Il diario…

 

Fin da piccola, dalle prime emozioni percepite come tali, ho sentito il bisogno che  non andassero perdute, mi piaceva conservare per il giorno dopo i fiorellini raccolti, oppure qualche pietruzza colorata.  Da che imparai a parlare con me stessa usando la penna, da che ho memoria, avevo sempre un quaderno, un’agenda con me. Iniziai senza avere un ordine cronologico, appoggiavo dei pensieri su spazi vuoti, a volte morivano là senza tante cerimonie, a volte i pensieri si arricchivano di ghirigori, di foglie, fiori, intrecci di volute e segni di matita, che prendevano forma attraverso sforzi di fantasia, a volte li trasformavo in piccole storie. Crescendo i quaderni furono agende e l’agenda divenne una specie di ordine temporale per quei pensieri arruffati di vento, di pioggia e di sole.  Poi le agende divennero panciute, inglobarono piccoli fogli, scontrini da conservare, ricordi sotto forma di biglietti da visita e ancora pensieri cerchiati, orari posticipati, frecce nervose tracciate su appuntamenti pesanti. Brani di testi, che mi avevano colpito, che sentivo miei e non volevo andassero perduti ,diventarono presto lo scheletro di questi miei pensieri indimenticabili, che alternavo con emozioni  particolari da appuntare per capirne i motivi e confrontarle. Andò avanti tanti anni e ancora oggi ho un’agenda con me, la sfoglio nelle sale d’attesa, nei momenti sospesi, nel tempo che aspetta di riempirsi d’altro. Dentro biglietti di cinema, ricette, lista di cose da fare, da comprare, da ricordare. Fogli piegati come segnalibri per ricordare qualcosa. A volte ci trovo in mezzo una penna dimenticata, a volte delle persone. E’ il fardello della mia vita, che mi porto appresso, un compagno piacevole nei momenti vuoti, fuori casa, quando non uso il PC per aiutare le mani stanche, anchilosate, che faticano a scrivere a mano, ma  che, ancora devono annotare pensieri, brani, ed emozioni  qui.

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Autunno, bellezza ed emozioni…

 

L’autunno è una stagione che evoca molte emozioni. Mentre i colori caldi delle foglie cadenti creano un’atmosfera accogliente, il cambiamento della natura e il declino della luce del giorno possono anche suscitare sentimenti di malinconia. Tuttavia, nonostante la sua tristezza, l’autunno è anche una stagione di speranza e di nuovi inizi. Il romanticismo dell’autunno risiede nella sua bellezza malinconica. Le foglie che cadono lentamente dagli alberi, il vento che soffia freddo e la luce del giorno che si accorcia creano un’atmosfera di nostalgia e riflessione. Questa stagione ci invita a rallentare e a riflettere sulla vita, sui suoi alti e bassi, sulle sue gioie e le sue tristezze. Inoltre, l’autunno è una stagione di transizione. Mentre la natura si prepara per l’inverno, noi possiamo fare lo stesso. Possiamo lasciarci alle spalle ciò che non ci serve più e prepararci per nuove opportunità. L’autunno ci ricorda che la vita è un ciclo continuo di cambiamenti e che dobbiamo essere pronti ad affrontarli. In conclusione, l’autunno è una stagione malinconica ma anche piena di speranza. Ci invita a rallentare e a riflettere sulla vita, ma anche a prepararci per nuovi inizi. Nonostante i suoi colori caldi e accoglienti, ci ricorda che la vita è fatta di alti e bassi, ma che possiamo sempre trovare la bellezza in ogni stagione, aiutandola nella creazione di quella circolarità, dove fine e inizio coincidono ed evolvono nelle nostre percezioni del tempo che passa, mentre la sua staticità è immutabile. Per esempio, le foglie che cadono lentamente dagli alberi e il vento che soffia freddo possono creare un’atmosfera di nostalgia. Vediamo nelle foglie disperse nel vento, l’allontanarsi della giovinezza, gli anni della maturità scolorire nelle felicità perdute, gli ultimi sogni  spegnersi nelle ultime stelle cadenti d’agosto. E si fa strada l’inverno, bianco di neve e canizie, ricoperto di merletti nelle gelide mattine in cui il cielo lascia vedere nel suo fondo tutta il calore coccoloso degli amori   accanto al fuoco, col suo profumo di  cenere, di caldarroste , l’amore che si fa tenerezza, la voglia di un futuro semplicemente trasparente sulla vita trascorsa e ricca ancora di poesia, sempre uguale,  ieri, come oggi e  come domani nell’eternità-

 

L’intimo ai giorni nostri.

L’intimo è ciò che si nega al pubblico per concederlo solo a chi si vuol far entrare nel proprio segreto profondo. Il pudore, che difende la nostra intimità, difende anche la nostra libertà. Non è una faccenda di vesti, sottovesti o abbigliamento intimo, ma una sorta di vigilanza, dove si decide il grado di apertura e di chiusura verso l’altro.

Ma contro tutto ciò soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione della propria intimità, perché in una società consumista, dove le merci per essere prese in considerazione devono essere pubblicizzate, si propaga un costume che contagia anche il comportamento degli uomini, i quali hanno la sensazione di esistere solo se si mettono in mostra. Conformismo e consumismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che per comodità chiamiamo “spudoratezza”, con riferimento non tanto a uno scenario sessuale, quanto al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l’interiorità dall’esteriorità, la parte “privata”, “intima” di ciascuno di noi dalla sua esposizione e pubblicizzazione.

Ciò produce una metamorfosi dell’individuo che ormai si riconosce solo nella propria immagine, e perciò non cerca più se stesso. I nostri vissuti emotivi, che abitavano il segreto della nostra interiorità, dove domina il raccoglimento e il silenzio, ma forse anche la solitudine, le parole di preghiera, le parole d’amore, le parole d’amicizia, le parole di rabbia, le parole umane, hanno dovuto esteriorizzarsi come la pelle rovesciata di un serpente.

Umberto Galimberti, Il libro delle emozioni.

 

intimo

Vivo di sentimenti , nati dalle emozioni. Per questo vivo tra serenità e inquietudini della realtà quotidiana

 

Sono una persona emotiva
che comprende la vita
solo poeticamente,
musicalmente,
nella quale i sentimenti
sono molto più forti
di qualsiasi ragione.
Sono così assetata
di meraviglia
che solo lo straordinario
ha potere di su me.
Tutto ciò che
non riesco a trasformare
in qualcosa di straordinario,
lo lascio andare.
La realtà
non m’impressiona.
Credo solamente
nell’ebbrezza, nell’estasi,
e quando
la vita ordinaria
mi vincola fuggo,
in un modo o in un altro.

Anais Nin

 

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Un pomeriggio d’agosto all’ombra delle nostre querce..

 

Sarà anche stupido,ma bello e piacevole pensare cose di un uomo che non potrà mai sapere. Eppure sento che il cuore batte in modo diverso, anche se è un non sense-
Essere certa che non lo saprà mai e nulla si realizzerà ma chi l’ha detto che sognare fa male , che le illusioni sono negative ? Voglio cullarmi in questa illusione come fosse un mare , il piu incredibilmente colorato, un mare che sarà solo mio, il mio mare. Aspetterò ogni onda, mi lascerò travolgere e portare lontano da ogni riva, vivrò in sordina il trambusto del mio cuore,che mi accompagnerà e farà parte di me come il caldo, come la luce degli occhi, come l’emozione di un innamoramento mai sopito, che mi scuote ancora anima e corpo, mentre ritrovo il tuo sguardo e il tuo sorriso là, in quella nuvola all’orizzonte, pronta a tuffarsi nel mio mare.

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Ritorno al Sud

Mattino lucente a Capri, ancora fresco e disabitato di gente, dominato dalla luce mediterranea. Perché non fuggire a Punta Tragara a godersi i faraglioni inondati dal sole? Un libro, una penna e due lenti scure per entrare nel paradiso terrestre in incognito, senza restare abbagliati. Era bello star soli a Punta Tragara a spiare il trionfo della natura nell’azzurra maestà del cielo. Ma ad un certo punto arrivò una piccola sagoma.

Era una vecchia signora, curvata dalla vita, capelli rifatti da una residua vanità che ancora resiste all’assedio del tempo, una borsetta sgualcita che penzolava dal braccio, due gambette magre che spuntavano da un impermeabile vuotato di corpo. Piccola e ancora più rimpicciolita dagli anni. Giunse lentamente all’angolo estremo che sporgeva sul mare. Si affacciò alla ringhiera di Punta Tragara in direzione dei faraglioni. Si poggiò con entrambe le mani insecchite alla ringhiera che le arrivava quasi all’altezza delle spalle. E stette lì ferma, non per un attimo o per riprendere fiato. Si fermò a lungo come impietrita, ogni tanto cercava di puntare i piedi come una bambina che vuole raggiungere la credenza proibita delle delizie e guardava di sotto, nel precipizio gioioso.

In silenzio guardava e pensava, mentre la brezza leggera scuoteva appena la sua permanente. Il suo sguardo non filtrava dalle lenti spesse e leggermente affumicate, non saprei dire se la smorfia appena accennata sul volto alludesse a un dolore o a un piacere. A volte è sottile il passaggio e forte la somiglianza. Chiusi il libro e stetti a guardarla, con tenera e incuriosita passione. Immaginai di che cose fosse riempito il suo lungo silenzio, il suo miope ma lunghissimo sguardo. Mi intrufolai nel suo passato presunto e remoto. E trovai una ragazza, piccola e graziosa, di vent’anni. Spumeggiante di vita, dal passo veloce. La vidi là, poggiata alla ringhiera in una mattina degli anni trenta. Non da sola. Ma in compagnia di un uomo più alto, abbronzato, vestito di bianco, con i larghi pantaloni di lino gonfiati dal vento, i capelli dorati e ondulati, i sandali, che la stringeva e poi la baciava. Un uomo perduto nei flutti del tempo.

Ho immaginato il suo passato, le sue onde, i suoi vent’anni leggeri come la brezza di quel mattino di ottobre. La sua prima fuga a Capri con quel giovane che non c’è più, che forse diventò suo marito. E divise con lui il grigiore degli anni maturi, e poi il suo nero congedo. O forse no, quel giovane sparì insieme ai suoi vent’anni, fu un amore spezzato o sparito. Forse è la stessa cosa, sposarsi o sparire, quel giovane non è più quello in nessuno dei due casi. Ma quella mattina a Capri sorridevano e si sentivano stregati dalla magìa di quell’aura, legati in eterno – che poi dura un istante – dalla luminosa bellezza del luogo e dalla solare passione che li univa.

La piccola donna era lì a visitare il suo paradiso perduto, a portare un fiore alla vita. Pensò la vita che finisce lungo la bianca scia di uno scafo. La piccola donna estrasse dalla borsetta un fazzoletto. Lo tenne in mano come se volesse salutare una barca che non c’era. Poi lo accostò al naso senza soffiare. E riprese il suo lungo, immobile congedo dai tesori della sua vita, sporgendo ogni tanto la testa in basso come se fosse caduto là il suo passato, come un orecchino staccatosi dal suo lobo e finito nel goloso blu del mare.

La perla tornò all’ostrica nel cobalto lucente della memoria…

MV, Ritorno a sud (2

capri1

Faccio l’amore con un fantasma… e so che sei tu!

Lenzuolo di sopra.

Piegato con cura mi sono sistemato
tra la biancheria dell’armadio

Hai tirato fuori le lenzuola del tuo letto
e mi hai messo come lenzuolo di sopra

Sei scivolata sotto il copriletto
e ti ho coperta centimetro per centimetro

Allora siamo stati spazzati  dall’uragano
e siamo caduti ansimando  nell’occhio  del ciclone

Adesso giaci bagnata di sudore
con lo sguardo perso nel cielo raso

e il lenzuolo di sopra
ancora aggrovigliato tra le gambe

Oscar Hanh

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