un elemento importante dell’esperienza estetica”, spiega ancora Cerasa. “Ma attenzione: parliamo di estetica, ossia della nostra reazione a ciò che vediamo, non di bellezza che è un concetto matematico legato alla proporzione delle forme”.
Oltre a comprendere come il nostro cervello reagisca alle bellezze naturali, è importante capire in che modo le interazioni con l’ambiente possano farci stare bene. “Sappiamo da tempo”, spiegano gli autori dello studio, “che la natura e il piacere estetico che ne traiamo sono preziosi per la nostra salute”. E vari studi mostrano che la reazione a uno scenario naturale è più spontanea e meno conflittuale rispetto a quella di fronte a un’opera d’arte, un elemento che potrebbe contribuire a spiegarne gli effetti salutari. Di cui già abbiamo diverse conferme. Alcune ricerche mostrano i vantaggi di un contatto più stretto con la natura: dalla diminuzione dello stress all’abbassamento della pressione sanguigna e di vari parametri metabolici, che portano a una generale riduzione di varie patologie, soprattutto ma non solo cardiovascolari, e di conseguenza della mortalità. “E non ci sono solo i vantaggi legati alla contemplazione delle bellezze naturali”, ricorda Cerasa, sappiamo per esempio che l’ortoterapia, il lavoro manuale in un orto o un giardino, è particolarmente benefica soprattutto per chi soffre di dipendenze che compromettono i sistemi di ricompensa, e ha bisogno recuperare la capacità di godere del piacere che nasce dal contatto con la natura ma anche dal modellarla e trasformarla”. Comunque la natura pare essere la panacea per molti mali, in particolari quelli legati allo stress della vita convulsa delle grandi aree metropolitane- Ci sono prove che ascoltare suoni ‘naturali’ mescolati a rumori portati dall’uomo è comunque più salutare rispetto a una situazione dove sono presenti solo rumori che non provengono dalla natura – ha detto Buxton – “.Non sappiamo perché accade questo ma possiamo fare delle ipotesi. Penso che da un punto di vista dell’evoluzione un ambiente acustico con molti suoni naturali rilassi, dia una percezione di sicurezza e permetta di riposare la mente”. E allora via alla ricerca di paesaggi naturali inaspettati, avventurandoci magari in un bosco, attenti a percepire lo scroscio delle acque di un ruscello, tra il cinguettio degli uccelli e il suono del vento che racconta alle foglie il mondo-

Fonte : La Repubblica P

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