Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Ottobre 2014

 

Ultima conversazione. Dialogo. (I)

Post n°241 pubblicato il 31 Ottobre 2014 da je_est_un_autre

 

Personaggi: Lei e Lui. Lei parla, Lui ascolta.

LEI: Ad esempio non so perché tu mi abbia sempre chiesto di me, dei miei anni di bambina. Questa curiosità. Ogni tanto te ne uscivi fuori con quelle domande. Avrebbe dovuto farmi piacere, lo so. E invece non sono mai riuscita a decifrarla, questa volontà di sapere. Non volevo essere evasiva, sai che non lo sono. E’ che, ecco, è che ho cancellato molte cose. Non ho avuto una brutta infanzia, no, non credo. Ma è tutto così sfumato, così lontano, è ovvio. Sai, ecco, adesso lo dico, a volte ho come la sensazione - assurda, lo so io per prima - che a vivere quegli anni sia stata un’altra persona, che poi all’improvviso se ne sia andata e io l’abbia sostituita da un certo giorno in avanti, con solo due righe di istruzioni e un paio di fotografie a costruire una memoria molto labile. Come in uno di quei film di fantascienza. Mi fai sentire stupida, a parlare così.
 Che poi non lo so, forse non volevo parlare perché le mie frasi non mi sembravano mai quelle giuste. Le parole non coincidono mai del tutto con le cose, e anzi adesso che mi ci fai pensare, è quasi buffo, io ho rischiato di innamorarmi, da ragazzina, di uno più grande di me che mi aveva confidato di voler smettere di parlare per sempre, un giorno o l’altro, era quello il suo obiettivo. Lo vedevo come un santone, come un mistico, a fare una scelta così grande e definitiva. Quante sciocchezze. E’ che non mi hai mai chiesto le cose più vicine, quelle che ricordo meglio, quelle importanti, tu sempre così assillato dalle date e dai quando, ecco ad esempio tu non mi hai mai chiesto qual è stato il giorno in cui sono diventata sospettosa, perché il sospetto mi è sempre sembrato un’ottima scuola anche se mi ha costruito questa ruga di diffidenza in mezzo agli occhi, e tu, ecco, tu, tutto quello che riuscivi a fare era avvicinarti col pollice e l’indice per cercare di stirarla, questa ruga.
Le rughe non si stirano, cazzo.

 (continua. Forse)

 

 

 
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Gli studenti di fisica (II)

Post n°240 pubblicato il 17 Ottobre 2014 da je_est_un_autre

All'epoca non lo sapevo con precisione (ma cominciavo a sospettarlo) comunque io di sicuro ho sbagliato scuola.
Scelsi fisica e io di fisica non ci ho mai capito nulla, tanto per dirne una. Se non me ne sono andato in fretta, oltre che per la mia straordinaria irresolutezza, deve essere stato perchè tutto sommato coi miei compagni mi trovavo benone, e nel lentissimo succedersi dei giorni adolescenti il domani coi suoi punti interrogativi era così lontano che ci si poteva tranquillamente astenere dal pensarci su.
Era una generazione fa e sembrano dieci. Eravamo ingenui, poco o nulla attenti al nostro aspetto, a volte anche dialettali, quasi totalmente ignari in quanto a  questioni quali sesso o affini (ma non posso dimenticare la sofferenza solitaria di certi interminabili pomeriggi spesi a sognare e immaginare, in un furore che non risparmiava nessuna, dalla desiderabilissima commessa del conad sotto casa in giù).
La mattina, la Mother mi preparava un uovo.
Arrivavo a scuola - in questo non sono cambiato - monosillabico e di pessimo umore, e non capivo come gli altri potessero essere già così ciarlieri. Quei dieci minuti prima dell'ingresso in aula, nel chiasso dell'atrio gremito, erano per me come l'inferno e così presi la decisione che sarei arrivato per sempre in ritardo. C'era una corriera miracolosamente vuota che partiva venti minuti dopo il gruppo di corriere che si muovevano verso Modena alle 7.20, cariche di studenti. Quando la scoprii mi venne spontaneo rivolgere un ideale ringraziamento a quelli dell'ATCM che avevano pensato a una corriera apposta per quelli come me (un paio di persone, tre al massimo): con anche i sedili morbidi e le tende pulite, leggere. Forse il ricordo mi tradisce, ma mi sembra che la radio mandasse soave musica classica a un volume ragionevole. Serve così poco per essere felici.
Entravo in classe con cinque, massimo dieci minuti di ritardo. A scuola andavo benino e non mi hanno mai fatto troppe storie. Il professore all'appello mi aveva segnato assente e così metteva una "R" sul mio nome, nel registro. Significava ritardo, o rientrato, non lo so. Comunque sia, ogni giorno una Erre.
Deve essere per quello che ancora oggi alcuni dei miei compagni di allora mi chiamano Erre.

 
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Appello

Post n°239 pubblicato il 03 Ottobre 2014 da je_est_un_autre

Chiunque abbia idea di come togliere di mezzo queste orribili pubblicità che da ieri invadono i nostri blogghini lo dica, ve ne prego. E voi, espatriati di libero da anni (che 'sto portale sono secoli che tenta il suicidio e questo sembra solo l'attacco finale), evitate le ironie ("noi lo sapevamo da un pezzo"), che insomma, noi siamo conservatori e ci piace stare qui - ma lo spottino "INCONTRI PICCANTI PER TE!" proprio sopra alla fotina delle terga di Arthur, davvero non si può vedere.

Aggiornamento:...meno male.

 
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