6A Alle origini della camorra

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Cosa è la camorra?

Da “Treccani” – Enciclopedia Italiana – V App. 1991

La camorra è una forma criminale assimilabile alla mafia nei metodi e negli interessi, ma che nel passato ha avuto origini, caratteristiche, costumi diversi e del tutto autonomi. Fino a qualche decennio fa con il termine camorra si indicava quella particolare organizzazione criminale sorta a Napoli dalla plebe all’inizio dell’Ottocento.

Di questa setta, diffusasi poi nelle province di Napoli, Salerno e Caserta, non si hanno notizie prima del 1820, né il termine, prima di quella data, compare abbinato al significato di organizzazione criminale. L’unico dato che sembra farne risalire la nascita a un periodo anteriore è dato dal nome che la setta si diede, ”Bella società riformata”, che lascia intendere l’esistenza di un’organizzazione precedente, di cui quella dell’Ottocento sarebbe solo una continuazione con ”riforma”. La camorra nasce come ”setta segreta”. Nel suo statuto domina l’elemento solidaristico e di mutua assistenza. I riti di iniziazione, basati sull’obbedienza, sembrano ricalcare quelli della massoneria. La plebe napoletana era fuori da qualsiasi organizzazione economica e politica: un ”ceto senza rappresentanza”, che faceva sentire la sua opinione unicamente con le sommosse e le rivolte che ciclicamente segnavano la vita della città. La camorra fu dunque una specie di partito politico o di ”corporazione” della plebe napoletana, il ”partito dei violenti”. Questa setta, largamente studiata, ha proliferato con alterne vicende fino alla fine dell’Ottocento. Perciò se per camorra si intende il tipo di organizzazione criminale che ha dominato la vita dei ceti popolari e plebei napoletani, si può dire tranquillamente che essa è iniziata e finita nell’Ottocento. Si è comunque continuato a parlare di camorra, facendo riferimento ad alcune caratteristiche comuni a forme criminali ricorrenti nella città di Napoli e in Campania.

La camorra è stata all’inizio un fenomeno criminale urbano; la mafia, invece, ha avuto un lungo insediamento nelle campagne. I due fenomeni sono segnati fortemente dal luogo di nascita. Fenomeno legato ai mali di Napoli e alle condizioni di vita di un sottoproletariato esteso, la camorra si è sempre mostrata con le tipiche caratteristiche urbane, quali il carattere di massa, l’organizzazione centralizzata, confuse aspirazioni sociali e ribellistiche, segni visibili della comune appartenenza (modo vistoso di vestire, uso del gergo, perfino un particolare taglio di capelli); la mafia, invece, legata al latifondo e alla sua evoluzione, ha mantenuto per un lungo periodo ”valori” e caratteristiche ”rurali” quali il privilegiare la discrezione e non il clamore attorno alle proprie azioni, la sostanza e non l’apparenza dell’atto criminale, il prevalere della struttura familiare e non l’organizzazione di massa.

La camorra rappresentava l’unica vera mobilità sociale della plebe, una specie di legge di evoluzione in cui solo i violenti emergevano oltre la soglia della sopravvivenza. In una città piena di violenti e sbandati, il libero corso della violenza avrebbe impedito la convivenza sociale. Essa pertanto veniva disciplinata, ritualizzata e quindi ”contenuta”. Non a caso lo statuto della camorra prende il nome di frieno (”freno”).

Tutta la complessa gerarchia della setta indicava un tentativo di disciplina, ritualizzazione e gerarchizzazione della violenza. E si pensi che mentre la mafia già nella seconda metà dell’Ottocento usava la lupara per i suoi delitti in imboscate nelle campagne siciliane, la camorra usava ancora il coltello fin quasi alla fine del secolo 19°. L’assassinio di Cuocolo, un basista di furti, e di sua moglie, da cui prenderà le mosse un celebre processo che darà un duro colpo alla camorra della città, fu un assassinio di coltello, e siamo nel 1906. Questo non deve implicare, come spesso è avvenuto, una minore pericolosità ed efferatezza dei camorristi rispetto ai mafiosi. Il delitto nella camorra è solo l’ultimo atto di una controversia; un atto ”importante” che non può essere deciso dal singolo.

Il carattere prettamente plebeo di questa associazione criminale comincia a modificarsi nell’ultimo quarto del 19° secolo, quando l’allargamento del ceto politico-amministrativo e degli aventi diritto al voto (1882-1889) accresce le occasioni di contatto e di scambio tra camorra e politica. Di questo rapporto dà uno spaccato preciso la cosiddetta inchiesta Saredo sulla vita politica e amministrativa di Napoli (1901), inchiesta decisa all’indomani del processo tra il parlamentare napoletano Casale e il giornale socialista La Propaganda, che aveva smascherato i contatti dell’uomo politico con ambienti camorristici. Nonostante ciò la camorra non riuscì a compiere il salto sociale, infiltrandosi nella classe dirigente e stabilendo rapporti organici con i ceti possidenti, così come avvenne, nello stesso periodo, per la mafia.

All’inizio del 20° secolo si determinarono a Napoli condizioni del tutto nuove per effetto dei processi di industrializzazione, per la nascita del movimento operaio organizzato, per la massiccia emigrazione, per il completamento dello sventramento dei quartieri più miseri: tutti fattori che restrinsero spazio e prospettive per una organizzazione criminale incapace di adeguarsi alle trasformazioni sociali in atto. (…)

Il carattere prettamente urbano della c. viene così ad attutirsi, anche per il diffondersi nelle più fertili campagne circostanti di forme di criminalità legate specificamente alla commercializzazione dei prodotti agricoli. A differenza del mafioso che si poneva tra rendita fondiaria e contadini, il camorrista di campagna svolge le sue funzioni di mediazione tra il contadino e il mercato, caratterizzandosi come figura atipica di un capitalismo mercantile poco e male sviluppato in una agricoltura ricca e intensiva ma caratterizzata dallo spezzettamento della proprietà fondiaria e dal basso potere contrattuale sul mercato.

Nel periodo fascista il fenomeno sembra quasi del tutto scomparire. Nel secondo dopoguerra una presenza della c. si segnala di nuovo nei mercati agricoli, controllati da uomini violenti come Pascalone ‘e Nola, vittima celebre di un clamoroso delitto (1955) che provocò la vendetta di sua moglie Pupetta Maresca. Uomini del genere sono quelli che determinano i prezzi, al punto da venire chiamati ”presidenti dei prezzi”.

A Napoli città, una nuova presenza della camorra può fissarsi intorno al 1961. È l’anno in cui viene chiuso il porto franco di Tangeri e i depositi delle società venditrici di tabacco si spostano all’altezza delle coste iugoslave e albanesi. Questo spostamento del centro dei traffici del contrabbando di sigarette dà una nuova centralità al porto di Napoli.

In questo periodo cambia anche l’organizzazione del contrabbando per effetto della modifica del sistema dei pagamenti, con l’esazione in anticipo della metà del costo dell’intero carico, e del noleggio della nave, mentre lo sbarco viene garantito soltanto al limite delle acque territoriali; c’è quindi bisogno di cospicui capitali e di notevoli capacità organizzative, che vengono forniti dalla mafia siciliana. Nei primi anni Sessanta Napoli diventa così il centro del contrabbando, determinando uno scontro tra le cosche mafiose e i clan marsigliesi. Avvantaggiata dalla scelta di Napoli come soggiorno obbligato per molti suoi esponenti di spicco, la mafia si preoccupa di organizzare stretti rapporti con alcuni esponenti della criminalità locale (Zaza, Nuvoletta, Bardellino, ecc.).

Una seconda data significativa va collocata alla metà degli anni Settanta, quando l’aumento del valore del dollaro riduce l’importanza del contrabbando di sigarette. Un sistema che aveva permesso a decine di migliaia di persone, nel suo periodo di massima espansione, di sopravvivere, comincia a sfaldarsi, ponendo l’urgente necessità di destinare questa organizzazione capillare ad altri traffici: è così che fa il suo ingresso la droga sul mercato napoletano. E siamo già a ben altra storia.

(…)

In conclusione, la camorra, diversamente dalla mafia, non ha conosciuto una lineare continuità storica. In quanto fenomeno criminale a forte caratterizzazione sociale, essa è stata sempre molto ”ricettiva” delle trasformazioni economiche e sociali che si sono di volta in volta determinate nel corso della storia di Napoli e della Campania. Perciò la camorra è sembrata, per lunghi periodi, scomparire, perdere di ruolo e di importanza, soprattutto in concomitanza con cambiamenti profondi nel ruolo e nelle condizioni di vita degli strati che tradizionalmente ne hanno rappresentato i luoghi di reclutamento e di influenza. La camorra è ricomparsa prepotentemente sulla scena, dopo anni di silenzio o di latenza. È ricomparsa alla fine di un ciclo di politiche speciali verso il Mezzogiorno, iniziato negli anni Cinquanta e conclusosi a metà degli anni Settanta. Queste politiche hanno cambiato il volto del Mezzogiorno e anche della Campania, ma evidentemente non hanno radicalmente modificato le condizioni storiche che sono state alla base dell’insediamento camorristico. Anzi, dal terremoto in poi, hanno addirittura fornito alla camorra quel legame organico con l’economia legale e con il sistema politico-amministrativo la cui mancanza era stato il suo punto debole.

Isaia Sales

6A Alle origini della camorraultima modifica: 2022-06-02T10:07:11+02:00da masaniello455