Napoli: la dominazione bizantina e la parentesi gotica

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Nel trapasso dal paganesimo al cri­stianesimo e dal potere degli imperatori al potere politico dei pontefici, si viene operando una profonda trasformazione degli organismi sociali e delle coscien­ze dei cittadini. Il Medioevo, dunque, non è più un periodo di involuzione e di decadenza, ma di evoluzione, sia pure lenta e faticosa, verso le conce­zioni moderne dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Napoli cessa di essere la città del pia­cere, il delizioso giardino degli ozi dei romani, e viene facendosi, a poco a po­co, una coscienza nuova, che si mani­festa in una più virile volontà di lavoro, sotto lo stimolo di una forte colonia di ebrei. S’incrementano industrie e commerci specie con l’Oriente; si intensi­fica la coltivazione della terra e la popolazione sale rapidamente fino a sfiorare a metà del VII secolo i 40.000 abitanti.
Né, per questo, si trascura la cultu­ra, che, se non è più quella del tempo aureo della Napoli greco-romana, è te­nuta su dai monaci basiliani, uno dei cui abati, Eugipio, è elogiato da Cassiodoro per la profonda conoscenza della letteratura classica e di quella cristiana.
La trasformazione fu lenta ma radi­cale. E agì in tutti i campi, dalla reli­gione alla cultura, dalla politica all’arte, dagli ordinamenti amministrativi alla morale e alle strutture sociali.
I bizantini mantennero, per un certo tempo, le istituzioni romane: non per nulla, infatti, gli imperatori d’Oriente e, segnatamente, Giustiniano, si consi­deravano gli eredi e i continuatori di Roma e miravano alla riunificazione del­l’Impero, riconquistandone l’Occidente. A Napoli furono preceduti dai Goti che per il breve tempo del loro do­minio, e per il timore delle continue minacce dei Longobardi, non avevano potuto metter mano a nulla: (per tutto il secolo VI, d’altronde, le dominazioni si succedettero assai rapidamente e caoticamente, perché qualcuna di esse avesse potuto imprimere il proprio se­gno all’assetto della città).

Sulla fine del VI secolo, incombeva­no sui napoletani i pericoli e le mi­nacce dei Longobardi, che allargavano sempre più la loro espansione in Italia. Da Benevento, essi puntavano diretta­mente verso il Tirreno, considerato sbocco naturale della loro potenza. Nel 581 assediarono Napoli con esito nega­tivo. Il loro impeto si infranse contro le possenti mura della città che i Bizan­tini avevano avuto fretta di ricostruire, dopo la distruzione operata da Teia. In­sisterono, però, nell’impresa; e, nel
592, Arechi di Benevento e Ariulfo di Spoleto, mossero di nuovo all’assalto e, forse, dato lo scarso presidio bizantino che difendeva la città, questa volta sa­rebbero riusciti a impadronirsene, se papa Gregorio I, sostituendosi all’iner­te Esarca, non avesse inviato a Napoli il tribuno Costanze ad organizzarvi la resistenza del popolo.
Un terzo tentativo, nel 599, fallì an­ch’esso. L’intervento di Gregorio I eb­be un effetto salutare sullo spirito dei napoletani. Diede loro la coscienza di valere, sol che ne avessero la volontà, a provvedere da soli alla difesa della loro città e della loro libertà, rintuz­zando l’offesa di qualsiasi nemico anche potente. Tutti i campani, che si sentiva­no minacciati nei loro paesi dai Longo­bardi, si rifugiarono a Napoli sicuri di trovarvi valida protezione ed asilo sicu­ro. Non solo: ma, per la prima volta nel corso della loro storia, i napoletani si sentirono fieri e gelosi della loro indi­pendenza. Avendo, infatti, Gregorio I dimostrato di voler porre Napoli sotto lo scudo protettivo dello Stato della Chiesa, i napoletani gli si opposero fer­mamente. Nelle loro coscienze, fermen­tava già qualcosa di quello spirito, che, nel VII secolo, li rese capaci di scrivere la pagina più gloriosa della loro storia: quella del Ducato autonomo.

Napoli: la dominazione bizantina e la parentesi goticaultima modifica: 2021-02-24T14:20:07+01:00da masaniello455