Napoli: l’età romana

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Ed ora guardiamo questa città nuova (Neapolis) durante la dominazione ro­mana.
Il paradiso terrestre, che si apre allo sguardo di chi, fin dai tempi più remoti, appena doppiate le bocche di Capri, penetra nel golfo di Napoli e ap­proda, dal mare, sulle coste, quel para­diso di bellezza e di fecondità, che me­ritò alla Campania l’attributo di felix, non formò mai la felicità e la ricchezza dei napoletani, ma, anzi, fu causa della loro infelicità e della loro povertà. Quelle terre non appartennero mai ad essi, ma a spietati invasori e domina­tori, che, attratti dalla pingue preda, se ne impossessarono con la frode e con la forza, costringendo gli abitanti dei
luoghi alla servitù e alla miseria. Né i dominatori si appagarono di ciò; ma i napoletani, ridotti allo stremo della po­vertà, furono ancora da essi crudelmen­te offesi e spremuti, spinti a combat­tere per altrui interessi, sempre oppo­sti ai propri, ostacolati in ogni tenta­tivo di elevazione morale e spirituale. E’ questo il motivo vero per cui l’animo del napoletano è scettico di fronte alle avventure e teme che ogni novità piuttosto che giovargli, debba peggiorare la sua condizione. Scettici­smo, dunque, che – come dicevamo – non è congenito al carattere dei na­poletani, ma è il triste frutto delle dure esperienze, cui la storia li ha sottoposti, in ogni epoca.
I Romani, buttatisi presto sulla bella preda della Campania, di cui fecero l’oasi preferita per le loro villeg­giature, i loro ozi e i loro piaceri, dopo essersi estesi fino alle falde del Vesu­vio, cominciarono a guardare con in­quieta gelosia alla città di Neapolis che si sviluppava al centro dell’arco del golfo, in ottima posizione stra­tegica. I Romani erano turbati dal fatto che la città subisse l’influenza dei forti Sanniti, coi quali avevano più di un conto da regolare. Meditavano, secondo la loro prassi del massimo ri­sultato col minimo sforzo, sul modo migliore per attrarla nella loro orbita: la guerra aperta o il sottile gioco di­plomatico. Prevalse il partito della guer­ra che vide i Romani vittoriosi. Da quell’anno Napoli visse sempre al­l’ombra di Roma, a cui fu fedelissima. Conservò un’autonomia apparente, re­golata dal foedus neapolitanum, che ne rispettò i riti, gli usi, i costumi e la lin­gua greca, che continuò ad esser quella degli atti ufficiali. E anche quando, nel 90 av. Cr., per effetto della lex Julia, Napoli, città alleata, divenne municipio, non fu trattata con l’inflessibile durez­za con cui i romani erano soliti trattare tutti gli altri municipi. Continuò ad es­servi tollerata la cultura greca, le mo­nete continuarono a portare l’incisione della testa di Pallade, vi si celebrarono ancora i ludi lampadici in onore di Par-tenope, istituiti dallo stratega ateniese Diotimo. Quella di conservare una par­venza di libertà ai popoli soggetti, ai quali effettivamente la toglievano, era arte somma dei romani. Ma, in realtà, i gravami della dipendenza da Roma si facevano sentire assai forti sulla vita dei napoletani: essi dovevan fornire un pe­sante tributo di navi e di marinai per le guerre navali; e se questo, come acu­tamente nota Gino Doria, giovò, in un certo senso, ai napoletani stessi, che ne trassero buone esperienze marinaresche da essi sfruttate con vantaggio nelle guerre successive, è pur vero che noc-que al loro traffico marittimo mercan­tile. Il passivo della dominazione ro­mana si ripercosse assai gravemente an­che sul morale dei napoletani. Tolse lo­ro il senso virile della libertà, senza cui non vi è dignità; ne fiaccò lo spirito combattivo, poiché si sentivano protetti per la loro incolumità dalla potenza romana (come avvenne contro Pirro, nel 280 av. Cr., e contro Annibale nella seconda guerra punica); e si dedicarono ai facili e non sempre onesti guadagni dell’industria dei forestieri, che afflui­vano continuamente nella città.
Durante l’epoca romana, inoltre, in Napoli, come in tutte le città viventi sul lusso e sui piaceri voluttuari dei do­minatori, erano sorte una infinità di in­dustrie, di commerci, di mestieri al ser­vizio di quel lusso e di quei piaceri. Le antiche epigrafi ci danno notizie delle corporazioni napoletane del lavoro, tra le quali particolarmente forte era quel­la degli architetti e degli edili, che la­voravano per quei ricchi romani che si venivan costruendo le loro sontuose ville e terme e teatri lungo tutto l’arco del golfo, tra Capo Misene, Baia, Pozzuoli, Lucrino, Posillipo, e, via via, fino a Pompei, ad Ercolano, a Stabia. Ville ed edifici, venuti alla luce negli scavi, meravigliano anche noi moderni per la loro arte e per i conforti che offrivano. Accanto agli architetti, fiorirono, neces­sariamente, le arti sussidiarie: marmo­rarii, fabbri, lignarii, ferrarii, aurarii, lanisti, istruttori e allenatori di gla­diatori, saponarii e unguentarii, tutti riuniti in corporazioni. Sicché quando, con la cessazione dei facili lucri della dominazione romana, i napoletani doveron provvedere a nuove fonti di gua­dagno, poteron riprendere quei mestie­ri, in cui si erano allora specializzati. E la vita corporativa valse a formare in loro il senso dei diritti e dei doveri dei lavoratori. A Napoli, nel VI secolo, si ebbero le prime lotte sindacali quan­do i saponari insorsero contro i so­prusi del magistrato imperiale palatino Giovanni, invocando ad arbitro della loro vertenza nientemeno che l’inter­vento di Papa Gregorio Magno.
Verso la fine dell’Impero, Napoli aveva oltrepassato di molto i 30.000 abitanti e si era dilatata fino a San Se­bastiano e a Santa Maria La Nova, da una parte, e dall’altra, oltre San Nicola dei Caserti. E, fin da quel tempo, ebbe le acque del Serino e del Bolla.
Simbolicamente, l’Impero, che aveva dominato e romanizzato la città, già di­sgregato dalle invasioni barbariche, ago­nizzò a Napoli nella persona dell’ulti­mo imperatore, che – per tragica iro­nia del destino – portò insieme con­giunti i nomi del grande fondatore del­l’Urbe e quello del grande fondatore dell’Impero: Romolo Augusto. Egli si spense, infatti, nel 476 d. Cr., nella vil­la di Lucullo, ov’era tenuto prigioniero da Odoacre.
A proposito della denominazione di Castel dell’Ovo, molte e leggendarie so­no le versioni che se ne danno. La più probabile e realistica è che essa derivi dalla forma ovoidale della sua pianta. Molto diffusa è, poi, la leggenda del­l’uovo di Virgilio, il grande poeta, che era considerato – non sappiamo bene perché, forse per equivoco ingenerato dal nome della madre, che si chiamava Magia – un po’ mago anche lui. Il poeta, dunque, avrebbe messo un uovo in una gabbia e lo avrebbe collocato in un angolo remoto del castello. Natural­mente, era un uovo incantato, che, fin quando fosse rimasto integro, avrebbe garantito la incolumità dell’edificio. Et­tore Imparato, nella sua «Piccola Sto­ria di Napoli», afferma di aver sentito da un tedesco che la denominazione, più probabilmente, era da rapportarsi al fatto che l’intonaco del castello fosse stato impastato con bianco d’uovo, per renderlo più resistente. Ipotesi strana, in verità!
Per quanto attiene alla sua storia, vi era, in antico, una dipendenza della son­tuosa villa di Lucullo, il quale, per co­struirsela, fece tagliare il monte Echia, all’altezza dell’attuale via Ghiaia, crean­do un canale, e, sull’isolotto di Megaride, innalzò il famoso castello, ricco di marmi, di statue, scintillante di ori, con diverse sale da pranzo, pareti con diver­si colori, a ognuno dei quali corrispon­deva un « menu » diverso, secondo la importanza degli ospiti che riceveva. Bastava che dicesse ai suoi cuochi: «Oggi si pranza nella sala rosa, o ver­de, o azzurra», e quelli capivano che tipo di cena dovevano approntare.
Lo stesso Imparato afferma che, fino a qualche decennio fa, nelle acque in­torno al Castello si rinvenivano ancora pezzi d’argento e d’oro.
In seguito, vi sorse la chiesa basiliana del Salvatore. I normanni lo trasfor­marono in rocca, ampliata successiva­mente dagli Svevi e dagli Angioini. La forma attuale di fortino circolare l’as­sume nel 1961. Nell’interno sono an­cora visibili tracce della villa romana del cenobio basiliano e dei rifacimenti trecenteschi.

Napoli: l’età romanaultima modifica: 2021-02-24T14:23:10+01:00da masaniello455