La quarta ondata del covid annunciata con grande allarme dai media; il terzo vaccino nell’arco di sei mesi prescritto praticamente a tutti con una campagna martellante; il novanta per cento di vaccinati indicata come nuova soglia d’immunità, dopo il settanta e dopo l’ottanta per cento dei mesi scorsi; il terzo anno di pandemia e di emergenza che si annuncia con certezza e apprensione: si può insinuare il dubbio che qualcosa non stia funzionando, che i poteri pubblici, politici, amministrativi e sanitari, e i loro corifei mediatici, abbiano fallito clamorosamente la sfida dei contagi e delle terapie, considerando che si alza sempre l’asticella e si rimanda sempre la salvezza? O si deve per forza concentrare ogni responsabilità, ogni attenzione e ogni condanna sulla esigua minoranza che non si è vaccinata e si ribella al green pass, con manifestazioni che gli stessi media giudicano di poco rilievo e con quattro gatti?
Avevo deciso in questa pandemia di sospendere ogni giudizio, non ritenendomi in grado di esprimere pareri netti e autorevoli in merito o indicare soluzioni alternative; con tutte le perplessità che ho sempre coltivato, ho continuato a seguire di malavoglia le prescrizioni e le proscrizioni imposte. Con una sola raccomandazione: allargare e non restringere i campi di ricerca e di sperimentazione, non limitarsi ai vaccini ma investire di più sulle cure per debellare o neutralizzare il virus. Insomma aggredire il covid su vari fronti, a monte e a valle. Personalmente ho usato come strategia di sopravvivenza quella di evitare tutti i programmi televisivi sul tema e cambiare canale o media quando appariva il santino del virologo di turno e dei centouno virologi di complemento. Sottrarmi, senza nessuna pretesa di insegnare a nessuno il mestiere. Non ho dunque alcuna tesi precostituita, nessuna soluzione alternativa, nessuna propensione al complotto.
Però quando ti alzi la mattina del 5 novembre del 2021 e vedi che il titolo principale dei principali giornali e media italiani è incentrato sulla quarta ondata, sull’euroterrorismo, sul pericolo che viene dall’est (dove peraltro sono già sotto osservazione i dodici paesi europei colpevoli di voler ripristinare i confini per arginare l’immigrazione), allora dici: basta, non se ne può più, non potete tenere l’umanità così a lungo in una gabbia di terrore, di obblighi e divieti, spostando continuamente gli obbiettivi da raggiungere, e facendo ricadere ogni colpa sui pochi che non seguono le vie obbligate. Se dopo venti mesi un virus non viene debellato nonostante l’80% di popolazione sia vaccinata, e anche due volte, se il covid è ancora virulento e pericoloso, vogliamo dirlo che siamo davanti a una sconfitta, anzi un fallimento delle classi dirigenti e delle forze sanitarie, farmaceutiche e amministrative senza precedenti? La moltiplicazione dei dubbi a questo punto è più che legittima: la strada intrapresa senza se e senza ma, imposta ai quattro quinti della popolazione, considerando che il restante quinto è per meta costituito da bambini, è stata davvero quella giusta? Un virus che supera il biennio, ditemelo voi perché io non lo so, ha precedenti? O se volete riformulo la domanda: è concepibile che all’entrata nel terzo anno di covid, si debbano ancora allestire, intensificare e amplificare vaccini, controlli e allarmi, senza contemplare soluzioni alternative o supplementari? E sfiorando la blasfemia, la bestemmia contro il dio vaccino: e se ci fosse un nesso tra le varianti e i vaccini, nonostante le dimostrazioni che il contagio riguarda in particolare chi non si è vaccinato? Dobbiamo considerare normale che i virologi si portino avanti col lavoro e si proiettino non nell’anno venturo ma addirittura nel 2023, che era un modo proverbiale per indicare il futuro lontano, predicendo che in quell’anno ci faranno un vaccino multitasking, onnicomprensivo, prodigioso, incluso di anti-influenzale? Se dopo sei mesi siamo al terzo vaccino, dopo ventiquattro mesi saremo alla dodicesima dose? Siamo entrati in un serial horror, in un raggiro universale, in una truffa colossale o che? A fronte di un fallimento così vistoso sono legittimi i dubbi, anche quello di aver imboccato una strada sbagliata, oltre che esserci affidati a percorsi sanitari e farmaceutici errati o inadeguati.
Il dramma, lo ammetto onestamente, è che non siamo in grado di opporre un’altra soluzione organica, né abbiamo poteri, voce in capitolo, mezzi e condizioni per poter indicare altri percorsi o correggere quelli presenti.
Dobbiamo però vigilare con la massima attenzione su quel delicato passaggio in cui il regime della sorveglianza sanitaria si estende automaticamente ad altri ambiti civili, culturali, politici, sociali. È impressionante l’ondata repressiva e liberticida che c’è in giro che esonda dai confini sanitari e si allarga ovunque. Oscuramenti sui social, intimidazioni, censure dappertutto e nuove restrizioni si annunciano in ogni campo. Lo dico anche per esperienza personale. Considerando che i social sono, bene o male, l’unico luogo in cui il privato dissenso si fa pubblico, è di una gravità enorme. Se solo tocchi certi temi “sensibili” o presunti tali, anche argomentando, non insultando nessuno né semplificando con tesi “oltraggiose”, sei subito censurato e punito. E non puoi prendertela con nessuno perché ti dicono che il mandante è l’algoritmo, dunque la censura è anonima, come la banda dei sequestri. Anonimo, come il covid.
La colpa in ambo i casi non è di chi usa questi agenti anonimi per veicolare e controllare la gente ma del caso o della tecnica. Se non possiamo fare e dire molto in ambito sanitario, sorvegliamo almeno le linee di frontiera della nostra libertà, della nostra dignità e dei diritti. Occhio alla dogana, alle mascherine ideologiche e agli sconfinamenti delle “ondate” sanitarie. Cantava Bruno Lauzi: “onda su onda il mare ci porterà alla deriva, in balia di una sorte bizzarra e cattiva”…
MV