5C L’antica Roma 2

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Terenzio, Andria

 Andria 52/157

SIMONE: Poi, o Sosia, dopo che egli uscì dall’adolescenza, appena che ebbe modo di vivere con maggiore libertà (infatti prima come avresti potuto conoscere o comprendere la (sua) indole quando l’impedivano l’età, la soggezione, il maestro?).

SOSIA: Così è; di quelle cose che fanno quasi tutti i giovani, (che) cioè rivolgono l’animo a qualche occupazione, o allevare i cavalli, o cani da caccia, o studiare i filosofi, egli nessuna ne coltivava in modo particolare più delle altre, ma alla buona tutte quante; e ne avevo piacere.

SO: Non a torto: perchè penso questo che sopra ogni cosa è utile nella vita che non (si faccia) alcuna cosa di troppo.

SI: Così era il suo sistema di vita: sopportare e tollerare tutti di buon animo; con chiunque si trovasse insieme accordarsi con essi, non contrario ad alcuno: rispettare le loro inclinazioni, mai mettendosi innanzi agli altri: sicchè facilmente ti guadagni stima senza (destare) invidia e ti procuri amici.

SO: Si era fatta una vita veramente saggia: invero al giorno d’oggi la condiscendenza procura amici, la sincerità odio.

SI: Intanto tre anni fa una donna emigrò da Andro (e venne a stare) qui nel vicinato, costretta dalla povertà e dalla trascuratezza dei parenti, di bell’aspetto e nel fiore dell’età.

SO: Ahi!, temo che la donna d’Andro non ci porti qualche malanno.

SI: Dapprima costei viveva onestamente, con privazioni e stenti, guadagnandosi la vita con il filar la lana e con il tessere la tela. Ma, dopo che le si mise intorno uno che l’amava offrendole un dono, uno e poi un altro, proprio com’è la natura umana proclive (a passare) dalla fatica al divertimento, (ella) accettò la proposta: e poi iniziò (a cercare) il guadagno. Quelli che allora la praticavano, per caso, come succede, vi condussero per forza mio figlio, perchè stesse insieme con loro. Ed io subito tra me: “E’ preso di sicuro: l’ha avuta”. La mattina osservavo i loro servi che venivano o andavano, (e) andavo chiedendo: “Ehi!, ragazzo, dimmi, se ti piace, chi mai ieri si trattenne con Criseide?”, infatti questo nome avea quella ragazza d’Andro.

SO: Capisco bene.

SI: Fedro o Clinia o Nicerato [allora quei tre insieme la praticavano] (dicevano): “Ebbene, che ha fatto Panfilo?”, “Che ha fatto? Ha pagato la (sua) quota (e) ha cenato”: io ne ero contento. Allo stesso modo mi informavo un altro giorno (e) venivo a sapere che proprio nulla si poteva attribuire a Panfilo. A dire il vero, lo credevo abbastanza provato ed un grande esempio di continenza; infatti chi si trova a contatto con caratteri di tale natura senza che tuttavia il suo animo si corrompa in tale pratica, puoi dire che da sè costui già è riuscito a trovare la regola della sua vita. Da una parte questo mi faceva piacere, dall’altra tutti ad una voce (ne) dicevano ogni bene e si compiacevano della mia sorte, perchè avevo un figlio fornito di tale carattere. Che bisogno c’è di parole? Cremete spinto da questa fama venne spontaneamente da me, per offrire in moglie a (mio) figlio con una grossa dote la sua unica figlia. (La proposta mi) piacque: detti la mia parola; questo è il giorno fissato per le nozze.

SO: Che cosa dunque si oppone perchè non si facciano?

SI: Sentirai. All’incirca nei pochi giorni nei quali queste cose furono fatte, Criside, questa (nostra) vicina, muore.

SO: Ben fatto! Mi hai consolato: temevo da Criside qualche danno.

SI: In quella casa allora (mio) figlio si trovava quasi sempre insieme con quelli che avevano praticato Criside: insieme (con questi ne) preparava il funerale: triste frattanto, di quando in quando prorompeva in singhiozzi. Ciò allora mi piacque. Così pensavo: “Questo (ragazzo), per affetto d’una relazione abbastanza breve, sopporta tanto intimamente l’amore di costei: che cosa (farebbe) se egli amasse (veramente)? Che cosa questo (ragazzo) farebbe per me (che sono suo) padre?”. Io credevo che tutte queste fossero manifestazioni di un’indole affettuosa e di un animo gentile. (Ma) perchè indugio con molte (parole)? Io stesso anche, per amore di lui, prendo parte al funerale, niente ancora sospettando di male.

SO: Ahi!, che cosa è questo (che vuoi dire)?

SI: Lo saprai. Si porta fuori il cadavere: ci muoviamo. In questo mentre tra le donne che là sono presenti scorgo per caso una fanciulla di aspetto…

SO: Bella, forse?

SI: …e di un volto, o Sosia, così modesto, così grazioso, che niente c’è di superiore. Quella allora mi parve che si lamentasse più delle altre: e poichè era d’aspetto dignitoso e nobile, più delle altre, mi accosto alle ancelle (che l’accompagnavano), domando chi sia. Mi dicono che è la sorella di Criside. (La notizia) subito mi colpì l’animo. Ah, ecco! Questo è quello (che non sapevo): di qui quelle lacrime, questa è (la causa) di quella (sua) afflizione.

SO: Quanto temo dove vada a finire!

SI: Intanto il corteo avanza; lo seguiamo; arriviamo alla tomba: (la morta) è posta sul rogo: si piange. Frattanto questa sorella che ho detto si avvicinò alla fiamma con molta imprudenza con (suo) grande pericolo. A questo punto Panfilo sbigottito rivela l’amore (suo che era) ben dissimulato e nascosto: accorre, afferra la fanciulla a mezza vita; dice: “O mia Glicera, che fai? Perchè vai a morte sicura?”. Allora lei, così che facilmente avresti potuto riconoscere un amore divenuto consuetudine, piangendo si abbandonò a lui più che affettuosamente.

SO: Che (mi) dici?

SI: Ritorno di là sdegnato e mal sopportando (la cosa); ma non (c’era) abbastanza ragione per rimproverarlo. (Mi) avrebbe detto: “Che cosa ho fatto? In che cosa ho mancato, o padre, o che cosa ho commesso di male? Trattenni (quella fanciulla) che volle gettarsi nelle fiamme: l’ho salvata”. Il ragionamento è (sarebbe) giusto.

SO: La pensi bene; infatti, se rimproveri colui che ha portato aiuto ad una vita (in pericolo) che cosa farai a quello che abbia recato danno o (fatto del) male?

SI: Il giorno dopo venne da me Cremete gridando che aveva scoperto un’azione indegna: (che cioè) Panfilo aveva come moglie codesta straniera. (Eccomi) io con ogni calore a smentire quel fatto: egli insiste nel (dire che è tale il) fatto. Alla fine allora mi separo così da lui come se dicesse di non dare più (sua) figlia.

SO: E allora tu non rimproverasti tuo figlio?

SI: Neppure questa (era) una ragione abbastanza forte perchè lo rimproverassi.

SO: Come? Di grazia.

SI: “Tu stesso, o padre, hai posto un termine a queste cose: prossimo è il tempo in cui io dovrò vivere secondo il volere altrui: pertanto lascia che ora io viva a mio modo”.

SO: Quale ragione di rimproverarlo allora è rimasta a te? SI: Se per causa d’un capriccio non vuole prender moglie, tale colpa da parte sua sarà da punirsi per prima.

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Andria 267/300

PANFILO: Chi mai parla qui? Ti saluto, Miside.

MISIDE: Oh, salve, Panfilo.

P: Che fa (Glicera)?

M: Me lo domandi? Spasima nei dolori (del parto) e per questo, poveretta, è in gran pena, perchè già le nozze furono stabilite per questo giorno. Ora teme questo, che tu l’abbandoni.

P: Io potrei pensare una simile cosa? Io permetterei che sia ingannata per causa mia quella poveretta che mi ha donato il suo cuore e tutta la sua vita? Che io ebbi per moglie cara al mio animo sopra ogni altra cosa, io permetterei che il suo cuore educato ed allevato al bene ed al pudore, costretto dal bisogno, si avesse a mutare? Non lo farò mai.

M: Non temerei se (ciò) fosse posto solo in te; ma temo che tu possa sopportare la violenza.

P: Mi credi dunque così indifferente, anzi così ingrato o disumano o crudele, che nè la lunga relazione nè l’amore nè il sentimento dell’onore mi commuovano nè mi consiglino a mantenere la fede data?

M: Questo solo io so: che costei si è ben meritata che tu sia memore di lei.

P: Che sia memore (di lei)? O Miside, Miside, ancora mi restan scritte nel cuore le parole che Criside mi disse riguardo a Glicera. (Ella) già quasi morente mi chiama; accorsi; voi eravate poco lontano, noi soli. Comincia: “O mio Panfilo, tu vedi la sua bellezza e la sua età; nè ti è nascosto quanto ora quelle sue (qualità) le siano pericolose per difendere l’onestà e le sostanze. Quindi per questa destra prego te ed il tuo genio, ti scongiuro per la tua lealtà e per l’abbandono di lei (in cui costei si trova) che tu non allontani nè rigetti costei da te. Se ti ho amato come un fratello germano, se lei fece sempre il massimo conto solo di te, se ti fu obbediente in tutte le cose, a costei ti dò come marito, come amico, tutore, padre: ti affido questi miei beni e li raccomando alla tua onestà”. Pone (la mano di) costei nella (mia) mano; subito dopo la morte la porta via. Io presi (quella mano): conserverò ciò che (da lei) ho accettato.

M: Così per lo meno spero.

P: Ma perchè ti allontani da lei?

M: Vado per la levatrice.

P: Fa’ presto. E… hai capito? Guardati dal dire una parola intorno alle nozze, perchè non si aggiunga alla malattia anche questa (disgrazia).

M: Starò attenta.

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Andria 796/819

CRITONE: (Mi) è stato detto che in questa piazza ha abitato Criside, colei che preferì procurarsi qui ricchezze disonestamente piuttosto che vivere povera ma onesta, nella sua patria. Per la sua morte quei (suoi) beni secondo la legge sono toccati a me. Ma vedo persone a cui potrò chieder notizie. Buongiorno.

MISIDE: Per gli dei, chi vedo! Non è costui Critone, bis-cugino di Criside? E’ lui.

C: Salute, o Miside.

M: Sii il benvenuto, o Critone.

C: E così… Criside… ma!

M: Ha gettato (in grande dolore), per Polluce, anche noi poverette.

C: E voi che (fate)? In qual modo qui (vivete)? (State) abbastanza bene?

M: Noi? Così e così. “Come si può”, dicono, quando non è lecito dire “Come vogliamo”.

C: Glicera che fa? Ha già trovato qui i suoi genitori?

M: Volessero gli dei! C: Non ancora dunque? Non con buoni auguri sono venuto qui (allora); perchè, per Polluce, se avessi saputo questo, mai avrei messo qui il piede. Sempre costei (Glicera) si disse che era sorella di quella (Criside), e (come tale) è stata considerata; (giustamente ora) possiede le cose che furono di quella. Ora, far liti io straniero, quanto codesto per me sia facile e utile lo dicono gli esempi degli altri. Nello stesso tempo penso che già lei abbia qualche amico e protettore: infatti partì di là già quasi grandicella. Mi chiamino pure imbroglione, che vado a caccia di eredità, pezzente: ebbene non mi piace privar di tutto costei.

DAVO: Oh, bravo, straniero!

M: Per Polluce, o Critone, conservi l’antico (carattere).

C: Conducimi da lei, poichè sono venuto qui, che la veda.

M: Volentieri.

D: Li seguirò: non voglio che mi veda il vecchio in questo momento

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5C L’antica Roma 2ultima modifica: 2022-10-16T10:53:45+02:00da masaniello455