Ieri lo stadio non era occupato da tutti i sostenitori del Toro a causa dello sciopero di una parte di essi, che invece si son recati allo stadio che non c’è: Il Filadelfia. I motivi della ribellione, detto succintamente, sono la mancanza di un presidente che sia in grado di ricoprire tale ruolo e da questo presupposto nascono tutte le situazioni che come una reazione a catena hanno condotto la società nello stato penoso attuale. Come detto negli articoli precedenti è valido tutto, tutto è vero, tutto è sostenibile, son validi persino i ma ed i se, solo sui tempi ed i modi ci sarebbe stato da discutere. La contestazione, a parer mio, è venuta nel momento meno opportuno, il ribaltone nella conduzione del mercato, passato dalle mani di Foschi a quelle di Petrachi, dalle prime mosse, lasciava presagire un andamento finalmente nuovo e diverso. La comparsa di un personaggio carismatico e di assoluta fede quale Giacomo Ferri, nell’organigramma societario, ha aperto un credito di fiducia che valeva la pena accordare. Cairo sa benissimo che il suo comportamento non sia stato esente da macchie, lo sa perché glielo hanno urlato in faccia, perché giornali della “famiglia” non lo hanno mai risparmiato, lo sa perché monitora i forum dei tifosi su internet e lo sa soprattutto perché scemo non è. Penso che fosse poco opportuno ribadirglielo ancora una volta con un’azione che su di lui non avrebbe pesato più di tanto ma che avrebbe potuto pesare sui bagliori di un’alba che con fatica comincia a spuntare. La sonante vittoria di ieri oggi ha molti padri, ognuno ne rivendica il merito, chi è stato fuori dice che è la scossa della non presenza ad aver dati i frutti, chi ha tifato entrando, a ragione può pure affermare che il solo incitamento senza disapprovazioni ha resa più tranquilla la squadra. Detto che ogni tesi può esser presa come vera è come dire che mai se ne verrà a capo, ognuno rimarrà della propria opinione nell’illusione di una verità che è affidata ad un soffio di vento. Meglio allora resettare tutto, spegnere un fuoco che potrebbe incendiare un bosco che tutti volevamo splendente di verde, di teneri germogli ed alberi secolari, girare la chiavetta di un auto della quale si sta perdendo il controllo o peggio ancora potrebbe essere telecomandata. Ieri la squadra ha giocato e vinto, sarà perché libera da qualche fantasma della mente, sarà perché libera di qualche presenza corporea, sarà perché ha trovato in un giorno l’essenza del Toro. Ha vinto perché Giorgio Ferrini si è incarnato in un giocatore arrivato il giorno prima, e questi l’ha presa per mano, l’ha guidata e spronata, ha gettato il cuore oltre l’ostacolo ed è andato riprenderselo e gli altri finalmente lo hanno seguito. Ha vinto perché ha picchiato, ha vinto perché ha avuti momenti di classe e di fortuna che ha compensata la sfiga, ha vinto perché si vince andando sulle fasce e facendo traversoni, perché si corre anche senza palla ma soprattutto si corre avendo le “palle”. Non è una vittoria che ha risolti i problemi ma che indica la strada per risolverli, non è stato fatto nulla ancora, il margine di sicurezza è di soli dieci punti che poi sono tre partite, la permanenza in B non è ancora messa al sicuro, non si può essere tranquilli ancora, si può esser solo un po’ più fiduciosi dell’altro ieri. Ora è venuto il momento che i padri, tutti i padri della vittoria si occupino della creatura che è venuta alla luce, è il momento di farla crescere serena, forte e sicura come sola può garantire la figura paterna. Le rivendicazioni, le parole, arroccarsi su posizioni preconcette non serve, “Una rondine non fa primavera” dice giustamente Colantuono, non possiamo far venire la primavera fuori tempo ma possiamo certamente rendere meno pesante quest’inverno.
Inviato da: past67
il 03/05/2011 alle 00:40
Inviato da: Finanziamenti
il 31/03/2011 alle 06:12
Inviato da: UraganoToro
il 29/11/2009 alle 18:55
Inviato da: amoon_rha_gaio
il 11/11/2009 alle 12:02
Inviato da: kimiko84
il 27/07/2009 alle 14:59