Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Aprile 2019

 

Un sogno

Post n°363 pubblicato il 28 Aprile 2019 da je_est_un_autre

I miei sogni notturni, pur rari, hanno sempre uno stesso comune denominatore: raggiungere obiettivi semplicissimi diventa ogni volta terribilmente complicato e, per di più, durante lo svolgimento delle operazioni, io mi distraggo continuamente, attratto da dettagli trascurabili.
Tipo l'altra notte dovevo andare allo stadio con Pampurio a vedere Bologna-Empoli, ma per arrivarci dovevamo attraversare un lungo ponte metallico a doppio binario, strettissimo, sospeso a centinaia di metri sul mare. Io e Pampurio avanzavamo a quattro zampe, ma evidentemente io dovevo sentirmi piuttosto tranquillo perchè intanto fumavo una sigaretta (io in verità fumo pochissimo, ma in quel momento si vede che mi scappava proprio di fumare). Però la sigaretta mi cadeva dentro una scatola di attrezzi lasciata lì da degli operai, e non la trovavo più. Pampurio sembrava molto interessato a questa faccenda della sigaretta e si metteva a cercarla con me, e inavvertitamente faceva cadere degli occhiali lasciati in un angolo da qualche operaio (come si fa a trovare un  angolo in un ponte sospeso a doppio binario è un mistero, ma questo è un sogno e si sa come vanno queste cose). Io sentivo distintamente il "pluf" degli occhiali che cadono nell'oceano. Intanto lo stadio Dall'Ara è laggiù, visibile, colorato, rombante, lontanissimo.
Stacco, cambio scena. Io e Pampurio non siamo ancora arrivati allo stadio, e per arrivarci dobbiamo attraversare un edificio in tutto e per tutto simile alla nostra vecchia scuola dalle suore. Apriamo certe porte bianche altissime, attraversiamo corridoi, scendiamo delle scale. E' un labirinto. A un certo punto incontriamo la M. e la V., nostre vecchie amiche. La V. mi guarda e mi dice: "Beh, lo sai chi sono?". E io: "Certo, sei la V.". E lei: "Vedi? Non mi riconosci mai". (Vi giuro che era la V.)
Stacco. Io e Pampurio arriviamo finalmente al Dall'Ara, la partita è appena cominciata e noi siamo lì fuori e ci accorgiamo che abbiamo lasciato a casa i biglietti. Fine.
Mi sono svegliato colpitissimo. Tra l'altro se incrocio la V. glielo dico, che la riconosco sempre.

Ah, e comunque il Bologna ha giocato e vinto con merito, e siamo praticamente salvi, e non è un sogno. Alè!

 
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Le domande della primavera inoltrata

Post n°362 pubblicato il 19 Aprile 2019 da je_est_un_autre

Potrebbero essere tante e invece io ne ho solo una.
La domanda, consueta, di questo periodo dell'anno, è appunto sempre la stessa:
 - Cari allievi, ma perchè non  imparate la parte? Perchè? Perchè non studiate? Ditemelo, per favore.

Sono consapevole di avere anch'io le mie colpe, e allora ne faccio una anche a me stesso:
- Caro Lorenzo, ma perchè aspetti sempre la fine di aprile per il doveroso incazzo? Lo sai bene che per ragioni imperscrutabili quella è l'unica cosa che li sveglia, anche se sono adulti e responsabili - o almeno dovrebbero esserlo.

Che poi certe rabbie, se le tengo per me, tendono a moltiplicarsi e a tracimare, esageratamente. Ieri sera ad esempio, dopo una prova a dir poco catastrofica, sono arrivato a casa d'umore nero e rancoroso e nel bagno (che volete farci, ero lì) ho attaccato uno sfogo solitario sotto forma di monologo che, partendo da quelle voragini che erano i loro vuoti di memoria, non so bene per quali strade è arrivato a coinvolgere la stupidità dei social con quegli sgangherati attacchi ai donatori di denaro per la ricostruzione di Notre Dame, giungendo quindi a vituperare gli elettori di destra veri, poi quelli di destra farlocchi (ovvero quelli che non votano la destra vera ma quella finta, ma solo per mancanza di coraggio) e alla fine, in un implacabile accesso di collera, questo soliloquio furente ha fatto giustizia dei vegani estremisti, dei tifosi di calcio che non tifano Bologna e di tutti quelli che non hanno l'allergia primaverile.

Naturalmente dopo me ne sono un po' pentito ma insomma ecco qui, cari allievi, che brutta cosa diventa il vostro regista se insistete a non studiare.
Però devo ammetterlo, dopo ho dormito benissimo
.

 
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Brina

Post n°361 pubblicato il 06 Aprile 2019 da je_est_un_autre

Chissà perchè, in questi giorni mi è tornato alla mente questo professore, si chiamava B... Insegnava disegno tecnico. Era alto, tetro, non ti guardava mai negli occhi. Credo non avesse mai fatto un sorriso in vita sua.
Dicevo "insegnava" ma non ricordo una sola lezione in cui ci abbia detto come disegnare, anche perchè non credo che il disegno gli interessasse davvero: dava il compito e lasciava fare, silenzioso e cupo.
Durante le sue ore si viveva un costante senso di allerta: nessuno osava fiatare e si respirava un clima come di tremebonda, minacciosa attesa: aveva infatti, questo Brini, la terribile abitudine di interrompere da un momento all'altro il suo silenzio e chiamare fuori uno, metterlo in piedi di fianco alla cattedra e interrogarlo duramente - ma non sul disegno, su altro: filosofia, storia, teologia, qualunque cosa gli passasse per la testa andava bene. Erano insomma esplorazioni libere e implicitamente accusatorie di B... sulla cultura generale dell'allievo (solitamente assai deficitaria), senza voti ma in un'atmosfera - non so come ci riuscisse - da santa inquisizione.
Si dirà: e voi? non dicevate nulla? dovevate protestare. Ebbene, non ci è nemmeno mai passato per la testa. Altri tempi, non  so.
Insomma chiamava fuori uno e se non eri il prescelto tiravi un egoistico sospiro di sollievo, fino alla prossima volta, fino al tuo turno.
Ebbene ricordo di quando mi chiamò fuori. Ero al secondo banco, probabilmente avrei preferito vedersi creare una voragine sotto ai miei piedi, piuttosto che raggiungere la cattedra.
A B... piaceva dare a questo momento una certa solennità. Chiamava fuori e intimava agli altri: posate le matite. Non si sentiva volare una mosca.
Mi chiese: parlami dei Romani. L'Antica Roma.
Io non sapevo nulla, non ho mai saputo nulla, non so nulla neanche adesso dell'antica Roma. Ma anche se avessi saputo qualcosa chissà se avrei avuto la forza di parlare: ricordo solo che ero terrorizzato e che non riuscivo a dire niente. Provai a balbettare qualcosa, ma non uscì nulla.
Mi tenne lì per quanto? Cinque minuti, dieci, mezz'ora, un'ora? Mi sembrò un tempo eterno. Lo fu. Me lo ricordo ancora adesso. Non è un caso.
Quando mi mandò al posto, ricordo solo la vergogna, che è poi uno dei tratti essenziali dell'adolescenza.
Non c'è nient'altro, nè una rivincita, nè qualcuno che salta su e gli dice qualcosa, nè niente.


Vacca boia, che rabbia. Sapere adesso di conoscerle, le parole giuste da dire in quel momento. Poter tornare indietro per cinque minuti e potergli dire tutto. Ma non sull'antica Roma. No.
Adolescenti che alzate la testa, mi piacete un casino.


 
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