Il dormiveglia di Sant’Agostino…

 

“Così il bagaglio del secolo mi opprimeva piacevolmente, come capita nei sogni. I miei pensieri, le riflessioni su di te somigliavano agli sforzi di un uomo, che malgrado l’intenzione di svegliarsi viene di nuovo sopraffatto dal gorgo profondo del sopore. E come nessuno vuole dormire sempre e tutti ragionevolmente preferiscono al sonno la veglia, eppure spesso, quando un torpore greve pervade le membra, si ritarda il momento di scuotersi il sonno di dosso e, per quanto già dispiaccia, lo si assapora più volentieri, benché sia giunta l’ora di alzarsi; così ero io sì persuaso dalla convenienza di concedermi al tuo amore, anziché cedere alla mia passione; ma se l’uno mi piaceva e vinceva, l’altro mi attraeva e avvinceva”.

Questa metafora di Sant’Agostino, tratta dalle “Confessioni” (VIII, 12) è semplicemente meravigliosa. E’ il momento in cui il filosofo di Ippona , che ha deciso di dedicarsi a Dio ,solo a Lui, dopo le dissolutezze di ogni genere, che erano state la sua vita fino ad allora, deve decidere il momento del distacco. E’ convinto, non solo , perso in un innamoramento per il Signore, come non aveva provato, neanche per la donna che aveva amato di più. Tuttavia il distacco da un mondo che lo aveva soddisfatto fino ad allora è difficile. Qui lo paragona al momento del risveglio ,quando mente e cuore sono ancora nell’appannamento del sogno, da cui è difficile allontanarsi. Si vivono quei momenti di incertezza tra il risveglio e le la voglia di non farlo. Succede a tutti noi, poi ci accorgiamo che l’incertezza nella vita non è mai buona compagna. Il tempo fugge e molte occasioni perse non tornano più.

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E’ nell’incertezza l’habitat naturale della vita dell’uomo…

La nostra vita è un’opera d’arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l’arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare.

Dobbiamo tentare l’impossibile. E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe – di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all’altezza della sfida. L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane.

Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.

Zygmunt Bauman, da “L’arte della vita” .

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Incertezza? No, grazie …

 

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Terribile l’incertezza per me… mi fa star male mi crea un senso di angoscia che mi stordisce tra dubbi, speranze , illusioni… Amo la chiarezza, in qualunque rapporto, in qualunque frangente, mi piace la verità, la possibilità di valutarla e di accertarmi se posso affrontarla.. qualunque sia questa verità ed in modo particolare in un rapporto di amore dove posso anche amare per due… cosciente e felice di quello che faccio….
Quando si fugge o si rincorre, si deve sapere dove si va!!

                                                                                                                   Varazze, 17 agosto 1963

Mio amore…finalmente la tua voce, dopo onde e onde di silenzio; incredibile, proprio parole con la tua cadenza di tigre delle boscaglie di amore. Fra pochi giorni ti avrò. Non so più nulla; Questa assenza è stata piena di reticolati e di insidie, di velluti e di pugnali…il sangue ora non esiste nei suoi limiti. Curzia mia, ho bisogno di certezze, non di angoli bui, di molta vita: come te. Vieni nel mio cuore, come sempre, ti bacio, ti bacio….

                       Salvatore Quasimodo

Noi viviamo costantemente nell’incertezza e viviamo ogni giorno cercando di sfuggirla-

 

La nostra vita è un’opera d’arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l’arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l’impossibile. E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe – di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all’altezza della sfida. L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.

Zygmunt Bauman – L’arte della vita

 

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