6E Camorra e Mafia

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Mafia e camorra: chi sono, chi comanda

da “I Siciliani”, marzo 1983

Una prima differenza è fondamentale tra mafia e camorra. La mafia nasce, cioè concettualmente si forma in Sicilia, una grande isola per tremila anni violentata da decine di invasioni diverse e che, nonostante guerre, rivolte, ribellioni, splendori e grandezze, battaglie e rivoluzioni tutte tese a conquistare una dignità di nazione, non è mai praticamente riuscita a essere uno Stato. Lo Stato erano gli altri. Lo Stato erano i conquistatori. Lo Stato che amministra, garantisce, impone, costruisce, preleva, insegna, percepisce, fa le leggi, esercita giustizia, questo Stato erano gli altri, cioè i nemici. Per tremila anni lo Stato in Sicilia è stato nemico, cioè una entità quasi sempre assente e che si appalesava soltanto per infliggere danno: le tasse, decime, gli arruolamenti, le confische. Né l’unità d’Italia ha dato questa certezza dello Stato presente e amico, semmai per successivi abbandoni e continue delusioni ha reso più amara questa solitudine. Gli avvenimenti politici per i quali in questi ultimi quarant’anni la capitale Palermo è stata soltanto colonia del potere romano, il fallimento della Cassa per il Mezzogiorno, il bluff delle grandi opere pubbliche mai realizzate, la collusione sempre più spavalda fra vertici di violenza e rappresentanti politici che hanno saccheggiato, diviso, lottizzato, devastato, spartito potere ed economia, e infine la crisi paurosa della giustizia (Scaglione, Terranova, Costa, Ciaccio Montalto, quattro alti magistrati impunemente uccisi) ha dato una certezza drammatica a questa sensazione che lo Stato fosse assente, cioè a questa solitudine del siciliano. Siamo dinnanzi a un dato storico e culturale terribile che tuttavia bisogna riconoscere e ammettere perfettamente. Il contrario sarebbe solo lamentazione imbecille e retorica.

Da questo dato storico bisogna partire per definire quale possa essere il rapporto sociale – cioè identità, semplice rassomiglianza, oppure diversità e quale tipo di diversità – tra mafia e camorra. In verità, secondo immagine (stavamo per dire secondo spettacolo) mafia e camorra sembrano possedere la stessa facies criminale, cioè la medesima immoralità nel rapporto fra clan criminale e società, e altresì l’identica maniera di delinquere, cioè l’anonimo potere di realizzare qualsiasi delitto e contemporaneamente trasformare il delitto in potere. Infine sembrano identici anche gli obiettivi: la conquista passiva (senza offrire in cambio che la sola ipotesi della morte) di una percentuale sempre più vasta della economia di un territorio, soprattutto la economia emergente, i mercati più pingui, le attività più lucrose, siano esse legittime (grandi appalti o circuiti commerciali perfettamente in regola con le leggi) o anche beni economici fuori legge come il contrabbando e la prostituzione. Anche in questo la identità tra mafia e camorra sembra dunque perfetta.

Nella realtà, al di là di occasionali alleanze storiche o contingenti complicità, i due fenomeni criminali sono profondamente diversi. Una differenza che è culturale e politica e bisogna dunque perfettamente valutare quando si vuole definire la identità dell’una o dell’altra, e quindi capire quali siano i mezzi più opportuni per lottare (sconfiggere mai, storicamente non è più possibile poiché bisognerebbe distruggere il territorio umano delle due regioni) lottare, dicevamo, un fenomeno di violenza che è diventato la tragedia più profonda del Sud, che conduce allo sperpero di migliaia di miliardi, che costa ogni anno la vita ad almeno duemila esseri umani, che sta praticamente contagiando tutto il resto dell’Italia e che, attraverso una umiliazione quotidiana, spesso sprezzante, sempre sanguinosa, aggrava la debolezza di uno Stato i cui connotati sono già gracilità, paura, stupidità.

borsellino

In Sicilia dunque da migliaia di anni una nazione senza Stato, ed a Napoli invece uno Stato che da secoli ha sopraffatto e talora schiantato la nazione, prevaricandola, angariandola, cercando di appropriarsi di ogni attività, idea, concetto della collettività. Napoli è la città nella quale il potere clericale cercò persino di appropriarsi del teatro popolare, negandogli spontaneità, imponendogli liturgie, temi, conclusioni e persino norme drammatiche. Negli ultimi secoli prima gli spagnoli, poi i francesi, infine i borboni e per ultimi i piemontesi hanno imposto la presenza ossessiva di uno Stato che cercava di governare anche nelle abitudini e nell’animo della gente. La presenza dello Stato a Napoli non sono state mai le buone leggi, ma le alte mura, i gendarmi, le prigioni, il capestro. Non è un caso che l’anima napoletana abbia cercato da secoli la sua libertà di esistere nell’unica, altissima cosa umana che nessun potere potrà mai sopprimere nello spirito di un popolo: la musica. La musica napoletana, per questo, è un continuo grido di amore, di bellezza e di libertà.

falcone

Il siciliano è vissuto in uno spazio di solitudine dentro il quale le città erano solo capisaldi di inimicizie. Il napoletano è vissuto dentro una sola immensa città che è stata la sua unica nazione, il suo fantastico ma angusto spazio e quindi anche la sua prigione. Se guardate bene anche dentro la letteratura, i grandi narratori siciliani, Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Brancati, Vittorini, lo stesso Sciascia, raccontano soprattutto storie e drammi di individui dentro la società: i napoletani invece, Marotta, Viviani, Eduardo, raccontano soprattutto Napoli, popolata da una infinità di individui.

In Sicilia la mafia, cioè l’immensa, tragica, oscura forza criminale nasce così per sostituire lo Stato assente, per determinare leggi proprie al posto di quelle leggi che lo Stato non riesce a imporre, cioè stabilire comunque un ordine, una sia pur barbara regola di vita. E se lo Stato improvvisamente si appalesa, lo abbatte; e se qualcuno cerca legittimamente di rappresentarne leggi e giustizia, lo corrompe e lo fa suo, altrimenti lo uccide.

camorrista

A Napoli invece la forza criminale, che non è una determinazione infame della storia e non ne ha quindi la tragica esperienza, grandezza e crudeltà, ma è soprattutto un prodotto umano della miseria, una necessità drammatica di sopravvivere, cerca disperatamente di ribellarsi allo Stato sempre presente e prevaricatore, e non potendo scegliere la rivolta armata, cerca di insinuarsi dentro lo Stato che già esiste, di conquistarlo dall’interno con un’opera di erosione pressoché invisibile che comincia necessariamente dal basso e coinvolge quasi tutta la collettività. Così paradossalmente accade che, a Palermo, mille grandi mafiosi insediati in quasi tutti i vertici economici, politici, burocratici, possano dominare una città di un milione di abitanti e da quella capitale quasi tutto il territorio dell’isola, in un distacco sprezzante dal resto della popolazione; ed a Ottaviano, un intero grande centro abitato di decine di migliaia di abitanti, possa vivere in una fedeltà cieca, assoluta e soprattutto palese a Cutolo e alla sua organizzazione camorrista.

Via via, così per successivi diagrammi, la mafia appare diversa dalla camorra. La mafia è Stato ed ha le sue colonie a Roma, Milano, Torino, Napoli (Napoli certo), Marsiglia, New York, Chicago; la camorra è dentro lo Stato di Napoli dovunque esso si estenda. La mafia governa migliaia di miliardi, le banche, la droga, i grandi sequestri criminali, gli appalti nazionali, probabilmente la elezione di taluni parlamentari, talvolta persino la designazione di uomini di governo; la camorra lotta ancora e si massacra per il pullulare delle estorsioni, anche le più miserabili, il contrabbando delle sigarette, le tangenti sulla prostituzione. La mafia uccide soltanto chi gli si para dinnanzi, la camorra fa soprattutto strage di se stessa per la spartizione del bottino.

Se cinque milioni di siciliani si ribellassero alla mafia, non accadrebbe niente. Alla mafia non gliene fotte. Ha un solo nemico che può batterla: lo Stato vero, lo Stato di diritto, con i magistrati che fanno veramente giustizia, funzionari incorruttibili, politici disposti a interpretare con assoluta moralità il loro mandato. Se tre milioni di napoletani si ribellassero alla camorra, la camorra sarebbe morta. Stiamo parlando di ipotesi di fantascienza, ma esse spiegano perfettamente una differenza storica, sociale, politica, umana, criminale, psicologica e in definitiva perciò culturale, poiché ogni cosa accade dentro una società umana, nel bene e nel male, nell’arte o nella violenza, nella filosofia o nell’omicidio, appartiene sempre alla cultura di un popolo.

Essendo dunque diverse le origini dei due fenomeni, mafia e camorra, pur quasi identiche nell’immagine, debbono essere diverse le valutazioni della lotta e gli strumenti, soprattutto politici e sociali. Che in questo tempo storico mafia e camorra siano alleate e sempre più profondamente complici nell’affare criminale per eccellenza, la droga, non significa che l’una si sia sovrapposta all’altra o sia riuscita a incorporarla. Guai se ciò dovesse accadere. Ci sarebbe un nuovo, terrificante regno delle Due Sicilie, dinnanzi al quale la battaglia dello Stato italiano sarebbe forse definitivamente perduta.

Fondazione Giuseppe Fava

6E Camorra e Mafiaultima modifica: 2022-06-28T15:48:59+02:00da masaniello455