6F Povero Sud

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Da “a 40 anni dal terremoto dell’Irpinia vale la pena rischiare per il Sud?”

Corriere della Sera – articolodi Milena Gabanelli e Francesco Tortora

24 novembre 2020 | 23:37

I numeri del terremoto furono catastrofici: 2.914 morti, 8.848 feriti, 280 mila sfollati. Il sisma rase al suolo otto Comuni (Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna) e colpì un’area complessiva di 17 mila km2 tra le più povere d’Italia. I soccorsi non furono immediati, scoppiò l’indignazione e l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini invitò gli italiani a mobilitarsi. In mancanza di un adeguato servizio di Protezione Civile gli italiani risposero, come al solito, con grande solidarietà e decine di migliaia di volontari accorsero per sobbarcarsi, – come scrisse Ettore Mo sul Corriere – «il lavoro più ingrato: raccogliere i cadaveri, adagiarli nelle bare». Dall’estero arrivarono personale specializzato, unità militari e oltre 500 miliardi di lire. I principali donatori furono gli Stati Uniti con 70 milioni di dollari, la Germania con 32 milioni, l’Arabia Saudita con 10 milioni, l’Iraq di Saddam Hussein con 3,1 milioni e Algeria 500 mila dollari.

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[…] Il Decreto del Presidente del Consiglio firmato il 13 febbraio del 1981 da Arnaldo Forlani individuava 36 paesi completamente distrutti e 280 con danneggiamenti più o meno gravi.

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[…] La Camorra ebbe un ruolo da protagonista sin dall’organizzazione dei primi soccorsi e dalla rimozione delle macerie, riuscendo ad ottenere il monopolio dei sub-appalti. L’11 dicembre 1980 l’organizzazione criminale uccise Marcello Torre, sindaco di Pagani(Sa) che si era opposto alle infiltrazioni camorristiche nelle procedure di assegnazione degli appalti. I clan acquisirono un ruolo politico così forte come mai nella loro storia. Le ruberie e i costi faraonici furono confermati dalla Commissione parlamentare Scalfaro, ci furono inchieste che accertarono la collusione tra l’apparato politico della zona e la Camorra, ma poi molti reati finirono prescritti e qualche processo si concluse con l’assoluzione.

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[…] Il fallimento dell’industrializzazione forzata dell’area, oltre a pesare sulle casse dello Stato, ha dato il colpo definitivo all’immagine del Mezzogiorno. Da allora, dall’agenda pubblica è scomparsa la «Questione meridionale», gli investimenti pubblici sono crollati ed è ripartito il fenomeno dell’emigrazione che si era arrestato negli anni ‘70. Dal 2000 sono andati via dal Mezzogiorno oltre 2 milioni di persone, il 72% dei quali aveva meno di 34 anni (spesso giovani laureati e formati nelle università meridionali che emigrano all’estero) e il trend sembra inarrestabile. Senza un’inversione entro il 2065 la popolazione in età da lavoro al Sud diminuirà del 40%.

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