Bentornati Maestri…

 

 

Torna la storia, torna la geografia, torna l’Italia, torna il latino nelle scuole italiane. Insomma torna un’idea di civiltà, di cultura e di educazione umanistica nella scuola italiana; non solo istruzione, formazione, tecnologia e attualità. È questo il succo dell’annuncio del ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Valditara, e non possiamo che essere d’accordo con le intenzioni del ministro e dei suoi esperti. E speriamo che i fatti siano all’altezza delle intenzioni.

La storia, è verissimo, è necessaria per formare cittadini “consapevoli e responsabili” e la rimozione della memoria storica nel nostro paese (con la sola eccezione di fascismo, razzismo e antifascismo, come se il mondo fosse nato con la seconda guerra mondiale) è una perdita incommensurabile per ogni paese. Ma ancor più per il nostro paese che sulla grande tradizione civile, umanistica, linguistica e storica ha fondato la sua ricchezza e il suo primato mondiale. Giusto anche il criterio della prossimità territoriale: è giusto che la storia e la cultura italiana vengano prima di quelle internazionali, ed è giusto che la storia europea e occidentale abbia la precedenza sulla storia del mondo e del terzo mondo, verso cui propende una certa ideologia dell’inclusione, dell’accoglienza e dell’amore per il lontano, con l’ignoranza e l’indifferenza per tutto ciò che è a noi più vicino. È un criterio che vale per la storia come per la geografia, per il pensiero come per l’arte e la musica, giustamente potenziata nelle intenzioni della riforma, per un paese così versato nel canto e nell’opera.

Il tema di fondo da affrontare è il ruolo della scuola nella società presente: la scuola non deve andare a rimorchio di quel che fa tendenza oggi; la sua missione e la sua ricchezza è quella di dare ai ragazzi una visione generale, una chiave di lettura, un sapere critico che consenta poi di governare e cavalcare i flussi della nostra via moderna. Non un sapere contro la società, ma un sapere come contrappeso che bilanci una società interamente schiacciata sulla tecnica, sul web, sull’economia e sulla finanza. La scuola, arrivai a dire in passato, deve seguire la lezione di Dante, che elogiava il suo maestro Brunetto Latini perché “Voi m’insegnavate come l’uom s’etterna”. Ovvero la scuola, soprattutto i licei, deve fornire al ragazzo le chiavi per abitare altri mondi oltre il presente: il passato, il futuro, la cultura, il senso dell’eterno, ovvero ciò che non passa, è permanente. Deve insegnare cioè a una società interamente presa dalla connessione on line, anche la connessione verticale, con le epoche e le generazioni passate e con quelle che verranno.

In una parola, la scuola deve riprendere il senso dell’eredità, il rispetto e la lezione dei maestri, degli autori e delle autorità, il dialogo con le altre epoche, premesse indispensabile anche a dialogare con le altre società e con gli altri mondi presenti. Lo dico anche da autore di un libro, Senza eredi che è incentrato proprio sulla denuncia di un’epoca che cancella eredità, maestri e memoria storica. A partire dai classici e dallo studio del latino, che si riaffaccia seppure in chiave facoltativa – come era ai miei tempi – anche nella scuola media dell’obbligo. Riconciliamoci con la nostra lingua madre e con la civiltà da cui proveniamo. Verrà incoraggiata, apprendo, anche la lettura della Bibbia, le poesia a memoria, i testi epici della letteratura classica. E di questo dobbiamo esser grati anche ai tanti esperti che hanno sostenuto queste tesi e al ministro che non ha avuto il timore di sostenerle. Non abbiamo risparmiato critiche e perplessità in passato a Valditara, non amiamo i cedimenti, le compiacenze e le piacionerie di chi crede di salvarsi assecondando la demagogia e l’egemonia ancora imperante; ma quando una cosa ci sembra giusta, coraggiosa e pertinente, anzi necessaria, e quando ci pare che giovi alla scuola, agli studenti e anche ai docenti, ripristinando il ruolo, la missione e la dignità della scuola, mi pare che vada sostenuta senza indugi. Poi, certo, quando dovrà calarsi nella realtà vedremo come si riuscirà a farlo, con quale personale, con quali reazioni, con tutti i dubbi che abbiamo su larga parte dei docenti, e nel clima d’epoca con la pressione ideologica e mediatica che scatterà per annacquare, boicottare o avvelenare i propositi. Intanto, siamo soddisfatti per gli annunci, per le intenzioni e per la visione che li ispira.

Un tempo gli studenti contestavano la scuola voluta dai governi del centro-destra perché ritenevano che fosse succuba di un’idea “berlusconiana” di succursale dell’impresa, subalterna al commercio e al mercato; ricordate le polemiche contro le fatidiche tre i, impresa, internet e inglese. Anch’io ho più volte detto che i ragazzi lo spirito d’impresa, la capacità di usare il computer e di imparare l’inglese li apprendono più dalla vita, dall’esperienza reale di ogni giorno, insomma imparano più sul campo che nella grottesca, tardiva e impacciata caricatura scolastica, ad opera peraltro di un personale non attrezzato per quei tre compiti. La scuola non deve inseguire il mondo, l’attualità, le utilità più effimere, soprattutto in una società fondata sul commercio, i consumi, le performance tecnologiche; refrattaria al sapere umanistico, che reputa inutile e obsoleto. Ma, vedrete, ora contesteranno a Valditara l’esatto contrario di quel che contestavano ai governi Berlusconi e al ministro Letizia Moratti: di riportare la scuola al passato, a un versione reazionaria, nazionalista, anzi suprematista, tardo-umanistica, provinciale e italocentrica.

L’ignoranza avanza, la barbarie corrode ogni giorno pezzi di società, di scuola e di vita, l’incuria prevale e si fa menefreghismo più accidia. I prof diventano istruttori e intrattenitori, a volte le classi sono affollate d’insegnanti di sostegno, come in un suk di avventori, balie e animatori. Cercare di risalire la corrente, avere il coraggio di invertire la discesa, perlomeno provarci, è finalmente un buon segno di vita e di intelligenza. Bentornati maestri, docenti, anzi insegnanti, cioè persone che lasciano un segno.

Marcello Veneziani

Il latino non sia opzionale, ma obbligatorio. La saggezza non può essere facoltativa…

 

La scuola per essere davvero utile basterebbe che instillasse nei fanciulli una manciata di frasi, detti, versi dei nostri maggiori. “De gustibus”, “Homo homini lupus”, “Nulla dies sine linea” e la mia preferita: “Est modus in rebus”.

Opzionale il latino? Sia obbligatorio invece. Il ministro Valditara reintroduce la possibilità del latino alle medie (ammesso si chiamino medie) ma la saggezza non può essere facoltativa. Leggendo Cicerone, Orazio, Seneca si impara niente meno che a vivere, e gratis, e forse perfino con diletto estetico. La scuola per essere davvero utile basterebbe che instillasse nei fanciulli una manciata di frasi, detti, versi dei nostri maggiori. “De gustibus”: per capire che non va bene accapigliarsi su opinioni e visioni, e va malissimo imporre le proprie e vietare le altrui. “Homo homini lupus”: per evitare un bel po’ di truffe finanziarie, informatiche, romantiche. “Nulla dies sine linea”: per sapere che nella vita, nello studio e nel lavoro, la costanza non è tutto ma è tanto. Potrei andare avanti a lungo ma concludo con la mia frase latina preferita che ovviamente è oraziana. “Est modus in rebus”: per convincersi che si può fare tutto a condizione di avere misura e stile in tutto. Che poi questa sapienza antica ed eterna farebbe gioco anche ai grandicelli: di latino si organizzino corsi di recupero per adulti.

Camillo Langone        

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“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a difendere”, così evidenzi…

 

Crepet, genitori ed insegnanti devono rieducare alla creatività, alla gioia, alla felicità: “Alla fine, non credo sia ancora tempo di arrendersi, soprattutto se si è giovani. Bisogna avere coraggio…
“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a difendere”, così evidenzi…

In un mondo in cui tutto sembra avere un prezzo e dove occorre sempre ostentare per poter vivere serenamente, in un mondo in cui è più importante l’apparire che l’essere, diventa sempre più difficile soffermarsi e riflettere su delle tematiche rilevanti, pertinenti alla nostra persona, al nostro animo, ma soprattutto alla nostra felicità.A tal fine Paolo Crepet, nel suo libro “Mordere il cielo”, pone l’accento proprio su tale aspetto. Lo psichiatra coglie l’occasione per rammentarci quando negli anni Settanta sul mercato farmaceutico fu inserito il Prozac, la cd “pillola della felicità”.Il principio farmacologico su cui si basava il Prozac era la fluoxetina: una molecola utile per combattere la depressione, l’ansia, attacchi di panico ma anche bulimia o condotte suicidarie. Si arrivò così ad una “commercializzazione del benessere”: l’idea di non aver più bisogno di un percorso con uno psicoterapeuta, lungo e costoso, e di poter vivere serenamente, raggiungere un proprio equilibrio psicofisico senza alcuno sforzo e senza alcuna perdita di tempo, cominciò a diventare predominante. Ciò che lascia basiti è come in poco tempo si diffuse la convinzione che bastasse una pillola per risolvere qualsiasi tipo di problema, era sufficiente solo un piccolo sforzo per preservare la salute e combattere le patologie che attanagliavano l’animo. Con il passare del tempo però questa “illusione” cominciò a svanire: gli effetti collaterali verificatisi ed un uso sconsiderato da parte dei giovanissimi creò un grande disorientamento.  L’aspetto più drammatico che iniziò a delinearsi fu proprio quello dell’utilizzo del farmaco, un antidepressivo, per poter curare disturbi alimentari, come la bulimia, nella convinzione, sviluppatasi fra migliaia di adolescenti, che ci si potesse “curare” solo con una pillola, senza sforzo, fatica e soprattutto senza alcuna responsabilità.

“L’aspetto è identità”, come sottolinea Crepet e ben presto ebbe ancora più successo e venne maggiormente utilizzato un farmaco nato originariamente per curare il diabete di tipo 2, l’Ozempic. Tale farmaco veniva utilizzato non solo per contrastare l’obesità ma anche un leggero sovrappeso, così da poter dimagrire velocemente. Si diffuse, infatti, la necessità di curare il proprio corpo, l’aspetto esteriore di una persona, si giunse ad una sorta di “terapia cosmetica”: la cura di se stessi non doveva determinare alcun aggravio, pena o preoccupazione. Attraverso la “pillola della felicità” ci si poteva deresponsabilizzare e pensare che una mera cura farmacologica potesse risolvere qualsiasi problema dell’animo: occorre essere perfetti esteticamente, il nostro corpo deve essere perfetto a tutti i costi, mentre si trascura l’aspetto interiore, quello psicologico. “La ricerca della felicità riposa nello stereotipo di un corpo che esige perfezione”, così sottolinea lo psichiatra Crepet.

Le nuove generazioni sembrano non fidarsi più del futuro, sembrano aver perso qualsiasi tipo di ambizione, aspirazione, desiderio ed allora ecco il ruolo fondamentale dei genitori e degli insegnanti: occorre rieducare alla creatività, alla gioia, alla felicità, occorre qualcuno che ci insegni a guardare il mondo dalla giusta prospettiva, con occhi disincantati, stupendoci, giorno dopo giorno, delle cose più semplici che però ci riempiono di felicità e di amore. La vita è davvero bellissima ed ognuno di noi ha diritto di viverla a colori, con le sue sfumature, godendosi quell’arcobaleno che contraddistingue la propria esistenza: ci saranno sicuramente giornate in cui potremmo anche intravedere alcune sfumature di grigio ma ce ne saranno altrettante in cui la felicità riuscirà a colorare la nostra vita e a renderla unica e speciale. “Alla fine, non credo sia ancora tempo di arrendersi, soprattutto se si è giovani. Bisogna rovesciare l’evidenza, sciogliere gli spasmi delle visioni più egoistiche, preparare le valigie per il viaggio verso le idee più impronunciabili. Non c’è differenza e non c’è giudizio”, queste le parole significative e pieno di pathos di Crepet. Ciò che occorre comprendere è che “il bello è riuscire a essere imprevedibili anche nella prevedibilità”.

Bisogna avere il coraggio di scombinare le cose del mondo.“Sognare è il primo dovere che un uomo e una donna gentili dovrebbero imparare a declinare, e a difendere”, così evidenzia il sociologo Paolo Crepet. Le nuove generazioni devono ricominciare a sognare, devono appassionarsi alla vita, vivendo ogni attimo intensamente, senza pause, interruzioni, soste: bisogna custodire gelosamente le proprie ambizioni ed i propri sogni perché solo vivendo appassionatamente, senza mai fermarsi, si potranno perseguire le proprie mete e raggiungere i risultati sperati. Non c’è tempo per omologarsi, per vivere anestetizzando le proprie emozioni, non c’è tempo per la noia e per l’ovvietà: bisogna vivere intensamente, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni, portando avanti le proprie idee e convinzioni, senza ricercare mai il consenso di qualcun altro.

da__ A Scuola Oggi

 

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Se la scuola insegna la bellezza di vivere.

 

C’era una volta a scuola il precetto pasquale. L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Pasqua le scuole coi loro docenti portavano i ragazzi in Chiesa per farsi la confessione e la comunione. Non era la preistoria, questa pratica era in uso nella scuola media unificata nel fatidico ’68. Poi la scuola si è evoluta, si è emancipata, non ha più precettato i ragazzi ad andare in Chiesa per la Santa Pasqua. Adesso, come sapete, indurre i bambini a pregare in classe è compiere atti osceni in luogo pubblico, corruzione, plagio e abuso di minori, istigazione alla prostituzione religiosa. Perché non si può spiegare diversamente la punizione di venti giorni d’allontanamento dalla scuola, con relativa decurtazione dello stipendio, per quell’insegnante sarda, Marisa Francescangeli che aveva recitato in classe un Ave Maria e un Pater noster con i suoi allievi, nei giorni che precedono la Pasqua. Con l’aggravante di aver fabbricato armi pericolose in classe, come il rosario. La maestra delinquente e corruttrice pensava di non aver fatto nulla di male, e tuttavia si era scusata con due mamme che avevano protestato per l’orrendo plagio dei loro bambini. Ma ciononostante, il preside, seguendo la protesta delle due inflessibili mamme, addette alla vigilanza democratica, l’ha punita come meritava… La nuova bestemmia in aula è nominare Dio e la Madonna, la nuova pornografia da punire è la preghiera in classe, perché offenderebbe i laici, i non credenti, i credenti in altre religioni e perché violenterebbe i minori, istigandoli alla fede e al rispetto delle tradizioni religiose. Che perversione, una porcheria… Se per sventura e superstizione sei credente, tieniti la fede per te, non esibirla, non contagiarla. Quel che un tempo si applicava alla sfera sessuale oggi si applica alla religione: puoi esibire le tue preferenze sessuali e anche praticarle in pubblico; devi invece nascondere la tua fede, praticarla in bagno, come un deplorevole onanismo, e comunque mai sotto gli occhi altrui, soprattutto se minori. Vai nelle catacombe, se proprio ti scappa di pregare.
Siccome siamo appena  poco dopo Pasqua, anziché indignarmi, vorrei vedere il lato positivo della vicenda, il bicchiere mezzo pieno: l’iniziativa di quell’insegnante e la solidarietà che poi ha avuto da molti genitori degli altri bambini, che non hanno ravvisato nulla di losco e di negativo nella preghiera in classe. E la convinzione che se si facesse un sondaggio tra la gente, nonostante il pressing ideologico intimidatorio, la maggioranza sarebbe con l’insegnante e non col picchetto cristofobico.
Ma a rendere migliore la Pasqua c’è anche l’esempio di un’altra insegnante. Un esempio laico, stavolta. Una maestra di Firenze, Morgana d’Ascenzo, nella scuola elementare Vittorio Veneto, nell’ultimo giorno di scuola prima delle festività pasquali, ha dato come compito per le vacanze ai bambini una lista lunghissima scritta a mano con bella grafia. Ha prescritto i seguenti compiti: “divertirsi e giocare, stare con le famiglie, approfondire le conoscenze delle tradizioni pasquali, fare qualcosa di bello e gentile, leggere libri e fumetti, cercare uova e mangiarne tante, osservare la bellezza del cielo e della natura, alzando di tanto in tanto gli occhi con profondo stupore; cantare e ascoltare musica, ricordarsi di dire spesso grazie e tante parole gentili: non abbiate mai paura di essere banali”. Ma questa non è la scuola, è la vita, direte voi. E se siete un po’ avanti negli anni riterrete che è un po’ la scoperta dell’acqua calda, sono ovvietà che non hanno bisogno di insegnanti e soprattutto di essere considerate come compiti a casa. Ma non avete fatto i conti, come invece li ha fatti la Maestra Morgana, con il presente. Alcune cose che ci sembrano scontate e naturali, non lo sono più affatto. Provate a far alzare gli occhi dagli smartphone e dai giochini ai bambini, provate a farli leggere, a contemplare la bellezza della natura, a guardare il cielo, a provare stupore, a conoscere addirittura le tradizioni religiose, a cantare, a essere grati e gentili, e ad apprezzare le cose che vi sembrano automatiche, di default, direbbero i ragazzini più grandi. Insomma, provate a farli rientrare nella realtà, a dare valore alle cose semplici e belle di ogni giorno, a cercare e mangiarsi un uovo di gallina. E’ un invito a riprendere l’ordinario gusto della vita, consono all’età di un bambino e alle sua curiosità. A capire il senso della bellezza, fare comunità, essere felici in famiglia, riconoscere il mondo della natura e non solo quello della tecnologia. A smanettare sui telefonini sono bravi tutti, i bambini; provate a riportarli alla natura, alle galline, al cielo e alla terra, ai legami veri, alla storia del passato, alla storia sacra e alle sue tradizioni. Una lezione di ritorno alla realtà, alla natura e alla vita vera. Quella vista a occhio nudo, a mente viva, a cuore aperto, con l’olfatto, il gusto e i sensi naturali di cui disponiamo e che rischiamo di atrofizzare nel giro di una o due generazioni.
Anche qui c’è qualcosa di offensivo verso la modernità e le minoranze? C’è razzismo, omofobia, discriminazione religiosa, oscurantismo? Si può amare la propria famiglia, anche se è composta da mamma e babbo, fratello e sorella, nonno e nonna, e perfino zie e zii? Il profumo della realtà, l’odore delle cose semplici e vere, da che mondo è mondo…Non ha fatto nulla di epico, di eroico, di sorprendente la Maestra Morgana, stavo per dire la Fata Morgana. Ha semplicemente detto ai suoi alunni di riprendere il loro mestiere di bambini. Che è il più bello, e il più difficile. Perché tocca loro capire la vita, conoscere chi sei, da dove vieni, cos’è il mondo che ti circonda, e vivere di conseguenza, dicendo grazie e sorridendo gentilmente a chi ti vuole bene, o anche a chi hai appena conosciuto. La vita è una sorpresa, bambini, e non sta dentro un uovo di cioccolata.

MV