2021

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Napoli non fu mai benigna verso gli Svevi. Eppure — senza dubbio — mol­ti e grandi furono i benefici alla città concessi sia da Federico II che da Man­fredi. Valga, per tutti, la fondazione dello Studio generale (Università), don­de si effuse tanta luce di dottrina e tanto prestigio e decoro per la città, oltre ai
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Tramontata la Casa Sveva, incomin­cia la dominazione angioina di cui pri­mo re fu Carlo d’Angiò. I napoletani, sempre avidi di novità, accolsero festosamente il nuovo re, più per odio verso gli Svevi che per sim­patia verso di lui, e, a mezzo di Fran­cesco Loffredo, che, per l’occasione, pronunciò un’ampollosa allocuzione, gli fecero consegnare le chiavi
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Anche Napoli ebbe il suo Rinasci­mento, non così splendido e magnifico, forse, come sbocciò e fiorì in tante al­tre città d’Italia, perché a Napoli man­carono i grandi tiranni mecenati dell’ar­te, della poesia, della scienza, che ebbe­ro, invece, Roma, Firenze, Ferrara e molte altre città italiane, e mancarono, anche, quelle condizioni di tranquillità politica, che sono
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Con la dominazione degli spagnoli, Napoli tocca il punto più basso della sua parabola politica e morale, anche se – come osserva Benedetto Croce, col solito acume di geniale critico della storia — non tutti i mali di Napoli e dei napoletani sono derivati da essi. Ma un fatto è certo: che tra il 500
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Con la prima metà del secolo XVI, comincia ad affermarsi, a Napoli, anche nel campo delle arti figurative, l’opera di artisti locali, che, progressivamente si liberano dall’influenza di pittori e scultori romani, toscani e lombardi. Pri­mo, fra tutti, il pittore Andrea Sabatini (Andrea da Salerno), che rivela nei di­pinti una robusta grazia raffaelliana; e gli
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Nel Seicento molte e originali furono le opere di architettura sorte in Napoli soprattutto per la genialità del Fanzago di cui ancora oggi ammiriamo S. Teresa a Ghiaia, S. Ferdinando, S. Maria degli Angeli alle Croci, S. Maria Egiziaca, la Certosa di S. Martino. Ma più che l’architettura, fiorì la pittura. E’ noto che, nella
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E’ il secolo dei Borboni a Napoli, una dinastia che, si voglia o no, vi la­sciò segni non perituri del suo passaggio. Gli storici disputano ancora sulla funzione politica che i borboni d’Italia si assunsero di svolgere, nel Settecento, nel reame napoletano e Ruggero Mosca­ti, d’accordo col giudizio di Benedetto Croce, di Giustino Fortunato, del
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Napoli e l’Italia Meridionale non ac­cettarono e subirono passivamente l’uni­tà italiana. Non solo i cittadini del Regno delle Due Sicilie e della città di Napoli cospirarono e combatterono apertamente per l’ideale nazionale, ma lo fecero con fede e con spirito di abne­gazione benché convinti che, sull’altare dell’unità, il Mezzogiorno d’Italia, che costituiva, con la Sicilia,
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La “Conquista Regia” (1861) II Parlamento riunitosi a Torino all’inizio del 1861 era finalmente espressione di un nuovo regno di 22 milioni di abitanti, esteso, esclusa Roma e Venezia, dalle Alpi alla Sicilia. Ma, sostanzialmente, l’« unità » nazionale restava una formula giuridica, per le radicali differenze e divergenze tra regioni settentrionali e meridionali: due
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Alla trattazione della Campania Strabone dedica ben tredici pa­gine, computate secondo l’edizione teubneriana del Meineke: un nu­mero tutt’altro che esiguo, se si considera che in altrettante pagine si trova descritta un’estensione del nostro paese pressapoco decupla: Etruria fino a Fregene, Umbria, litorale adriatico da Rimini alla foce dell’Esino, Corsica e Sardegna, e che non più
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