La poesia di un’emozione…

 

Entrò nel buio delle coperte e mi coprì tutto il corpo col suo. Stavo sotto di lei a tremare di felicità e di freddo. Le nostre parti combinavano una coincidenza, mano su mano, piede su piede, capelli su capelli, ombelico su ombelico, naso a fianco di naso a respirare solo con quello a bocche unite. Non erano baci, ma combaciamento di due pezzi. Se esiste una tecnica di resurrezione lei la stava applicando. Assorbiva il mio freddo e la mia febbre, materie grezze che impastate nel suo corpo tornavano a me sotto peso di amore.

Il suo teneva sotto il mio e il mio reggeva il suo, come fa una terra con la neve.

Erri De Luca

a letto

 

Gli italiani mai così tanto incuriositi dalla seconda guerra mondiale come dopo l’uscita del film Oppenheimer…

Il film Oppenheimer, uscito da poco nelle sale italiane, non solo continua a fare record di spettatori e di incassi, ma pare che abbia creato in molti spettatori la voglia e la curiosità di saperne di più non solo sul fisico conosciuto come il padre della bomba atomica, ma soprattutto sulla seconda guerra mondiale, su Hiroshima e Nagasaki- Lo rivela Wikimedia Foundation,la società che gestisce Wikipedia, l’enciclopedia online creata ed aggiornata da chiunque abbia notizie nuove certe su ogni tipo di argomento ,collo scopo di condividere con qualunque essere umano nel mondo la somma di tutte le conoscenze.La Fondazione ha analizzato le visualizzazioni delle pagine sulla versione italiana dell’enciclopedia online nella settimana precedente e successiva all’uscita del film nelle sale italiane. L’analisi mostra che le visualizzazioni delle pagine dedicate agli eventi e ai personaggi raccontati dal regista Christopher Nolan sono aumentate vertiginosamente e ha rilevato che alcune di queste pagine sono tra le più viste del mese di agosto.
Tra le prime 100 pagine con più click compaiono, infatti, quelle sul film Oppenheimer (1° posto, 1,14 milioni di visualizzazioni), sul fisico Robert Oppenheimer (2°, 866.000 visualizzazioni), sul regista Christopher Nolan (14°), sulla star Cillian Murphy (18°), sul Progetto Manhattan (20°) e sui bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki (40°).
Nel periodo tra il 15-22 agosto e il 23-30 agosto, la pagina sulla bomba atomica (al 95° posto della classifica delle 100 pagine più viste) è infatti passata da appena 8.900 visualizzazioni a quasi 60.000 (+567%).
Un andamento simile è stato riscontrato per le pagine dei personaggi storici legati al film, come Albert Einstein (al 67° posto della classifica dei top 100, ha registrato un aumento del 506% di visualizzazioni). In totale, da quando il film è uscito in Italia il 23 agosto fino al 12 settembre, le voci italiane delle pagine sopra riportate di Wikipedia sono state viste oltre 3,148 milioni di volte. Evidentemente film come questo hanno un rilevante impatto culturale, specialmente sulle persone non giovanissime, che non hanno avuto la possibilità di studiare la seconda guerra mondiale nonostante un percorso lungo di studi, fermandosi i programmi scolastici di storia alla prima guerra mondiale. Anche se è vero che circolano dovunque programmi e documentari su questa guerra, non è detto che tutti siano sufficientemente informati sui fatti, che al momento sono tornati di attualità e discorsi ricorrenti tra chi ha visto il film e magari ne vuole discutere. Anche  perchè dietro alla storia di Oppenheimer c’è anche quella dell’italiano Enrico Fermi, premio Nobel per l fisica nel 1938. Fermi dopo l’attività di ricerca alla guida del gruppo dei cosiddetti “ragazzi di via Panisperna” a Roma, si trasferì negli Stati Uniti, dove progettò e guidò la costruzione del primo reattore nucleare a fissione, che produsse la prima reazione nucleare a catena controllata, e fu uno dei direttori tecnici del Progetto Manhattan. E fu proprio da questi studi che ripartì Oppenheimer col suo progetto per la costruzione della famigerata bomba, della cui invenzione pare essersi profondamente pentito dopo aver visto i risultati e le conseguenze, che nessuno immaginava sarebbero state quelle che furono e sarebbero se sfruttate da qualche pazzo. Ed oggi più che mai i pazzi, nel nostro mondo non mancano. Di film come questo, che invoglino allo studio e alla cultura se ne dovrebbero produrre molti di più.

Oppenheimer-1

Se stasera ci sarà la fine del mondo…

Che succede se in un tranquillo week end al mare in casa d’amici vieni a sapere che nel giro di poche ore il mondo finirà? È la trama di un film, che la novantenne gagliarda Liliana Cavani ha lanciato nelle sale nel settembre che odora di Mostra del cinema di Venezia. Il film è ispirato sin dal titolo a un saggio del fisico e divulgatore Carlo RovelliL’ordine del tempo. Titolo bellissimo, tema importante, l’illusoria durata del tempo che non si misura in lunghezza e quantità ma in qualità e intensità, come diceva anche il filosofo Henri Bergson. Ma soprattutto il tema del film è cruciale, assoluto: l’umanità di oggi sorpresa davanti alla prospettiva di morire, tutti, simultaneamente, improvvisamente, nel giro di poche ore. La causa della fine del mondo sarebbe un grosso asteroide che viaggia velocemente verso la terra, il cui impatto sarebbe letale per il pianeta, senza possibilità di salvezza. Gli apostoli dell’apocalisse nel film sono due fisici che dicono e non dicono agli altri quel che sta succedendo ma che annunciano La Notizia delle Notizie: il finimondo è a momenti, non c’è scampo.
La trama è intrigante, il film è piacevole anche se gli aggettivi sono inappropriati rispetto al tema immenso che si affronta. Gli attori interpretano un campione della borghesia romana, benestante, un po’ attempata e un po’ radical, quel che si direbbe “il generone” romano con casa al mare a Sabaudia: Claudia Gerini, Alessandro Gassman, Edoardo Leo ed altri. Curiosamente, la sala in cui ho visto il film era costituita da un pubblico esattamente analogo a quello che era sullo schermo; attempati romani, borghesi e benestanti, forse un po’ radical anche loro.
Anni fa mi aveva molto colpito il film di Lars von Trier, Melancholìa, che verteva sullo stesso tema: l’imminente fine della Terra a causa di una collisione con un pianeta “malinconico”. Film straordinario che trasmetteva con potenza l’angoscia disperante di un mondo desolato alla fine del suo corso.
Il film della Cavani, invece, è totalmente diverso. La location è ridente, non certo da ultima spiaggia dell’umanità. I dialoghi mostrano l’assoluta sproporzione tra l’evento cosmico, tragico e apocalittico che si sta compiendo e le preoccupazioni minime, banali, dei “morituri” nel loro amabile rifugio sul mare, tra dolci chiacchiere, tenui rimpianti e residue vanità. Anche quando si cerca di scavare più a fondo, non emergono temi, domande, angosce che pure sarebbero spontanee davanti al disastro annunciato; si gira intorno a piccoli risvolti della propria vita, rapporti di coppia, frustrazioni umane o professionali, apprensioni ordinarie per i figli che non rispondono al cellulare. Non manca l’ironia, tipo non lavarsi i denti l’ultima sera prima della fine del mondo, ed è forse la chiave più simpatica del film, che cavalca la sproporzione tra l’immane tragedia e la vita di ogni giorno. I maschi nel film sono un disastro, tra bonaria coglioneria e miserabili ipocrisie; un po’ meglio le donne, più sveglie, come vuole il cliché femminista imperante. Mentre finisce il mondo, la confessione più forte che si ascolta è l’amore lesbico della moglie di Gassman per una sua amica presente all’addio. Davanti alla fine dell’umanità e a un evento che non si verificava, dicono i fisici, da 69 milioni di anni, l’unico male che viene evocato è il nazismo e la concorde condanna verso chi oggi ne sarebbe complice d’opinione… Ma come, finisce l’umanità, accade qualcosa che non accadeva da milioni d’anni e questi poveri imbecilli restano ancora aggrappati ai temini del politically correct, ai femministi e al gender, ai coming out, al pericolo nazi e menate varie? Temi che inquinano anche l’unica breve parentesi fuori dal banale: l’incontro di una di loro con una suora che vive serena la fine del mondo perché si affida alle mani di Dio. Il resto, niente.
Non mi interessa descrivere o recensire il film, invogliare o scoraggiare chi pensa di vederlo. Interessa invece porre la domanda: ma davvero l’umanità, noi contemporanei, non solo i cittadini romani in vacanza sul Tirreno, davanti all’Evento Supremo della nostra vita, davanti alla catastrofe finale, alla morte della vita sulla terra, siamo così radicalmente incapaci di capire cosa sta succedendo e siamo così ciechi, sordi, muti, meschini? Davvero non sappiamo far altro che raccontare alla vigilia della fine del mondo piccole infedeltà di coppia, riprendere storie d’amore interrotte, confessare gli orientamenti sessuali o dibattere sul nazismo e tacere di tutto, della nascita, della vita, della morte, di cosa resta di noi, la coscienza, se tutto si cancella? Davvero non sentiamo di fare null’altro alla vigilia della nostra scomparsa che restare nella casa al mare di un amico a conversare e ammazzare l’attesa; e non vedere in extremis qualcuno, rivedere qualcosa, ritirarsi a pensare, ripensare la vita, fronteggiare il panico? Non dico che ci vorrebbe un simposio di filosofi, ma davanti alla fine della vita e del mondo chiunque avrebbe tirato fuori tutti i misteri e le paure che sono dentro di noi, tutti i pensieri non detti, i sentimenti e gli impulsi più profondi. E allora la domanda è: siamo davanti a un film piccolo su un tema immenso, ovvero un film non all’altezza del tema che vorrebbe raccontare o siamo davvero così come ci rappresenta il film, un’umanità che anche davanti all’apocalisse pensa a che vestito mettersi stasera? Non un rimorso, non una scoperta in extremis della fede, una preghiera, non un pianto disperato o un gesto assoluto, non un pensiero universale sul destino dell’umanità. Solo piccole, ridicole inezie da fine serata più che da fine del mondo…
L’unico alibi, l’unica attenuante, è la sostanziale incredulità rispetto all’annuncio apocalittico, la convinzione che la catastrofe non ci sarà (come infatti succede) e i fisici magari sbagliano, si fanno prendere la testa dai loro astratti teoremi. Troppo poco per salvare un film; figuriamoci per salvare il genere umano…Alla fine l’umanità la scampa ma è bocciata per indegnità.

              Marcello Veneziani   

Dove sta il mistero ?!

 

Sempre mi è piaciuto imparare e cerco di farlo, ogni giorno, poichè tutto insegna.Oggi ho imparato che non è vero che le persone sono misteriose. Il mistero è tutto intorno, in tutto il resto. E’ misterioso il cielo, è misterioso l’oceano, è misteriosa la cima delle montagne. Sono misteriose le sedie, i lampioni, l’asfalto. Le persone no. Se guardo un essere umano posso immaginare dove stanno andando i suoi pensieri, le emozioni rivelate da un gesto, dalla voce. Se guardo negli occhi un essere umano vedo il riflesso dei miei stessi occhi. Mi avvicino. Scruto miliardi di atomi simili ai miei ma che non sono me. Al contrario non potrò mai sapere davvero come si senta un albero, il divano, il tavolo, la macchina. Eppure il tempo si accanisce anche contro di loro. Il tempo odia particolarmente il colore bianco. Lo sporca, lo logora, lo muta in un presagio triste, come un campo ricoperto di neve sporca. Però il tempo a noi imbianca i capelli.
Ecco, questo ho imparato oggi e l’ho scritto.

mistero

Landays, la poetica del dolore e della denuncia delle donne Afghane…

 

di Chicca Morone

“Piccoli serpenti velenosi” è il significato della parola landays, poesie brevi, popolari e con radici antiche utilizzate in segreto dalle donne pashtun per denunciare le violenze e i soprusi subiti. Si tratta di un distico di nove e tredici sillabe, ma non necessariamente irrigidito nella metrica. Una poesia semplice, facile da comprendere e da scrivere: un mezzo potentissimo e immediato per dare messaggi non ambigui o edulcorati, forti, che colpiscano e restino ben chiari nelle menti.Il veleno del serpente dà morte, ma anche vita se usato come antidoto; è in questa forma che appare nelle poesie delle donne, non solo afghane, che in questi anni si sono avvicinate alla composizione di landays, anche qui in Italia. Un esorcismo, una liberazione dal male subito e che ferisce il carnefice senza bisogno che lui lo sappia fisicamente: una specie di rituale virtuale dagli effetti spesso liberatori. La violenza perpetrata nei confronti della donna aveva visto in Afghanistan un qualche spiraglio negli anni passati, ma il ritorno degli odierni talebani ha riportato l’odio e recrudescenza di comportamenti inimmaginabili: non si conteranno le “spose-bambine” che moriranno per lesioni interne dopo la prima notte o durante il parto. A parte la reclusione nelle abitazioni o la possibilità di uscire solo se accompagnate da un uomo, le punizioni talebane contemplano anche il taglio delle dita qualora le donne siano trovate con la vernice sulle unghie o le frustate per qualsiasi maquillage. D’altra parte, le donne , nella mentalità piuttosto diffusa di questi gentiluomini sono considerate oggetti totalmente privi di valore, da usare semplicemente, senza una sola ombra di rispetto per la loro vita .La testimonianza di una donna giunta in Francia, “scelta” da altre donne per portare il loro grido di aiuto, “carcerate” sotto un burqa che elimina ogni possibilità di identificazione fa inorridire . Rese completamente inesistenti se non per l’uso che padre, marito, fratello, cugino e via di seguito, può fare di loro. Figlia di una ginecologa racconta di come le donne non possono essere curate da un medico e visto che il personale medico femminile non può lavorare, a loro non rimane che morire. In casa sua sono arrivate ragazze violentate, mutilate e con lacerazioni interne inferte al di là di un semplice rapporto sessuale, curate dalla madre con quel poco di medicamenti trovati per un tam-tam di solidarietà. Fortunatamente non tutti gli uomini accettano uno scempio del genere, ma anche loro corrono seri pericoli. È anche difficile essere solidali nella realtà con una popolazione massacrata in modo così truculento ,se non rivolgendosi alle organizzazioni come la Croce Rossa, dove sicuramente non ci sarà una dispersione energetica in tanti piccoli rivoli.

Sogno un canto d’amore per me e tu berci alla guerra ubriaco di sangue (A.A.)

Ci spengono come lumini Portiamo la luce oltre ogni confine (A.B.)

Mi hai venduto a l’uomo vecchio, ti distruggeranno le mie maledizioni (L.C.)

Non genererò figli tuoi basta carnefici in questa dimora (S.M.)

Dove non cresce il cinnamomo sia maledetto il sole che dà vita all’uomo (C.M.)

Al calar della notte oscura il solo mio pensiero è la fuga nel sogno (C.R.)

afghanistan

La gente che mi piace…

 

La gente che mi piace, oggi è un po’ una rarità. Tutti guardano in cagnesco, specialmente se li distogli dal cellulare, se hai bisogno palesemente di qualcosa ti ignorano, se sei anziano, ti farebbero sparire se potessero, ti sbattono malamente e non si sentono in colpa. Oggi esiste solo l’io, specialmente se sono bello, elegante, se sono noto sui social, se parlano di me, se poi son pure contro corrente tanto meglio. Come vorrei incontrare una persona che parlasse gentilmente; come apprezzerei un amico vero, sincero, che sapesse  riconoscere i miei momenti bui, di malinconia o di dolore, che  fosse  riconoscente e sapesse  dire grazie, che mi volesse bene per quello che sono senza aspettarsi nulla, che apprezzasse di me il bello, ma soprattutto tollerasse i mei difetti, che sapesse  tirarmi fuori dai pensieri negativi e che mi regalasse il piacere di sorridere. Incontrar per caso qualcuno così sarebbe veramente trovare un tesoro,in un momento in cui neanche con una mappa in mano che indichi la strada … Al fondo mancherebbe anche l’orizzonte.

attenzione

Quando si vive per forza d’inerzia…quanto spreco fisico e mentale!

 

Disattenzione

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle, e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

Wisława Szymborska

disattenzione

L’Italia di Vannacci e quella della Murgia…

L’estate che finisce lascia in eredità due foto di gruppo contrastanti, anzi contrapposte: il selfie assai affollato di gente comune intorno al generale della Folgore Roberto Vannacci e al suo libro, il mondo al contrario; e il selfie di una famiglia allargata che potrebbe essere anche un collettivo, un club, un gruppo di pressione, raccolta intorno alla figura di Michela Murgia, scomparsa poche settimane fa. Sono due mondi agli antipodi, che in Italia hanno assunto i volti del generale e della scrittrice, ma che si contrappongono in quasi tutto l’occidente, e non solo.
I primi sono considerati conservatori, e comunque si reputano realisti, difensori della normalità, della natura e di come è sempre stato, e si reputano vittime di ostracismo, pubblico disprezzo e supremazia ideologica a loro avversa. I secondi sono considerati progressisti, e comunque si reputano fautori della liberazione, dell’emancipazione e della lotta contro l’eterno fascismo e il tornante spirito reazionario. Si considerano a vicenda bacchettoni: perché ormai è acclarato che oltre il bigottismo tradizionalista c’è pure un bigottismo progressista, come scriveva già trent’anni fa Robert Hughes ne La cultura del piagnisteo.
Le due Italie hanno scelto come terreno di competizione le classifiche librarie, un territorio che dovrebbe essere più agevole per la scrittrice e per la sinistra; e dove invece il libro del militare, del paracadutista Vannacci ha doppiato quello della Murgia, nonostante sia considerato quasi ai limiti della legalità, e fuori da ogni credito intellettuale. In realtà, il mondo a contrario lo hanno comprato anche tanti che non sono lettori abituali, trattandosi di un libro-manifesto, di appartenenza e di denuncia, già nel titolo. Nelle due figure del generale e della scrittrice-queer si sono contrapposti due mondi reali e ideali: uno, forse maggioritario, vasto e popolare, si è riconosciuto nel realismo del generale, nel desiderio di chiamare le cose col loro vero nome, di sfuggire alla retorica dei diritti gender, all’ipocrisia del linguaggio e dei divieti politically correct e all’egemonia dell’ideologia, richiamandosi alla normalità, al senso comune, alla natura e alla vita come è sempre stata. L’altro, espressione invece di una minoranza che però conta e pesa assai più della “trascurabile maggioranza degli italiani” (Flaiano), schierata a difesa di lgbtq+, del femminismo radicale, dei migranti clandestini, dell’antifascismo permanente e militante.
Sono due Italie che si detestano, si delegittimano e contrappongono nuovi pregiudizi a pregiudizi antichi. I pregiudizi, ricordiamolo, sono giudizi a priori, non filtrati dal senso critico ma accolti come postulati, precetti, canoni di vita e rappresentazioni della realtà tramite moduli prefissati.
Sono le due Italie del nostro presente, anche se non coprono l’intero arco della popolazione: nel mezzo c’è un’area abbastanza vasta, disorientata e refrattaria ad assumere posizioni nette e radicali. Riaffiora l’eterno dualismo nazionale, che appare da secoli, e poi a volte scompare, va sotto traccia, per lasciare spazio ai compromessi moderati e alle pragmatiche, opportunistiche convergenze al centro. Ma è sempre in agguato e polarizza gli italiani.
Vi sono tuttavia alcuni paradossi che vanno sottolineati. Primo paradosso: le idee espresse dal generale Vannacci sono le stesse che hanno portato molti italiani a votare per la Meloni e per il centro-destra; ma il generale è stato subito sconfessato, attaccato e infine rimosso dal governo di centro-destra, in particolare dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Una scelta che ha ferito molti elettori della Meloni e ne ha spiazzati altri.
Secondo paradosso: benché minoritaria e benché si presenti con i toni e i tratti di una cultura ribelle, antagonista e denunci le discriminazioni subite da alcune minoranze, l’opinione radicale di Michela Murgia coincide col mainstream, è sovrarappresentata e sovratutelata dai media, dalla cultura e dalle istituzioni. I suoi temi sono dominanti, se non obbligati; ogni opinione difforme viene stigmatizzata, denunciata, penalizzata. Come dimostra la stessa vicenda del gen.Vannacci. Nessuno invece viene vituperato se condivide le opinioni della Murgia.
Terzo paradosso: il gen. Vannacci è uomo d’azione, con una carriera di riguardo alle spalle; Michela Murgia era invece un’intellettuale, una scrittrice, anche di culto, ma alla fine si rovesciano i ruoli: il primo manifesta le sue idee solo tramite i libri e le opinioni personali; mentre la seconda, benché intellettuale, può inserirsi nell’alveo di movimenti, mobilitazioni e associazioni di vario tipo.
La politica insegue con un certo affanno le due platee, con molta prudenza e tanti distinguo, a volte tirandosi indietro, anche perché teme di compromettere la propria agibilità politica e la possibilità di allargare i consensi anche a chi non sposa le posizioni “radicali” di Vannacci o di Murgia. Elly Schlein sembra abbastanza vicina alle posizioni murgiane, ma il suo partito, il Pd, è profondamente diviso e complessivamente prudente verso quelle posizioni. Fratelli d’Italia è stato invece decisamente sulle posizioni di Vannacci ma da quando è al governo rallenta, ammorbidisce, assopisce. E ai suoi margini, la Lega di Salvini cerca di riprendere consensi e agibilità politica strizzando l’occhio al generale.
Intanto l’Italia è chiamata alle armi: stai col generale o con la queer? Spaccaitalia.

Marcello Veneziani, Panorama

Come le orme sulla sabbia…

 

“Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno.È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi non pensare a nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta… ”

Alessandro Baricco – Oceano Mare –

 

orme

 

 

Vogliono sostituire la famiglia naturale col modello queer…

 

 

 

 

 

 

 

 

La famiglia scelta. È l’espressione chiave per adottare una nuova, radicale sostituzione. Basta con la famiglia “costretta”, ossia la famiglia naturale, con i suoi legami di sangue e i suoi vincoli determinati dall’essere padri, madri, figli, fratelli “biologici”. Invece la famiglia scelta è per definizione una famiglia volontaria, adottiva, collettiva, libertaria ed egualitaria in cui vivono sotto lo stesso tetto persone varie, e animali annessi, indipendentemente dal genere e l’orientamento sessuale. In una parola, la famiglia queer.

Il mito di fondazione della famiglia queer è associato a Michela Murgia, la scrittrice che prima di morire decise di rendere pubblica e solenne la sua famiglia scelta, ibrida e allargata. Come tutti i miti di fondazione, la morte della fondatrice ha dato “sacralità” simbolica a questa visione pur dissacratoria della famiglia naturale e tradizionale. Al di là della vicenda terrena della scrittrice sarda, alcuni giornali, circoli intellettuali, cenacoli si stanno impegnando a trasformare quell’esempio di famiglia queer in modello di riferimento alternativo rispetto alla famiglia coatta traducendola in battaglia politica e civile per rivendicare la libertà d’amare e di scegliere (Elly Schlein sarà con loro).
Cos’è una famiglia queer? “Una famiglia ibrida fondata sullo ius voluntatis, sul diritto della volontà” spiegava la Murgia. E i suoi discepoli, da Michela Andreozzi a Marcello Fois, spiegano che la famiglia scelta è struttura variabile oltre che volontaria, e comprende animali, svariate sorelle, papà e mamma elettivi (si scelgono i padri e le madri con votazioni, si procede per acclamazione, si va a rotazione?). E ciascuno specifica come si faceva da bambini quale ruolo assume nel gioco di ruolo che sostituisce la famiglia naturale. Io faccio il papà, io la figlia…Ribadendo che il sangue non c’entra nulla, e la famiglia tradizionale non ha mai funzionato bene, ma ora non funziona più.
Sarebbe facile giocare sull’ironia, ma prendiamo sul serio quel che viene detto e rispettiamo le scelte altrui, fino a quando non pretendono di essere alternative e sostitutive rispetto a quelle che costituiscono la realtà naturale e l’esperienza di vita su cui si fondano la società tramite le famiglie e la loro riproduzione. Dunque, cos’è quella società allargata di conviventi con libera e mutante sessualità? E’ una libera e provvisoria associazione, ma non chiamiamola famiglia. Qual è il legame che insorge tra loro? E’ l’amicizia, non si può paragonare all’amore famigliare. Arrivo a dire che se l’alternativa è l’isolamento, il solipsismo, ovvero la solitudine non come scelta ma come perdita del mondo e depressione, ben vengano questi club allargati, affettivi prima che sessuali, piuttosto che definirle con linguaggio camorristico “nuove famiglie organizzate”.
I problemi sorgono quando queste reti amicali si configurano come la famiglia del futuro, con la pretesa di sostituire i legami famigliari. E quando si pretende di cancellare, degradare, svalutare tutto quel che proviene dalla natura, dal sangue, dall’ereditarietà, dai legami del destino, rispetto a quelli fondati sulla volontà. Che è soggettiva e quindi conflittuale rispetto ad altre volontà soggettive; che è mutevole e quindi non può garantire costanza e sicurezza degli affetti come invece quelli tra genitori e figli, o tra fratelli. Che non è riproduttiva, perché le associazioni di tipo omosessuale non possono riprodursi se non usando terzi (uteri in affitto, fecondazioni artificiali, compravendita di corpi, semi, ovaie, neonati, ecc.).
Torno a dire che nessuno vuol negare la libertà di quelle scelte, ma non sono sostitutive rispetto alle vecchie, scassate, controverse, contestate famiglie naturali. E le fratellanze senza padri e madri, di solito degenerano in fratricidi; se non ti riconosci nella comune origine, se non ti riconosci in un padre e una madre comuni, alla fine, passato il periodo dell’abbraccio generale, insorgono le divergenze, le priorità, le egemonie. Ogni volontà, alla fine, è volontà di potenza, di dominio. Se non personale, ideologica, di un modello, di una struttura, di un collettivo.
La famiglia, si sa, sta male già per conto suo; l’atomismo e l’egocentrismo, il narcisismo e la fluidità, i desideri infiniti e le pretese la mettono a dura prova. Spesso i matrimoni saltano, e il vero rapporto indissolubile, alla fine, è di tipo verticale: è quello tra genitori e figli, che non si può disdire o revocare, come invece può accadere nel rapporto di coppia. Non idealizziamo la famiglia “tradizionale”, cogliamone tutti i limiti, i difetti, le contraddizioni con una società troppo aperta e troppo individualista per poter reggere l’urto a livello famigliare. Però, provate a pensare “senza”, provate cioè a liquidarla, a ritenervi solo figli del vostro tempo e delle vostre scelte, anziché figli della storia e della famiglia. Provate a perdere quell’asse di riferimento, necessario anche quando lo confutate; provate a negare quell’alveo d’origine, quel luogo d’infanzia e di formazione, quel rifugio, quel bisogno originario, primario, di sicurezza; dove i legami sono autentici proprio perché biologici, naturali, precedenti la nostra stessa volontà; veri e istintivi. Perché noi non nasciamo come una tabula rasa su cui decidiamo tutto; noi nasciamo eredi biologici, con legami naturali affettivi (gli stessi che vi commuovono quando parlate dei cuccioli di Amarena, l’orsa abbattuta in Abruzzo). Quel che precede la nostra libertà e la nostra volontà si chiama natura, identità, origine, destino. Perché dovremmo disprezzare, rigettare, spezzare tutto questo? Non siamo autocreati e tutto ciò che costruiamo non lo costruiamo dal nulla ma sempre da realtà preesistenti. Create pure le vostre case arcobaleno e le vostre reti amicali; ma sappiate che non sostituiscono la famiglia da cui provenite e quella costruita accoppiando e procreando. Sono due piani diversi. E bisogna saper distinguere, e rispettare, la sfera dei legami naturali da quelli elettivi. Noi siamo quel che siamo e diventiamo quel che siamo; non nasciamo dalla nostra volontà e dai nostri desideri. Siamo creature, possiamo essere creativi, ma non siamo creatori.

Marcello Veneziani