Il potere della parola…

Una parola muore
appena è detta
dice qualcuno-
Io dico che comincia
appena a vivere
quel giorno

.Emily Dickinson

Le parole cambiano il loro senso in relazione allo stato d’animo col quale le ascoltiamo, cambiano secondo la sintonia che si crea con le persone a cui ci rivolgiamo. Esse sono sempre l’espressione del momento che stiamo vivendo, nell’ambiente in cui ci troviamo. Soprattutto le parole sono rivolte ad altre persone il cui stato d’animo dovremmo conoscere. Le parole, prima di essere dette hanno bisogno sempre di essere filtrate dalla mente e dal cuore per essere le parole giuste per quel momento. Questa poesia rende chiara la fragilità della parola e la sua misteriosa durata nel tempo. La parola può essere insegnamento,persuasione, conforto, augurio, speranza, memoria, felicità così come può essere peggio di una coltellata nel cuore. E ricordiamoci che una parola detta non si cancella mai più, ma anche che una parola non detta potrebbe diventare un enorme rimpianto.

Lo sfogo di una persona , che non ne più di virologi, infettivologi, medici pro, medici contro, ma soprattutto dei media . Viviamo di tante notizie ,ma non più di buon senso e intelligenza.

Leggo sui giornali di stamani che sono in programma nuove proteste contro il green pass, naturalmente supportate da certi partiti che trovano conveniente cavalcare l’onda di questi scontenti. Non invitano a non vaccinarsi, ma pretendere che chi non lo fa abbia gli stessi diritti dei vaccinati mi pare discriminare quelle parte ,largamente maggioranza, degli italiani che ,assumendosi la responsabilità, ha compiuto il suo dovere civico di cittadino , in primis nei suoi confronti, poi verso la salute pubblica. Ora, viviamo in un paese libero, è giusto che non si obblighi al vaccino, ma chi è vaccinato deve essere libero di pretendere intorno a se persone vaccinate. Allora mi pare giusto il green pass e sarebbe ora che si accettasse quello che questo comporta come diretta conseguenza. Se la vita è fatta di scelte, ognuno dovrebbe viverla secondo la propria . Il Covid purtroppo continuerà la propria corsa per moltissimo tempo, dovremo abituarci e ben vengano i vaccini, che ci permettono di vivere una quasi normalità, finalmente senza chiusure, restrizioni assurde, che continuerebbero a distruggere molte attività , che già faticano a riprendersi. Non dimentichiamo poi, che ci sono moltissimi malati, il cui numero sorpassa di gran lunga i colpiti da covid, che sono i malati oncologici, i cardiaci, i tanti malati bisognosi di interventi ortopedici, i tanti bambini che affollano gli ospedali pediatrici, per non parlare di una normale patologia, che potrebbe colpire chiunque e portarlo ad aver bisogno di cure. Io credo che anche i media dovrebbero smetterla di inseguire il covid, di terrorizzare la gente con numeri ridicoli ,perchè letti così ,come ce li presentano ogni giorno, non hanno senso .La gente ha bisogno di fare le sue scelte in tranquillità , non sulla scia dell’emotività o della paura; la gente deve potersi recare dal proprio medico quando ne ha bisogno, deve poter accedere agli ospedali e alla loro offerta in tranquillità, mentre invece ormai le liste d’attesa si sono prolungate non di mesi, ma di anni. In quali condizioni di salute ci ritroveremo fra qualche mese, se non si smette di privilegiare il Covid?- Lo Stato ci ha messo a disposizione un ottimo servizio di vaccinazione, il vaccino pare essere l’unica arma contro questa disgrazia, e allora lasciate che la gente torni a vivere in serenità, senza guardare in cagnesco qualsiasi persona sconosciuta, che possa trovarsi al suo fianco.

gente normale

Che donna è quella che ama i cani…

Non innamoratevi mai di una donna
che ama e conosce i cani.
Lei È pazza.
Lei crede nell’amore vero.
Crede che tornando da lavoro
ci sia qualcuno
che nonostante la giornata pesante sia lì,
ad aspettarla per baciarla.
Crede che un buon piatto
o una passeggiata all’aperto possa rendere felice.
Crede fermamente che come i lupi,
il suo compagno possa amare veramente per tutta la vita.
Lei, stupidamente, ama ascoltare infiniti silenzi.
Ti insegnerà come trovare la felicità in una carezza.
Come esaltare la semplicità delle piccole cose.
Come la vita quando c’è un branco affiatato possa anche piegarti,
ma non riuscirà mai a spezzarti.
Lei crede che la fedeltà non sia un dovere,
ma una cosa naturale.
Non innamorarti mai di una donna che ama i cani.
Sa capire prima che tu glielo dica se c’è qualcosa che non va.
Scopre cose che neanche tu sapevi proprio come un segugio.
Sa essere dolce come un cucciolo ma combattiva come un lupo.
Lei ha scoperto cose dai cani che aveva letto solo nelle favole
e pretende di ritrovarle in te.
Quindi se non ne sei all’altezza
non entrare mai a far parte della sua vita.
Sa perdonare ma non riesce a dimenticare.
E se ti ci innamori, sappi che sei fottuto,
perché potrai provare a dimenticarla,
ma continuerai a cercarla negli occhi di tutte le altre.
Non innamorarti di una donna che conosce i cani,
ti mancheranno i suoi silenzi,
i suoi danni,
ti mancherà la sua presenza fatta di piccoli gesti.
Dei più insensati.
Perché l’amore di un cane è la perfezione,
e lei, cercherà di trovarlo.
Ma senza ombra di dubbio, sarà in grado di donarlo.
(dal web)

che-cane-hai

I Muckrakers, ovvero i giornalisti d’inchiesta come li definì Roosvelt. Come nacque questo nuovo genere di giornalismo, a cavallo tra l’ottocento e il novecento negli Usa.

«Quando si diceva “una metà del mondo non sa come vive l’altra metà” era vero. Non lo sapeva perché non gliene importava. Ai ricchi non importavano le lotte dei lavoratori, e ancor meno il destino dei più poveri, almeno fino a quando erano stati capaci di trattenerli nei loro quartieri degradati e tenerli lontani dagli occhi. Ma arrivò un momento in cui la miseria e il sovraffollamento furono così evidenti e i conseguenti sconvolgimenti così violenti, che “l’altra metà” divenne una realtà difficile da nascondere. Quelli che stavano bene, incominciarono a chiedersi quale fosse il problema e le informazioni sull’argomento incominciarono via via ad accumularsi rapidamente. Da allora, il mondo intero ha dovuto rispondere della sua vecchia ignoranza.» Così inizia How the Other Half Lives (1890, «come vive l’altra metà», appunto) di Jacob Riis, fotografo e documentarista danese che viveva a New York e che documentò le disastrose condizioni a cui era soggetto chi viveva nei tenements (malsani edifici del Lower East Side riadattati per accogliere immigrati ).

muckrakers_GN1_def-kjKF-U3180379957366YJF-656x492@Corriere-Web-Sezioni Leggi tutto “I Muckrakers, ovvero i giornalisti d’inchiesta come li definì Roosvelt. Come nacque questo nuovo genere di giornalismo, a cavallo tra l’ottocento e il novecento negli Usa.”

L’abbraccio dell’orso

Un uomo molto giovane aveva appena avuto un figlio e viveva per la prima volta l’esperienza della paternità. Nel suo cuore regnavano la gioia e l’amore, che scorrevano a fiumi dentro di lui.
Un giorno gli venne voglia di entrare in contatto con la natura perché, da quando era nato il suo bimbo, vedeva tutto bello e perfino il rumore di una foglia che cadeva gli sembrava musica. Decise quindi di andare nel bosco per goderne tutta la bellezza e sentire il canto degli uccelli. Camminava placidamente respirando l’umidità che c’è in quei posti quando, improvvisamente, vide un’aquila su un ramo, e fu sorpreso dalla sua bellezza. Anche l’aquila aveva avuto la gioia di avere dei piccoli, ed aveva intenzione di arrivare fino al fiume più vicino, catturare un pesce, e portarlo nel suo nido come cibo per i suoi aquilotti. Era una responsabilità molto grande allevare e formare i suoi piccoli, affrontando le sfide che la vita offre.
Nel notare la presenza dell’uomo, l’aquila lo guardò e gli chiese : “Dove vai buon uomo? Vedo nei tuoi occhi la gioia “l’uomo le rispose : “Sai mi è nato un figlio e sono venuto nel bosco perché sono felice. D’ora in poi lo proteggerò sempre, gli darò da mangiare, e non permetterò mai che soffra il freddo.
Giorno dopo giorno lo difenderò dai nemici che avrà e non lascerò mai affrontare situazioni difficili.
Non permetterò che mio figlio abbia le stesse difficoltà che ho avuto io, non dovrà mai sforzarsi per nessuna cosa. Come padre, sarò forte come un orso, e con la potenza delle mie braccia lo circonderò, l’abbraccerò e non permetterò mai che niente e nessuno possa turbarlo.”
L’aquila lo ascoltava attonita, senza riuscire a credere a ciò che udiva. Poi lo guardò e gli disse: ”Ascoltami bene. Quando la natura mi ha dato l’ordine di covare le mie uova, di costruirmi un nido, confortevole, sicuro, protetto dai predatori, mi ha detto anche di mettere dei rami con molte spine, e sai perché? Perché quando i miei piccoli saranno forti per volare, farò sparire tutta la comodità delle piume. Non resistendo sulle spine, si vedranno costretti a costruirsi il proprio nido. Tutta la valle sarà per loro, a patto che realizzino con i loro sforzi l’aspirazione di conquistarla.
Se li abbracciassi, la loro aspirazione verrebbe frenata, e questo distruggerebbe in maniera irreversibile la loro individualità, ne farebbe degli individui indolenti senza coraggio di lottare, né gioia di vivere. Prima o poi piangerei per il mio errore, perché vedrei i miei aquilotti trasformati in ridicoli rappresentanti della loro specie, e mi riempirei di rimorso e gran vergogna nel vedere l’impossibilità di gioire per i loro trionfi. “Io, amico mio” disse l’aquila, “amo i miei figli più d’ogni altra cosa, però non sarò mai complice della loro superficialità e immaturità”.
L’aquila tacque, poi, con maestosità si alzò in volo per perdersi all’orizzonte. L’uomo tornandosene a casa, meditò sul terribile errore che avrebbe commesso dando a suo figlio l’abbraccio dell’orso.
Giunto a casa abbracciò il suo bimbo per alcuni secondi, poi si rese conto che il piccolo cominciava a muovere le gambe e braccia come per dimostrare il suo bisogno di libertà, senza che nessun orso protettivo lo ostacolasse.
Da quel giorno l’uomo cominciò a prepararsi per diventare il migliore dei padri.

(tratto da “Guida per genitori – PNL con i bambini” di Eric de la Parra Paz)

Eagle Feeding Chicks

Coloro che si amano davvero sono le persone più libere al mondo…

Gli amanti sono le persone più libere che ci siano al mondo
Per secoli ti è sempre stato insegnato
che gli innamorati si arrendono l’uno all’altra.
Questo è una totale assurdità.
Deve essere stato detto da gente
che non sapeva cosa fosse l’amore.
Gli amanti non si arrendono
mai l’uno all’altra,
ma semplicemente si arrendono all’amore.
È vero che perdono l’ego,
ma non per darlo all’altro.
Gli ego semplicemente evaporano.
Gli amanti non diventano dipendenti l’uno dall’altro,
non diventano l’uno lo schiavo dell’altro.
Al contrario,
l’amore dà libertà.
Gli amanti sono le persone più libere che ci siano al mondo.
E si aiutano reciprocamente a diventare sempre più liberi,
perché la libertà porta la gioia,
e l’incontro con la libertà ha una bellezza immensa.
Quando due amanti s’incontrano non attraverso un legame,
ma attraverso la libertà,
è una benedizione.

Osho

amanti

Riflessioni sulla malinconia…

 

La malinconia è un albero ombroso che ti succhia linfa ma a volte dà frutti deliziosi: opere, poesie e a volte perfino trattati sulla malinconia medesima. Ho davanti a me due libri, uno poderoso e ponderoso, uscito pochi mesi fa in Italia e l’altro smilzo e acuto uscito invece tanti anni fa.

Il primo è L’inchiostro della malinconia di Jean Starobinski, medico, saggista e letterato. È un compendio filosofico-sanitario, una storia e fenomenologia psico-letteraria della malinconia, delle sue origini soprannaturali o patologiche e poi degli effetti sentimentali e caratteriali.

Una volta era localizzata nella bile nera o nella milza, e la religione la considerava peccato di accidia: l’acedia è un torpore, un’assenza d’iniziativa, una disperazione totale, senza scampo, acuita dalla solitudine, che produce mutismo, anzi «afonia spirituale»; quella che Marsilio Ficino indicava come perdita eccessiva dello spirito sottile. La voce dell’anima non parla più. Il rimedio classico era viaggiare.

L’espressione spirituale della malinconia è la letteratura della nostalgia, la passione del ricordo. Kant ritiene che il nostalgico non desidera in realtà i luoghi della giovinezza, ma lo stato della giovinezza, la propria infanzia legata a un mondo anteriore. Per Starobinski la nostalgia è una malattia morale.

La malinconia a volte si combina col sarcasmo e si mimetizza nel grottesco. Proverbiale è il riso di Democrito. Nell’ironia c’è lo sfogo, la terapia e forse la salvezza, lo notava già Søren Kierkegaard nel Concetto dell’angoscia. E poi la descrive nel Diario dicendo che è un Giano bifronte, con un volto rido e con l’altro piango, unendo il comico e il tragico.

Il malinconico è ritenuto per un verso posseduto dal demonio, ma per un altro è baciato dagli angeli o sorretto da Saturno che dispensa i doni della malinconia. Ma per cogliere quei doni sono necessari due ingredienti, il talento, se non il genio, e l’amor di gloria, se non il narcisismo. Il sacrificio della vita in nome dell’opera è il culmine del narcisismo, nota Starobinski, ma nasce dalla melanconica considerazione che la consolazione per la propria fine è la consacrazione esclusiva alla scrittura (o all’arte).

Si disse che il genio è malinconico, ma non tutti i melanconici sono geniali. A volte ci sono anche i cretini depressi. Quando la malinconia è diffusa si chiama depressione di massa, ed è quella che intride il nostro tempo. Il depresso non è necessariamente uno spirito sensibile, ma la malinconia si accompagna sovente a un’acuta sensibilità. Il depresso di solito è prigioniero del presente; il malinconico, invece, si strugge per il passato e il futuro. Non lo tormenta il presente o la presenza ma l’assente o l’assenza.

C’è pure la voluttà della malinconia, e perfino la civetteria di dirsi malinconici, figurandosi come l’artista geniale o il bambino triste che vuole attenzioni. La malinconia può essere innata o sopraggiunta, suscitata dagli eventi; c’è persino quella ereditaria, e talvolta quella etnica, attribuita come indole ad alcuni popoli (la saudade portoghese, la tetraggine russa, la murria spagnola, il cafard francese che è poi lo scarafaggio, lo spleen inglese che è poi la milza).

A ragione Starobinski ritiene che la costituzione congenita pesi più dell’influenza esterna. Il malinconico vive il tormento di non passare dalla conoscenza all’atto e di non aderire alla realtà esterna; qualcosa lo allontana o lo rende inadeguato.

La malinconia è una vedovanza ma può essere anche un vuotarsi per ricevere la visita divina.

E qui ritrovo l’altro libro che citavo senza citare. È Ritratto della malinconia di Romano Guardini, filosofo, presbitero e teologo veronese vissuto in Germania (Morcelliana, pagg. 80). Un testo breve ma acuto e intenso. Per Guardini la malinconia è troppo dolorosa e tocca troppo le radici del nostro essere per abbandonarla nelle mani degli psichiatri. Appartiene a un ordine di natura spirituale. La sua nostalgia divorante si unisce a un bruciante ardore spirituale.

La malinconia per lui consiste in un’oppressione dello spirito, un peso che grava su di noi e ci schiaccia mentre i nostri sensi e impulsi si paralizzano. L’uomo malinconico non padroneggia più la vita. Avverte un vuoto metafisico. La vita per Guardini è dominata da due impulsi opposti. Una volontà di esistere, affermarsi ed elevarsi e una volontà di sparire, di sottrarsi.

Il baratro ci attrae mentre ci fa paura. Un’indole malinconica, a suo parere, è molto sensibile ai valori più alti, ma patisce la tendenza all’autodistruzione. È la grande tristezza di cui parla Dante, la nostalgia di evadere dalla dissipazione, raccogliersi nel tutto, e «ricoverarsi nel mistero delle cause ultime, la nostalgia dei grandi malinconici verso la notte e le Madri».

Malinconia è connettersi al fondo oscuro dell’essere. Guardini acutamente distingue tenebre da oscurità: la tenebra è cattiva, nemica della luce, l’oscurità invece appartiene alla luce, è la sua ombra. Verso l’oscurità tende nostalgicamente la malinconia. Il malinconico è in rapporto profondo con la pienezza dionisiaca dell’esistenza.

Ma il cuore della malinconia è Eros, il desiderio d’amore e di bellezza. Da qui Guardini coglie lo spunto per l’ascesa mistica verso Dio, amore e bellezza assoluta. La malinconia gli appare il prezzo della nascita dell’eterno nell’uomo, nel paragone con la vanità del tutto. L’uomo, scrive Guardini, è un confine e sperimenta il mistero di una vita di confine, non è decisamente di là o di qua, vive nella terra mediana dell’inquietudine, dove riconosciamo anche la nostra inquietudine.

Chiudo i due libri e gli occhi e rivedo davanti a me la Melencolia ritratta da Dürer e il cielo apocalittico di Melancholia , il film di Lars von Trier dove il disastro torna al suo significato originale, astrale: Melancholia è un pianeta che distruggerà la terra e s’accompagna alla malinconia degli ultimi abitanti nei loro ultimi istanti sulla terra prima della collisione. Byung-Chul Han dedica sagaci pagine al film e alla gioia estrema sull’orlo della catastrofe (Eros in agonia , edizioni Nottetempo, pagg. 96).

Il narcisismo aveva cancellato il mondo per vedere solo l’immagine di sé. Dopo una vita senza mondo verrà il mondo senza vita. La malinconia è la collisione dolorosa di passato e futuro, nostalgia per ciò che si perde e angoscia per ciò che finirà. Chi aderisce al presente non è malinconico; la malinconia è sempre un disagio, un presagio e un lutto.

Il malinconico non sa vivere solo di presente e di realtà, ha la tentazione della vita ulteriore e dello sguardo oltre il visibile. La malinconia è occhi pensanti.

M.V.

 

malinconia

Perchè ci piace la bellezza di un paesaggio, perchè vivere nella natura ci fa star bene?

Che stare in mezzo alla natura faccia bene alla salute lo sappiamo da tempo, e ora gli studiosi stanno cominciando a capire cosa succeda davvero nel nostro cervello quando siamo di fronte a bellezze naturali. Una ricerca realizzata al Max Planck Institut di Francoforte, da poco pubblicata sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, spiega il passaggio dalla semplice visione di un’immagine piacevole alla percezione del suo impatto estetico.
I ricercatori hanno usato la risonanza magnetica su un gruppo di volontari per verificare le reazioni del cervello di fronte ad un paesaggio, mostrando loro dei filmati, che sono più vicini alla realtà di una fotografia:”Siamo rimasti sorpresi osservando che non si registravano reazioni solo nelle aree cerebrali relative al sistema della ricompensa – quelle che ci fanno provare piacere quando osserviamo qualcosa di bello o viviamo un’esperienza piacevole – ma anche in alcune aree collegate alla visione”, spiega Aise Ilkay Isik, una delle autrici dello studio. E’ possibile che i i nostri occhi siano in qualche modo programmati per ammirare la bellezza. ? “Un risultato importante”, osserva Antonio Cerasa, neuroscienziato e ricercatore dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica IRIB-CNR , “perché ci aiuta a liberarci dell’idea che queste esperienze siano concentrate in una singola area del cervello, e a comprenderne la complessità.
Questo studio ci aiuta a capire che un’esperienza estetica è legata al cambiamento, all’incertezza e alla sorpresa: ecco perché le immagini in movimento sono così importanti – spiega Cerasa – la meraviglia, la novità sono fondamentali per un’esperienza estetica: se vedo ogni giorno il Colosseo, come Jep Gambardella ne La grande bellezza, finisco per non notarlo”. E questa è un’esperienza, quando siamo abituati alla sua vista. E questo può succedere anche in altri contesti come la musica
L’esperienza estetica piacevole attiva diverse aree del cervello, tra cui quelle collegate alla visione, ma anche aree coinvolte nei processi di memorizzazione, come il paraippocampo: “Una conferma fisiologica del fatto che la novità è un elemento importante dell’esperienza estetica”, spiega ancora Cerasa. “Ma attenzione: parliamo di estetica, ossia della nostra reazione a ciò che vediamo, non di bellezza che è un concetto matematico legato alla proporzione delle forme”.
Oltre a comprendere come il nostro cervello reagisca alle bellezze naturali, è importante capire in che modo le interazioni con l’ambiente possano farci stare bene. “Sappiamo da tempo”, spiegano gli autori dello studio, “che la natura e il piacere estetico che ne traiamo sono preziosi per la nostra salute”. E vari studi mostrano che la reazione a uno scenario naturale è più spontanea e meno conflittuale rispetto a quella di fronte a un’opera d’arte, un elemento che potrebbe contribuire a spiegarne gli effetti salutari. Di cui già abbiamo diverse conferme. Alcune ricerche mostrano i vantaggi di un contatto più stretto con la natura: dalla diminuzione dello stress all’abbassamento della pressione sanguigna e di vari parametri metabolici, che portano a una generale riduzione di varie patologie, soprattutto ma non solo cardiovascolari, e di conseguenza della mortalità. “E non ci sono solo i vantaggi legati alla contemplazione delle bellezze naturali”, ricorda Cerasa, sappiamo per esempio che l’ortoterapia, il lavoro manuale in un orto o un giardino, è particolarmente benefica soprattutto per chi soffre di dipendenze che compromettono i sistemi di ricompensa, e ha bisogno recuperare la capacità di godere del piacere che nasce dal contatto con la natura ma anche dal modellarla e trasformarla”. Comunque la natura pare essere la panacea per molti mali, in particolari quelli legati allo stress della vita convulsa delle grandi aree metropolitane- Ci sono prove che ascoltare suoni ‘naturali’ mescolati a rumori portati dall’uomo è comunque più salutare rispetto a una situazione dove sono presenti solo rumori che non provengono dalla natura – ha detto Buxton – “.Non sappiamo perché accade questo ma possiamo fare delle ipotesi. Penso che da un punto di vista dell’evoluzione un ambiente acustico con molti suoni naturali rilassi, dia una percezione di sicurezza e permetta di riposare la mente”. E allora via alla ricerca di paesaggi naturali inaspettati, avventurandoci magari in un bosco, attenti a percepire lo scroscio delle acque di un ruscello, tra il cinguettio degli uccelli e il suono del vento che racconta alle foglie il mondo-

Fonte : La Repubblica P

paesaggio - Copia1

Il tempo rafforza, il tempo aiuta, il tempo guarisce … e chi più ne ha più metta.

They say that “Time assuages” –
Time never did assuage –
An actual suffering strengthens
As Sinews do, with age –

Time is a Test of Trouble –
But not a Remedy –
If such it prove, it prove too
There was no Malady –

Emily Dickinson

Dicono che” Il tempo rafforza-
Il tempo non rafforza mai-
Una sofferenza di oggi indurisce
come fanno i Nervi, con l’età-

Il tempo è un Test di Tribolazioni
ma non un Rimedio-
Se dimostriamo questo allora
dimostriamo anche che là non vi era malattia-

sofferenza