Non c’è solo malinconia, come dice il Censis, gli italiani vivono ben altro…

 

Secondo il Censis pare che gli Italiani siano preda della malinconia, che si è impossessata di quasi tutti, grandi e piccoli, di ogni categoria sociale, una specie di epidemia, che, secondo alcuni non è ancora esplosa del tutto. Pare che sia tuttora allo stato latente in attesa di toccare l’apice. Le cause, il dopo Covid, la difficile ripresa per molti, la guerra in Ucraina , che pare senza fine e che ci vede economicamente allo stremo, forse più le famiglie col caro energia che le imprese, poichè sono proprio queste che scaricano sul consumo finale i forti rincari necessari per mandare avanti le industrie. Non solo galoppa l’inflazione, ma spesso i negozi sono anche sprovvisti di merci, che non sono mai mancate nel dopoguerra. La malinconia sociologica, farebbe un po’ le veci della depressione. Uno stato di rassegnazione al peggio, all’idea che le cose non potranno che andar male o, mantenersi in una condizione d’infelice tollerabilità, che nega il senso della vita, spegne il sorriso, demotiva la voglia di fare ,sopprimendo la speranza. Ma si parla di uno stato d’animo diverso dalla tristezza, perchè la malinconia non ha una motivazione precisa come la tristezza ,non deriva da una mancanza specifica. Ci si sente strani, senza sapere quasi perchè, forse quella demotivazione che precede la depressione. A mio avviso il Censis non ha voluto fare un rapporto che spaventasse, addolcendo la pillola vera, che ha un nome diverso. E’ l’angoscia di non potere più andare avanti, l’obbligo alla rinuncia di tante cose, che, se non erano lussi veri e propri , erano benessere , quel benessere, che vede sempre più avvicinarsi la povertà. I pochi soldi che rimangono sono divorati dall’inflazione, che gli stipendi da soli non reggono, e la cosa più terribile la grande incertezza per un futuro, che immaginiamo pessimo. La malinconia del Censis è politica, la diagnosi per un popolo destabilizzato dalle varie crisi, senza spaventarlo con paroloni come angoscia e depressione. La malinconia in genere è un po’ caratteriale, non scaccia del tutto la speranza e questo è quanto importa ad un organismo statale. Gli italiani però, se è vero che sono abituati alle bugie di Stato, non sono tutti stupidi.

malinconia

 

Dopo i gattopardi, sciacalli, iene ,i Draghi, torneranno gli umani o le cavallette?

Dopo la pazzia di questi giorni infuocati e prima del delirio per la campagna elettorale d’agosto, un ragionamento sui fatti accaduti.

Dunque, Draghi era stato chiamato come commissario straordinario per affrontare un’emergenza eccezionale. Il sottinteso era che presto sarebbe stata ripristinata la politica e la dialettica tra poli antagonisti. Il coronamento di questa chiamata sarebbe stato Draghi al Quirinale dove avrebbe potuto svolgere il ruolo di garante a livello internazionale ed economico, mentre l’Italia tornava a essere governata dalla politica, dopo il voto del popolo sovrano.

Ma al Pd non conveniva andare al voto, e nemmeno a tanti altri, da Renzi ai grillini e a Berlusconi. Sicché puntarono su Mattarella bis, garante del Pd e dei superpoteri e trovarono il folle consenso di Salvini e di Berlusconi. Quello fu l’errore d’origine, pagato in questi giorni. Sarebbe stato meglio arrivare allora a un muro contro muro o convergere sulla soluzione Draghi al Quirinale.

Invece è successo oggi, con una commedia avvilente in cui sono usciti a testa alta la Meloni e lo stesso Draghi, a testa bassa gli sconfitti Pd e Renzi, a testa mozzata Conte, e piuttosto ammaccati Salvini e Berlusconi per la giravolta. Bisogna pur dire che Draghi un po’ se l’è cercata: per restare ha preteso di avere più poteri. Non dico che l’abbia fatto apposta, ma mostrandosi sprezzante verso i grillini e incurante del centro-destra, li ha indisposti e li ha spinti a fare quel che molti di loro avevano gran voglia di fare da tempo: sdragare il governo. Comunque, per lui è stata una fortuna risparmiarsi un autunno di rincari, rinunce e restrizioni da lui stesso annunciate; e restare incompiuto nel mito.

Alla sua caduta, è partito il coro sulla catastrofe e la fine del mondo. Ma, a rifletterci, la sua caduta ha anticipato solo di un semestre la scadenza obbligata: anziché votare in primavera si vota in autunno. Qual è l’orrore, cosa sarebbe cambiato? Draghi avrebbe salvato l’Italia in quei pochi mesi e sarebbe stato riposto nel suo astuccio? Sarebbe stato maturo il tempo per un nuovo governo dei migliori? Meloni e Salvini si sarebbero estinti e avremmo così sventato il pericolo dei mostri al governo? Assurdo quel grido d’angoscia. A meno che qualcuno, dal Pd ai centrini sparsi, pensava di commutare la pena di Draghi in ergastolo, dichiarare cioè che dopo Draghi ci sarebbe stato ancora Draghi, a vita; l’emergenza non finisce, anzi si passa da un’emergenza all’altra, ergo dobbiamo tenerci il commissario straordinario al potere for ever.

È quello che diranno adesso, in campagna elettorale, con il culto feticista dell’agenda Draghi, una specie di reliquia sacra o di Corano, scoprendo il volto oligarchico e antidemocratico del fronte drago-sinistro. Ma poi non  si capisce la paura: se come si dice, tutta l’Italia, anzi tutto il mondo, eccetto Putin e i putiniani, è dalla parte di Draghi, avremo elezioni che spazzeranno via a furor di popolo gli anti-draghiani e riporteranno al governo i devoti del dio Mario. Di che vi preoccupate? In realtà, sapete bene che questa narrazione da ex voto di Draghi, amato dai potenti ai barboni, dalle cancellerie ai cinghiali, era finta perché il paese reale, in gran parte, vuole ripristinare la democrazia. Può stimare Draghi o detestarlo; ma l’idea di vivere perennemente questa sospensione della democrazia e della politica nel nome dell’emergenza non piaceva a tanti, anche senza avercela con il banchiere centrale. Vogliono tornare alla realtà, finirla con lo stato d’eccezione.

Ora vivremo in forma accelerata la convulsione del quadro politico, perché metà dei politici dovrà velocemente riaccasarsi, ricollocarsi, riconoscere nuovi alleati nel giro di pochi giorni. Da Di Maio a Brunetta, da Gelmini a Carfagna, a Toti, più sciami di peones  ormai homeless; ad essi si aggiungeranno  Calenda e Renzi, e poi Casini, Mastella e Bonino alla ricerca di un fronte compatto, pur detestandosi a vicenda. Saranno uniti dall’antisovranismo e questo li porterà, inneggiando a Draghi, a incamminarsi sulla via del Pd (vale anche per Renzi che reclamando un fronte unito contro l’area Putin, implora d’imbarcarsi come una scheggia o ascaro del Pd). Ma è difficile che si uniranno in un solo fronte vagamente centrista, giacché si schifano, si pongono veti fra loro; al più si accoppieranno, si accorperanno in mini-agglomerati ma non daranno vita alla Grande Coalizione dei Sette Nani o alla Casa Comune degli scappati di casa.

Il tono della campagna elettorale sarà doppio: nostalgico (“Quando c’era Lui”, il Superdraghi e l’Agenda-Bibbia) e apocalittico (“se arriva la Meloni con i barbari finiremo all’inferno”).

A proposito, e il centrodestra? Resterà unito per le elezioni, subirà un attacco concentrico e intensivo senza precedenti, visti i tempi ristretti del voto. Avrà mille nemici, in più saprà largamente farsi del male da sé. In fondo Salvini ha cercato lo strappo dal governo in competizione con la Meloni, più che in accordo con lei, per arginare la sua vittoria e riconquistare gli elettori. Nonostante uno sciame di dubbi che si uniscono a mille riserve sulla sua linea, i suoi uomini, la sua classe dirigente, il centro-destra resta ancora favorito. Anzi diciamo pure che da queste elezioni o esce vincente il centro-destra o non ci saranno vincitori con una vera maggioranza, si riproporrà il caos e usciremo dalle elezioni peggio di come vi siamo entrati  .Intanto vediamo Draghi allontanarsi dalla riva come una tartaruga liberata dopo lunga cattività.  Vedremo se strada facendo depositerà delle uova e dunque si riprodurrà, o se tornerà nei fondali della finanza, in attesa di nuovi incarichi sovranazionali. Dopo i gattopardi vennero gli sciacalletti e le iene; dopo i draghi verranno le cavallette o gli umani?.

MV

La democrazia è nociva, abroghiamola!

Cade la Dragocrazia, s’intravede malconcia la democrazia che torna con la politica e col popolo sovrano, con grave scorno dei poteri alti, di Mattarella e del Pd. Ma andiamo con ordine.

S’i fosse Drago arderei lo governo. Mettetevi nei panni, anzi nelle squame, di Mario Draghi: perché restare ancora al governo? Accettò di guidare un governo d’emergenza con la prospettiva finale di andare dopo un anno di graticola al Quirinale. Dove avrebbe potuto svolgere il suo ruolo extra partes e la sua missione umanitaria di rappresentare l’Italia nel mondo e tra i poteri che contano.
Un anno fa era acclamato dal Paese, ci liberava da un governo e un premier insopportabili, offriva una tregua politica a un paese lacerato, pur essendo riconosciuto come la longa manus dei Poteri Alti. Ora, invece, la situazione si è fatta difficile perché dopo essersi accollato le conseguenze della pandemia, Draghi è accorso ad accollarci le conseguenze della guerra in Ucraina, dove abbiamo fatto davvero poco per ribaltare le sorti del conflitto e neutralizzare Putin, ma abbiamo fatto davvero tanto per inguaiarci noi, indebitarci, veder schizzare l’inflazione e mettere a repentaglio le forniture energetiche.
I consensi nei confronti suoi e del suo governo erano calati molto con l’aria condizionata; tante ironie si sprecavano sul governo dei migliori e in autunno s’annunciava la catastrofe economico-energetico-sanitaria; era il momento giusto per tagliare la corda, e i grillini gliene stavano offrendo una mezza possibilità. Era anche un modo per restituire la pariglia a Mattarella, ai dem e ai loro soci di minoranza che non lo hanno voluto al Quirinale ma solo a tirare le castagne dal fuoco. Invece è partito il pressing mondiale, dal più grande leader al più piccolo sindaco, da Mattarella ai Dem, dalla grande finanza ai clochard, mancavano solo l’Onu e la Croce Rossa per bloccarlo a Palazzo Chigi. Perché un uomo di 75 anni, che ha già ottenuto i maggiori incarichi di potere, avrebbe dovuto lasciarsi friggere in padella e giocarsi il nome costruito in una vita? Il suo interesse era andarsene, ma non poteva, perché doveva rispondere a un’entità superiore che non è lo Stato, la Democrazia, l’Interesse generale, ma una cupola di poteri intrecciati che non passano dalle urne e che sono dietro la sua luminosa carriera. E che consideravano un imperativo categorico restare a ogni prezzo al governo e non andare al voto. Allora Draghi ha deciso di andare avanti all’infinito, magari restando poi il Santo Protettore di un campo largo filodraghiano dopo l’inevitabile voto del ’23. O in alternativa, aspettarsi altri incarichi prestigiosi a livello internazionale, più la vigile attesa con tachipirina fino a che Mattarella lasci in un modo o nell’altro il Quirinale. Ma la strada di quest’autunno era tutta in salita e piena di burroni. Poi Draghi in Parlamento ha bistrattato i partiti, fingendo di lusingarli, ha maltrattato i grillini pur lanciando occhiate dolci, e ha chiesto un governo più suo, con più ampi poteri. E lì qualcosa si è interrotto, qualcosa è saltato. Salvini e Berlusconi che avevano compiuto l’errore madornale di mandare Mattarella anziché Draghi al Quirinale, accettando la linea del Pd, vista ora la deriva oligarchica che voleva imbrigliare il paese, si sono ricongiunti alla Meloni, anche per non dare solo a lei i consensi degli scontenti. Ed è venuto fuori il papocchio di ieri in Parlamento.
Per carità, sarà sbagliato andare di corsa a votare, è un salto nel buio, quando invece nel buio ci stavamo andando seduti nel treno guidato da Drago Draghi. Ma se è per questo tra un anno circa, diciamo tra nove mesi per essere ostetrici, quando cioè si doveva andare a votare per forza di scadenza, cosa sarebbe cambiato? Ci avrebbero detto ancora di non fare salti nel buio e qualcuno avrebbe ripetuto quel che dice oggi e diceva un anno fa: o Draghi o morte. Dopo aver ripetuto pochi mesi fa: o Mattarella o morte.
Ma come sono responsabili, loro, vogliono preservarci dall’avventurismo e dalle cadute nel buio… Faccio solo osservare, sommessamente, che quella catastrofe da voi prefigurata, quel precipizio tremendo che ci aspetta, un tempo si chiamava diversamente: il suo nome era democrazia, alternanza di governo, libertà di voto e sovranità di popolo. Ora voi direte: ma il rischio è troppo alto, e perciò vogliono tenerci ancora sotto tutela, come ai tempi della pandemia, come ai tempi di Berlusconi da cacciare, come ai tempi di Monti, Napolitano, Gentiloni, e via dicendo…
Nei prossimi manuali di scienza politica si definiranno ottimi i governi che non passano dal voto, pessimi quelli che ne scaturiscono; poi si definiranno responsabili i governi che contengono i dem, irresponsabili i governi senza di loro. E si aggiungerà che i migliori politici sono per definizione coloro che non lo sono, cioè i tecnici, gli oligarchi, i commissari internazionali.
Condivido tutte le riserve sull’armata brancaleone della politica e non nutro fiducia per nessuno di loro, sia esso tribuno della plebe o affiliato della Cupola. Però vi dico, a questo punto perché tenere ancora in vita la democrazia, pur nella forma ipocrita di democrazia delegata o parlamentare? Perché non dichiarare ormai superata quella fase chiamata della sovranità popolare e libero voto in libero Stato? Non vediamo che o vincono i suddetti emissari della Cupola o la democrazia corre gravi pericoli, e martellanti campagne già si attrezzano per demolire in partenza governi con Meloni indigesti? E allora anziché cominciare prima con le campagne, poi con le intimidazioni, quindi con le minacce internazionali, gli assalti giudiziari e i ricatti economici, e infine boicottare i governi non allineati alla Cappa, perché non dichiarare ufficialmente che siamo nell’era delle oligarchie e dei governi calati dall’alto? Perché inventarsi un’emergenza dopo l’altra se possiamo più lealmente dichiarare che siamo passati a un’altra forma di governo e non sono più ammesse defezioni da parte del popolo sovrano alla linea imposta dai Grandi Poteri che contano? Avete anche un magnifico alibi a vostra portata, l’esempio disastroso dei grillini al governo e in parlamento, e dunque potete ben dire: vedete dove porta e come finisce il populismo e il voto sovrano?
Allora dichiarate che abbiamo eterno e infinito bisogno dei Draghi come dei Mattarella, e quel bisogno si abbrevia semplicemente in bis. Bene bravi bis, for ever. L’Italia senza di loro è una terra abitata solo da cinghiali, da incapaci e da dementi: per fortuna che abbiamo loro, Drag Queen e King Mattarel, i nostri sovrani a vita, come la Regina Elisabetta, ma loro non si sono limitati a regnare, come lei, ma sottogovernano con i poteri conferiti dalla Cupola internazionale. Mario per sempre, con Papa Sergio. Poi è arrivata la ventata di pazzia e ci siamo ritrovati, ma guarda un po’, in una situazione analoga a quella della Gran Bretagna: senza un governo in piena guerra, ancora in pandemia, in grave crisi economica ed energetica. Ma se cade Johnson eletto dal popolo sovrano è cosa buona e giusta, se cade Draghi, non eletto, è una tragedia. Salvo colpi di coda, si andrà a votare nel primo autunno. Torna malconcio e in vesti grottesche quel mostro chiamato democrazia, o perlomeno un suo parente o sosia.

MV