Creato da: miraggiogranata il 21/08/2006
Il Toro....uno stile di vita.

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Giorgio Ferrini, l'ineguagliabile.

Post n°302 pubblicato il 02 Novembre 2009 da miraggiogranata
 
Foto di miraggiogranata

Nato a Trieste il 18.08.1939, scomparso a Torino l'08.11.1976

Esordio nel Toro: 20.09.1959, Sambenedettese - Torino 0-0

Presenze: 566            Reti: 56

 

Tra una settimana sarà l’anniversario della scomparsa di Giorgio, e parlare di Lui è utile anche per capire qualcosa di più del Toro e del momento della squadra.
Con la sconfitta di sabato a Trieste, guarda caso proprio nella sua città, il Toro ha subita la quarta sconfitta in dodici partite.
Una sconfitta che a me non è parsa la più umiliante in assoluto ma è stata comunque un episodio che non si può accettare così a cuor leggero.                           Tornare dal Nereo Rocco senza neppure un punto, contro una squadra che non è di fenomeni fa male e da più parti ci si chiede il perché.
Il gol rocambolesco subito dopo soli 7 minuti doveva e poteva esser rimontato con tutta tranquillità ma se non si riescono a costruire occasioni pericolose, trame offensive efficaci e soprattutto non si arriva mai a tirare in porta, beh la cosa diventa praticamente impossibile.
Queste son le lapalissiane spiegazioni che si posson dare per questa sconfitta, situazioni che si ripetono un po’ troppo frequentemente ma che se corrette in maniera adeguata dovrebbero riportare la squadra in linea di galleggiamento.                 E’ la seconda ragione quella che invece spaventa e preoccupa veramente e si può dedurre dalle parole dell’attuale capitano del Toro, David Di Michele che dice: "Chiediamo scusa ai tifosi, all'allenatore e al presidente, per questa brutta prestazione".
E prosegue: "Dobbiamo lavorare, perché oggi siamo proprio mancati.        Dopo il gol, il tempo per reagire ce l'avevamo, ma non l'abbiamo fatto.                 Due belle partite poi un black-out cos; dobbiamo lavorare, ripeto. Parlare? Ci siamo già parlati, in spogliatoio, ma quelle son cose nostre"
Cosa significano queste parole? Cosa vuol dire tutto ciò? E questo è l’atteggiamento di un capitano del Toro? 
Si, è questo oggi ma, non lo sarebbe stato ai tempi del “vero” Toro e se il capitano fosse stato un capitano “vero” Giorgio Ferrini.
Giorgio non avrebbe mai chiesto scusa né ai tifosi nè a nessun’altro mai perché con Lui in campo si sarebbe dato non tutto ma molto di più, si sarebbe perso lo stesso magari ma a testa alta, altro che brutta prestazione, non esiste una brutta prestazione se si lotta fino all’ultimo istante e si esce dal campo stremati per l’impegno profuso.
Non sarebbe servito parlare negli spogliatoi a partita conclusa, Lui lo avrebbe fatto nell’intervallo, forse gridando o magari appendendo qualche compagno all’attaccapanni se avesse notato poca grinta e scarsa dedizione alla causa.
Giorgio era severo con chi non dava l’anima e non seguiva il suo esempio, “Ragazzi, diceva, buttiamo il cuore oltre l’ostacolo e andiamo a riprendercelo” ed era lì al loro fianco, a proteggerli a sbranare chi li avesse solo sfiorati.
Pulici racconta: “« Da giovanissimo, nelle mie prime partitelle d'allenamento con la prima squadra venivo sempre marcato da Giorgio Ferrini che, per obbligarmi a tenere i gomiti alti, mi riempiva di pugni ai fianchi. Un giorno non ce la feci più e con un gomito troppo alto colpii Giorgio al naso facendolo sanguinare. Lui allora mi disse. "Adesso sì che sei del Toro".
Giorgio era la guida, il condottiero di tutte le squadre granata dalla prima ai pulcini, il riferimento inamovibile, il modello da imitare, la persona più grintosa e più dolce al mondo.
Se sempre Pulici dice di sé: “ Io non sono tifoso del Toro, io sono il Toro”, cosa potrebbe essere Ferrini?
Se Paolino è la personificazione del Toro, l’uomo in carne ed ossa che si erige a simbolo vivente, Giorgio è anche di più, è il simbolo immateriale, è l’idea di Toro è l’essenza di questi, è il compendio di tutte le caratteristiche che son parte integrante di questa squadra, è la realtà che diventa mito, religione, fede, credo assoluto.
Il Toro oggi è un torello perché lo hanno privato delle radici, del Filadelfia che non è mai stato solo uno stadio ma la fucina dove venivano forgiati non soltanto i garretti dei giocatori ma i loro cuori, le loro anime, affinchè potessero essere giocatori da Toro.
Ed è così balbettante perché manca uno come Giorgio a svezzarli, consigliarli, coccolarli, difenderli e magari a sgridarli proprio come un amorevole padre di famiglia deve fare.
Io son cresciuto nel suo mito, per me nessuno sarà mai più grande di Lui, neppure Valentino e tutto il Grande Torino, perché di loro ho solo immagini d’epoca e narrazioni favolose, di Giorgio ho un ricordo ancora vivo per aver avuta la fortuna di averlo visto in campo.                      Frugando tra i ricordi ho chiaro in mente il giorno in cui vidi le immagini di un telegiornale, un servizio che mostrava Giorgio con la testa avvolta in un bendaggio, gli si ruppe un’arteria e non so perché avesse la testa fasciata così.
Ebbene si vedeva che il condottiero stava perdendo la sua prima ed unica battaglia ed io, per non voler accettare quella sorte, per sdrammatizzare, per non farmi prendere da uno sconforto che sarebbe più corretto definire disperazione, dissi a mio padre che li vicino a me stava guardando: “ Ma gli han messo un turbante in testa”, mio padre non mi rispose ma mi guardò con uno sguardo che mi tagliò in due, uno sguardo tanto severo che in vita mia, per fortuna non ebbi mai più l’occasione di vedere.
Sembrava che Giorgio difendesse pure noi tifosi, che lo avessimo vicino a lottare con grinta a prender anche a calci nel culo la sorte così come fece in campo con qualche avversario furbetto, e non potevamo accettare che lo perdessimo così.
Quando un nostro giocatore veniva colpito proditoriamente da un avversario, mio padre mi diceva: “Adesso ci và Ferrini” ed in effetti era persino divertente vedere l’avversario in questione cambiare di continuo posizione non per esigenze tattiche ma per sfuggire alla caccia del grande capitano.
Se qualcuno ricorda Romeo Benetti, avrà chiara la situazione se asserisco che a Giorgio preferiva stare a distanza di sicurezza.
Ci manca tanto Ferrini e manca troppo al Toro, al quale non posso neppure augurare di trovare un giocatore così perché non sarà proprio possibile neppure in minima parte eguagliarlo.
Posso sperare di vedere di rinascere il Filadelfia, i sogni a volte si avverano, ma non potrò certo rivederlo con dentro quegli uomini che come il capitano del Toro di sempre lo han fatto diventare la storia del calcio italiano.

                                  

 
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