Come se la passano la verità e la libertà nel nostro tempo? L’una è negata nel nome dell’altra ma entrambe sono tradite sul piano pratico. L’altro giorno mi è stato chiesto di affrontare il rapporto tra Libertà e Verità alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, dialogando col card. Angelo Bagnasco (incontro organizzato da Fare bene e concluso degnamente dal cardinale).
Viviamo nell’epoca della verità relativa e della libertà assoluta. Il sottinteso di ogni discorso pubblico, o l’enunciato di partenza, è in questo doppio preambolo: la verità non esiste, ma esistono tante verità, provvisorie e soggettive (relativismo); la libertà è il bene assoluto per eccellenza, sciolto da tutto, premessa di tutto; nulla precede, delimita, contiene la libertà che alla fine coincide con l’autorealizzazione: io sono ciò che voglio essere.
Non più l’evangelico “la verità vi renderà liberi” ma il suo rovescio, la libertà vi renderà veri, ossia come voi vi sentite e/o volete essere.
Ma la libertà in sé non ci conduce alla verità, perché la libertà ci apre al vero come al falso, al bene come al male, al giusto come all’ingiusto: ci dà la possibilità di conoscere e amare il vero ma anche di negarlo e calpestarlo.
Strada facendo, calandosi nella vita reale, la libertà assoluta come la verità relativa vengono tradite: da un verso l’assenza di verità e il proliferare di tante verità alla fine soccombono alla verità del più forte, ossia di chi dispone di mezzi più efficaci per imporre la sua verità. E dall’altro verso la libertà assoluta e illimitata si rovescia nel suo contrario, seguendo la china che già Platone aveva previsto, dall’anarchia al dispotismo: dove la libertà è assoluta, cioè senza limiti e senza freni, si rovescia nella tirannide o nei suoi parenti minori, l’intolleranza, la censura, l’egemonia del più forte o ancora di chi dispone di maggior forza. Al posto della verità e della libertà sorgono i surrogati che confluiscono nel conformismo, negazione della libertà come della verità: ossia l’adeguarsi alla tendenza generale e alle prescrizioni del potere. Il conformismo è la caricatura della verità: se la verità è, come diceva S. Tommaso, adaequatio rei et intellectus, ossia il combaciare della realtà con l’intelletto, il conformismo è l’adeguarsi dell’intelletto alla norma fittizia di un canone ideologico che corregge la realtà. Da cui deriva il nuovo bigottismo fondato sull’ipocrisia, cioè sulla falsificazione della realtà. Addio verità, addio libertà.
La verità, secondo i greci, è Aletheia, che non vuol dire solo rivelazione, svelamento, non-nascondere; ma vuol dire anche non dimenticare (il lete era il fiume dell’oblio che fa dimenticare la vita precedente); conoscere è ricordare, diceva Platone. E ricordare culmina nel tornare all’origine.
Scrive Pavel Florenskij: “Io non so se la Verità esista o meno, ma con tutto il mio essere sento che non posso farne a meno, so che, se esiste per me è tutto: ragione, bene, forza, vita, felicità. Forse non esiste ma io l’amo più di tutto ciò che esiste, mi unisco a lei come a tutto ciò che già esiste, e anche se non esistesse, l’amo con tutta l’anima e con tutta la mente, per lei rinuncio a tutto, perfino ai miei quesiti e ai miei dubbi” (La colonna e il fondamento della verità). Dostoevskij dice che se dovesse scegliere tra Cristo e la Verità sceglierebbe Cristo; Padre Pavel sceglie la Verità, sapendo che Cristo coinciderà con lei. Non può essere altrimenti per un vero cristiano.
Perché la verità è impossibile a conoscersi ma necessaria; la verità risplende (Veritatis splendor, secondo l’enciclica di Giovanni Paolo II) ma il suo fulgore acceca, rende il mondo visibile ma in sé è invisibile. La verità rischiara il mondo ma non possiamo fissarla e conoscerla se non attraverso i suoi raggi.
Sul piano della realtà, la libertà e la verità devono misurarsi con le imperfezioni, i limiti, le contraddizioni della vita reale. E questo significa due cose. Da una parte la verità esiste, è il fondamento della realtà e la matrice dell’essere ma è inconoscibile per intero, nessuno ne detiene il pieno possesso e tantomeno il monopolio; è un mistero. Nessuno possiede la verità ma la verità possiede noi, avrebbe detto Ratzinger. Per gli uomini la verità è una ricerca, un anelito e una parziale conquista: se, come sosteneva Vincenzo Gioberti, la verità è un poligono dagli innumerevoli lati, agli uomini è consentito solo conoscere alcuni aspetti del vero; solo Dio può conoscere per intero la verità. L’uomo deve dunque accontentarsi del certo, direbbe Vico, ovvero dell’evidenza della realtà e delle verità derivate dall’esperienza, dal sentire comune delle genti, dalla tradizione e dalla storia. L’uomo può solo testimoniare l’amor del vero e la sua ricerca incessante. La verità non è figlia del tempo (veritas filia temporis), perché se lo fosse sarebbe deperibile, provvisoria, momentanea. Semmai, la verità è figlia delle nozze tra il tempo e l’eternità.
Dall’altra parte, la nostra libertà non è mai assoluta, perché non siamo dèi e non disponiamo del mondo: la libertà è sempre in relazione agli altri, ha bisogno di limiti, confini e misura, non può mai prescindere dalla realtà, dalle condizioni di vita, dalla relazione con gli altri, dal contesto. La libertà non nega il vero, non cancella o abolisce la realtà nel nome dei propri desideri; è una tensione tra diritti e doveri, limiti e opportunità; e la libertà di ciascuno è limitata dalla libertà degli altri, rispetto a cui non può prevaricare.
Non esiste solo la libertà da qualcuno e da qualcosa, ossia la libertà come emancipazione, liberazione, non impedimento; e non esiste solo la libertà di dire, di fare e di avere, ossia la libertà come facoltà di agire e pensare; ma esiste anche la libertà per qualcosa che dà sostanza, senso e qualità alla libertà: come usi la tua libertà, cosa intendi farne? Esiste anche una libertà distruttiva e autodistruttiva che non può essere consentita.
Anzi, la libertà in sé non è un valore, e tantomeno un valore assoluto, ma è la condizione necessaria per scegliere i valori. È come l’aria, l’ossigeno, che non può essere lo scopo della vita, ma è la condizione necessaria per vivere.
Insomma, la libertà è un mezzo, la verità è un fine; un mezzo necessario per un fine trascendente. La libertà senza la verità si rovescia nel suo contrario, è imposizione e impostura. Ma anche la verità senza la libertà si rovescia nel suo contrario, è imposizione e impostura. Se sparisce l’una, finisce l’altra.
Anzi per dirla nello spirito natalizio, la nascita dell’una è premessa alla nascita dell’altra.
Marcello Veneziani