3G Quel mazzolin di fiori…

Share on FacebookShare on TwitterShare via email

n732312695_1178761_6870

 Ricordi semiseri solo in apparenza, ma vissuti realmente: 3

barre_divisorie69

E venne il giorno in cui Mamma Italia si ricordò del pulcino nero: dopo la laurea, “astuta­mente” (per usufruire di un eventuale pre-congedo), avevo scelto di fare il servizio di leva da soldato semplice ed invece dovetti scegliere tra Gradisca d’Isonzo, vicina al confine, e Roma, vicina a casa.

Non ebbi esitazioni: scelsi Roma… e sbagliai un’altra volta!

A prescindere da attività non proprio “militari”, quale lo spalar neve alle 5 del mattino in tutina ginnica (nella Città Eterna non ricordavano una nevicata così tragica da più di 30 anni!), il raccogliere foglie dall’alba al tramonto (un “diversivo aggregante” lo definivano gli imberbi strizzacervelli dell’esercito), il sostituire qualsiasi lavoratore rivendicasse a torto o a ragione i suoi diritti di sciopero da Roma a Reggio (…Calabria, si intende), in quei diciot­to mesi feci più di 100 turni di sentinella notturna, 30 guardie al Quirinale, 10 a Forte Boc­cea (una specie di Alcatraz per militari), 4 campi, 5 allarmi, 2 parate, 1 esercitazione N.A.T.O.; sparai con tutto quello che facesse fuoriuscire un qualcosa, dalla pistola al can­none; riuscii ad andare a casa in licenza una sola volta (ed una bomba sul “Rapido” che mi riportava nell’Urbe per poco non mi fece rischiare la temutissima C.P.R.) e dimagrii di 20 chili.

Il fatto per me increscioso era che i tempi, tra Brigate Rosse e Nere, non erano affatto tranquilli, che io ero capitato in una caserma di rappresentanza (io, un “lanciere” di cento­sessanta centimetri!) e che mi avevano affibbiato la rara qualifica di “esploratore”.

Mi accorsi della grande umanità dei miei… superiori quasi subito, quando l’eterno aspi­rante Maggiore, nostro istruttore, “amorevolmente” prese a forzare quanti di noi eravamo incerti nel fare ogni mattina il temutissimo “percorso di guerra” (a dir poco trascurato, per chiodoni arrugginiti che sinistramente facevano capolino tra gli ostacoli e per l’estrema au­dacia di un salto nel vuoto che causava una giornaliera ecatombe per la completa assenza di sabbia nella fase di atterraggio) …aizzandoci contro il suo cagnolino: un doberman stra­namente somigliante al padrone.

Presi coscienza della loro notevole “perspicacia” in almeno due circostanze: sia allorchè, mandati a fare con il “Doberman” un picchetto d’onore alle esequie di un ex-generale, al ri­torno in caserma fummo informati che avevamo sbagliato tomba, sia quando uscimmo sul carro la prima volta e ci accorgemmo che, ad ogni curva, la torretta andava per fatti propri: il nostro Rambo si era dimenticato di bloccare la canna del cannone che, quindi, minaccia­va di causare una strage ad un benchè minimo “ancheggiamento” del corpo-macchina.

E che dire dei primi giorni, quando ci diedero la divisa?

Quale emozione accorgersi dell’affetto da cui eravamo circondati (mi sparirono calze e camicie quasi subito), vedere come volevano farci sentire “a nostro agio” (il cappotto era di almeno tre taglie più grande), udire le “dolci” grida dei commilitoni più anziani (…mentre si giocavano a carte i nostri anfibi nuovi)!!!

E come non ricordarsi dello stato d’animo con cui si attendeva l’ora del rancio, ansiosi di assaporare quel “gustoso” spezzatino “proposto” 540 volte in 540 giorni?

Ma mai dimenticherò il periodo trascorso da “spia”, pardon, da “esploratore”!!!

Componente di un corpo “scelto” (“scelto”, forse, perchè riflettevamo la varia umanità: c’era quello “palla di lardo”; l’altro “spilungone” di 2 metri; uno, mitomane, che si credeva bello come Rodolfo Valentino solo perchè nato a Castellaneta; un altro, con tre lauree e due lenti a telescopio; il ragioniere “fanatico”, che da solo si caricava la mitragliatrice; …ed io), corpo formato, dicevo, da otto lancieri, la cui missione, in caso di guerra, era di pene­trare su un carro in territorio nemico, comunicare in Patria il potenziale bellico e, cosa as­surda, cercar di far ritorno “a casa”.

Vista l’inutilità di una preparazione del genere ed osservati i “tipi”, il “Doberman” pensò bene di farci fuori alla prima uscita!!! Ecco come.

Già quando entrammo nel carro, un residuato del ’15/’18, avemmo l’impressione di tro­varci in un lòculo plurifamiliare autogestito; poi, allorchè lo strano arnese cingolato prese a muoversi infischiandosene di buche e dossi, cercammo inutilmente un riparo a facili traumi cranici; infine, mentre sfrecciava come un bolide per le campagne romane, vedemmo la pedana aprirsi ed udimmo l’insulso ordine: “Sbalzate!” (traduzione: “Buttatevi giù!”).

Ce la cavammo con poche fratture solo perchè era piovuto per tutta la notte!

Capimmo l'”involontario” fraintendimento, l'”omicida gaffe” del “Doberman” solo in caser­ma: l’ordine era, sì, di sbalzare, ma… a veicolo fermo!

3G Quel mazzolin di fiori…ultima modifica: 2021-12-17T10:59:29+01:00da masaniello455