“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a difendere”, così evidenzi…

 

Crepet, genitori ed insegnanti devono rieducare alla creatività, alla gioia, alla felicità: “Alla fine, non credo sia ancora tempo di arrendersi, soprattutto se si è giovani. Bisogna avere coraggio…
“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a difendere”, così evidenzi…

In un mondo in cui tutto sembra avere un prezzo e dove occorre sempre ostentare per poter vivere serenamente, in un mondo in cui è più importante l’apparire che l’essere, diventa sempre più difficile soffermarsi e riflettere su delle tematiche rilevanti, pertinenti alla nostra persona, al nostro animo, ma soprattutto alla nostra felicità.A tal fine Paolo Crepet, nel suo libro “Mordere il cielo”, pone l’accento proprio su tale aspetto. Lo psichiatra coglie l’occasione per rammentarci quando negli anni Settanta sul mercato farmaceutico fu inserito il Prozac, la cd “pillola della felicità”.Il principio farmacologico su cui si basava il Prozac era la fluoxetina: una molecola utile per combattere la depressione, l’ansia, attacchi di panico ma anche bulimia o condotte suicidarie. Si arrivò così ad una “commercializzazione del benessere”: l’idea di non aver più bisogno di un percorso con uno psicoterapeuta, lungo e costoso, e di poter vivere serenamente, raggiungere un proprio equilibrio psicofisico senza alcuno sforzo e senza alcuna perdita di tempo, cominciò a diventare predominante. Ciò che lascia basiti è come in poco tempo si diffuse la convinzione che bastasse una pillola per risolvere qualsiasi tipo di problema, era sufficiente solo un piccolo sforzo per preservare la salute e combattere le patologie che attanagliavano l’animo. Con il passare del tempo però questa “illusione” cominciò a svanire: gli effetti collaterali verificatisi ed un uso sconsiderato da parte dei giovanissimi creò un grande disorientamento.  L’aspetto più drammatico che iniziò a delinearsi fu proprio quello dell’utilizzo del farmaco, un antidepressivo, per poter curare disturbi alimentari, come la bulimia, nella convinzione, sviluppatasi fra migliaia di adolescenti, che ci si potesse “curare” solo con una pillola, senza sforzo, fatica e soprattutto senza alcuna responsabilità.

“L’aspetto è identità”, come sottolinea Crepet e ben presto ebbe ancora più successo e venne maggiormente utilizzato un farmaco nato originariamente per curare il diabete di tipo 2, l’Ozempic. Tale farmaco veniva utilizzato non solo per contrastare l’obesità ma anche un leggero sovrappeso, così da poter dimagrire velocemente. Si diffuse, infatti, la necessità di curare il proprio corpo, l’aspetto esteriore di una persona, si giunse ad una sorta di “terapia cosmetica”: la cura di se stessi non doveva determinare alcun aggravio, pena o preoccupazione. Attraverso la “pillola della felicità” ci si poteva deresponsabilizzare e pensare che una mera cura farmacologica potesse risolvere qualsiasi problema dell’animo: occorre essere perfetti esteticamente, il nostro corpo deve essere perfetto a tutti i costi, mentre si trascura l’aspetto interiore, quello psicologico. “La ricerca della felicità riposa nello stereotipo di un corpo che esige perfezione”, così sottolinea lo psichiatra Crepet.

Le nuove generazioni sembrano non fidarsi più del futuro, sembrano aver perso qualsiasi tipo di ambizione, aspirazione, desiderio ed allora ecco il ruolo fondamentale dei genitori e degli insegnanti: occorre rieducare alla creatività, alla gioia, alla felicità, occorre qualcuno che ci insegni a guardare il mondo dalla giusta prospettiva, con occhi disincantati, stupendoci, giorno dopo giorno, delle cose più semplici che però ci riempiono di felicità e di amore. La vita è davvero bellissima ed ognuno di noi ha diritto di viverla a colori, con le sue sfumature, godendosi quell’arcobaleno che contraddistingue la propria esistenza: ci saranno sicuramente giornate in cui potremmo anche intravedere alcune sfumature di grigio ma ce ne saranno altrettante in cui la felicità riuscirà a colorare la nostra vita e a renderla unica e speciale. “Alla fine, non credo sia ancora tempo di arrendersi, soprattutto se si è giovani. Bisogna rovesciare l’evidenza, sciogliere gli spasmi delle visioni più egoistiche, preparare le valigie per il viaggio verso le idee più impronunciabili. Non c’è differenza e non c’è giudizio”, queste le parole significative e pieno di pathos di Crepet. Ciò che occorre comprendere è che “il bello è riuscire a essere imprevedibili anche nella prevedibilità”.

Bisogna avere il coraggio di scombinare le cose del mondo.“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a declinare, e a difendere”, così evidenzia il sociologo Paolo Crepet. Le nuove generazioni devono ricominciare a sognare, devono appassionarsi alla vita, vivendo ogni attimo intensamente, senza pause, interruzioni, soste: bisogna custodire gelosamente le proprie ambizioni ed i propri sogni perché solo vivendo appassionatamente, senza mai fermarsi, si potranno perseguire le proprie mete e raggiungere i risultati sperati. Non c’è tempo per omologarsi, per vivere anestetizzando le proprie emozioni, non c’è tempo per la noia e per l’ovvietà: bisogna vivere intensamente, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni, portando avanti le proprie idee e convinzioni, senza ricercare mai il consenso di qualcun altro.

da__ A Scuola Oggi

 

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Quando la nonna dice no…

Quando la nonna dice no.
di Anny Roman è un bellissimo articolo, che racconta cos’è un figlio, l’allevamento, la crescita, il rapporto coi genitori, e anche l’importanza della figura della nonna. Lo racconta, come la cosa più naturale e semplice del mondo,il che è vero, lo è stato per secoli e dovrebbe esserlo sempre. Oggi , purtroppo il problema è il palcoscenico della vita, che ha come sfondi scenari difficili da vivere, per cui,un bimbo ,che nasce ,non è più la benedizione del Cielo sulla famiglia, ma , come tutto oggi, parte di un programma condiviso e studiato attentamente dai futuri genitori, insomma un problema, anche se graditissimo e per il quale si fanno anche follie.. a volte-

 

Un figlio è un tesoro in continuo divenire, il più bel tesoro possibile, la discendenza dell’umanità. Parliamo di “discendenza”; invece si tratta di “al-levare” un figlio, di elevarlo. I figli sono gli uomini del mondo futuro. Come vorremmo quel mondo? Ne abbiamo idea? Oppure non ci pensiamo mai, come se non dipendesse da noi, poveri esseri su questa terra, così ricca, così generosa, così fragile. Otto miliardi di persone al 15 novembre 2022. Come prenderci cura di questa piccola creatura appena nata, tanto vulnerabile, tanto delicata? Nutrirla, proteggerla dalle malattie, dal freddo. Il compito è arduo e indispensabile.

Ogni tappa nutre il bambino affamato di scoperte. Penetrano attraverso i cinque sensi. Il vento tra i capelli, la dolcezza della lana, il latrato del cane, l’odore della madre, la luce della lampada. Senza dimenticare la bocca. Perché lui mette tutto in bocca: un sasso, un giocattolo, una penna, un pelouche… per gustare e conoscere il mondo che lo circonda. Ogni età ha il suo grado di comprensione. Il bambino di due anni si farà investire in mezzo alla strada per inseguire una farfalla. Non avverte il pericolo, è compito dell’adulto proteggerlo senza rimproverarlo, perché cacciare farfalle è una bella e grande avventura per il bambino che si apre al mondo. Rimproverarlo significherebbe trasmettergli l’idea che il mondo è pericoloso, pieno di insidie. Rafforzando così la sua insicurezza. Potrebbe anche sentirsi umiliato, rampognato davanti agli altri. L’umiliazione dovrebbe essere bandita in ogni circostanza e per qualsiasi essere umano.

Crescere! Non è forse imparare attraverso una somma di esperienze affrontate nel miglior modo possibile, risolte una dopo l’altra, sempre con serenità? La fiducia del bambino nelle proprie capacità cresce con gli anni che passano, per poi arrivare all’età adulta padrone di tutte le conoscenze acquisite con fatica. Il bambino impara a ragionare da solo. Articola pensieri sulla vita che si agita attorno a lui fino a raggiungere un suo punto di vista.

Spesso i bambini ci fanno domande strane o imbarazzanti, sulla coppia, sui fratelli, sulla sessualità… pur intuendo quale possa essere la risposta! Ma si tratta di un test di credibilità, per sapere se gli adulti sono affidabili.

Ogni tappa della vita di un figlio è importante: da piccolo è come il latte sul fuoco: quando è più grande la pressione che esercita sull’adulto è molto meno forte. L’adolescente sa fare tutto, è autonomo! In realtà, vive un momento di fragilità, in cui la personalità deve affermarsi, affinarsi: il futuro ora è presente per il bambino cresciuto. Sorgente di angosce, desideri, progetti, paure, o semplicemente di paura dell’avvenire.

Le punizioni corporali sono assolutamente da bandire. I malumori, i capricci, il rifiuto di obbedire, non vanno interpretati come cattiveria, malignità, ma segnalano un disagio, un malessere, il timore di non essere amati, un’idea del tutto personale. Due genitori, ognuno con la sua personalità. La funzione del padre non è più quella di punire, bensì quella di amare, proteggere, guidare. E la madre non ha più il ruolo esclusivo di occuparsi del nutrimento. I compiti sono condivisi secondo il desiderio e il piacere di ognuno.

Senza dimenticare la nonna, così importante e così affettuosa. Lei non ha compiti educativi. Mia nonna mi ha insegnato la libertà, mi ha insegnato a saper amare. Avevo completa fiducia in lei, agiva solo per il mio bene, così le obbedivo sempre. Senza mai fare capricci, perché sapevo con certezza che, avendone la possibilità, avrebbe esaudito ogni mio desiderio: mangiare un gelato, andare al cinema, fare una passeggiata. I suoi dinieghi erano sempre giustificati da cause di forza maggiore.

La nonna non si occupava dei miei compiti, ma mi faceva raccontare cosa succedeva in classe, con i miei compagni, con la maestra. Mi lanciavo nel racconto della giornata con entusiasmo, lei mi chiedeva qualche dettaglio, mi dava il suo parere, rideva. Una scuola di eloquio, di dialogo! Ma anche un momento magico di condivisione.

Leggevo molto nel silenzio dell’appartamento. La lettura ha delle virtù cardinali, ci insegna la nostra lingua, fa viaggiare il bambino, gli fa scoprire luoghi e pensieri diversi. Il bambino penetra nell’immaginario di un altro essere umano che lo trasporta sulle ali del vento.

(traduzione di Alessandro Orlandi)

L’abbraccio dell’orso

Un uomo molto giovane aveva appena avuto un figlio e viveva per la prima volta l’esperienza della paternità. Nel suo cuore regnavano la gioia e l’amore, che scorrevano a fiumi dentro di lui.
Un giorno gli venne voglia di entrare in contatto con la natura perché, da quando era nato il suo bimbo, vedeva tutto bello e perfino il rumore di una foglia che cadeva gli sembrava musica. Decise quindi di andare nel bosco per goderne tutta la bellezza e sentire il canto degli uccelli. Camminava placidamente respirando l’umidità che c’è in quei posti quando, improvvisamente, vide un’aquila su un ramo, e fu sorpreso dalla sua bellezza. Anche l’aquila aveva avuto la gioia di avere dei piccoli, ed aveva intenzione di arrivare fino al fiume più vicino, catturare un pesce, e portarlo nel suo nido come cibo per i suoi aquilotti. Era una responsabilità molto grande allevare e formare i suoi piccoli, affrontando le sfide che la vita offre.
Nel notare la presenza dell’uomo, l’aquila lo guardò e gli chiese : “Dove vai buon uomo? Vedo nei tuoi occhi la gioia “l’uomo le rispose : “Sai mi è nato un figlio e sono venuto nel bosco perché sono felice. D’ora in poi lo proteggerò sempre, gli darò da mangiare, e non permetterò mai che soffra il freddo.
Giorno dopo giorno lo difenderò dai nemici che avrà e non lascerò mai affrontare situazioni difficili.
Non permetterò che mio figlio abbia le stesse difficoltà che ho avuto io, non dovrà mai sforzarsi per nessuna cosa. Come padre, sarò forte come un orso, e con la potenza delle mie braccia lo circonderò, l’abbraccerò e non permetterò mai che niente e nessuno possa turbarlo.”
L’aquila lo ascoltava attonita, senza riuscire a credere a ciò che udiva. Poi lo guardò e gli disse: ”Ascoltami bene. Quando la natura mi ha dato l’ordine di covare le mie uova, di costruirmi un nido, confortevole, sicuro, protetto dai predatori, mi ha detto anche di mettere dei rami con molte spine, e sai perché? Perché quando i miei piccoli saranno forti per volare, farò sparire tutta la comodità delle piume. Non resistendo sulle spine, si vedranno costretti a costruirsi il proprio nido. Tutta la valle sarà per loro, a patto che realizzino con i loro sforzi l’aspirazione di conquistarla.
Se li abbracciassi, la loro aspirazione verrebbe frenata, e questo distruggerebbe in maniera irreversibile la loro individualità, ne farebbe degli individui indolenti senza coraggio di lottare, né gioia di vivere. Prima o poi piangerei per il mio errore, perché vedrei i miei aquilotti trasformati in ridicoli rappresentanti della loro specie, e mi riempirei di rimorso e gran vergogna nel vedere l’impossibilità di gioire per i loro trionfi. “Io, amico mio” disse l’aquila, “amo i miei figli più d’ogni altra cosa, però non sarò mai complice della loro superficialità e immaturità”.
L’aquila tacque, poi, con maestosità si alzò in volo per perdersi all’orizzonte. L’uomo tornandosene a casa, meditò sul terribile errore che avrebbe commesso dando a suo figlio l’abbraccio dell’orso.
Giunto a casa abbracciò il suo bimbo per alcuni secondi, poi si rese conto che il piccolo cominciava a muovere le gambe e braccia come per dimostrare il suo bisogno di libertà, senza che nessun orso protettivo lo ostacolasse.
Da quel giorno l’uomo cominciò a prepararsi per diventare il migliore dei padri.

(tratto da “Guida per genitori – PNL con i bambini” di Eric de la Parra Paz)

Eagle Feeding Chicks