Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Andarsene così

Post n°566 pubblicato il 06 Dicembre 2023 da je_est_un_autre

Durante la funzione, la foto sulla bara mi ha ipnotizzato. L'ho guardata tutto il tempo, ascoltando con poca attenzione il prete, che ha avuto almeno il merito di usare un tono piano, non urtante. Tanto l'urto era comunque arrivato, deflagrante, inaudito, inaspettato, quattro giorni prima, con uno squillo del telefono.
Dicevo della foto. E' uno scatto in cui sembra sereno, mentre da dentro la cornice dà l'impressione di restituire il mio sguardo. Deve essere stata scattata dagli spalti dello stadio di San Siro, si vedono i gradoni e lui indossa una felpa con lo stemma rossonero e la stella. Da bambini eravamo stati milanisti e lui lo era rimasto, mentre io passavo presto a tifare la squadra della mia città.
Quasi coetanei, da bambini eravamo sempre insieme, io e mio cugino.
In un paesino di campagna, 45-50 anni fa i genitori non si curavano troppo di sapere in ogni momento dove si trovassero i figli. Questo ci dava una libertà di cui forse non eravamo consapevoli ma che vista con gli occhi di oggi sembra irripetibile.
Rimanevamo nella "fetta" (un pezzo di prato dietro la piazza) a giocare a pallone fino all'ora di cena, in qualunque stagione e soprattutto con quei clamorosi nebbioni che ora, nella pianura bolognese, non si vedono praticamente più. Oppure, come cavalieri senza paura, ci perdevamo nelle straducole di campagna ad esplorare i vecchi casali abbandonati. Oppure ancora, all'indomani di certe abbondanti nevicate, ci trovavamo con altri sotto il "monumento" a cercar di colpire a palle di neve il soldato in bronzo che celebra la prima guerra mondiale, o ad ingaggiare interminabili e innocue battaglie a pallate tra noi. Tornavamo a casa solo quando ci ricordavamo di averla, una casa, o quando qualche adulto veniva a cercarci. Rientravamo accaldati, stanchi, io spesso totalmente senza voce.
Non so se infanzie così esistono ancora. Mi sembra tutto cambiato. Ma forse è il destino di ogni generazione, rimpiangere un passato che è sempre, invariabilmente, migliore del presente.
Ci divertimmo, vero, Enrico? E' stato bello.
Ma era finito così tanto tempo fa.
Quel bambino dal caschetto biondo, dal sorriso largo, era diventato un adulto scontroso, chiuso, afasico, cupo. Le strade da adulti si separano, si sa, e così successe anche a noi. Quando a qualche riunione familiare (assai rara a dire il vero) ci trovavamo, scambiavamo poche parole, un saluto, poco più di un sorriso, non senza imbarazzo. Negli ultimi anni non so che cosa sia successo, non so che cosa abbia tenuto nascosto perchè tutto precipitasse così, in una malattia che deve essersi protratta per anni e di cui nessuno nulla sapeva, o almeno così pare; ma già da tanto, da molto prima, mi sembrava di intravvedere in lui una pulsione negativa, una voglia di allontanamento, in una scontentezza muta e scostante.
Ma c'è qualche mistero, qualcosa che non so e se lui voleva il silenzio forse - anzi sicuramente - è meglio non andare oltre, anzi è più giusto fare un passo indietro, con quel nodo alla gola che da ieri non riesco a sciogliere.
E il passo indietro ha quasi cinquant'anni, dove ci sono due bambini, due avventurieri felici, liberi, nella campagna aperta, che giocando abbracciano la vita.

 
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Di cosa parliamo quando parliamo di maschi

Post n°565 pubblicato il 19 Novembre 2023 da je_est_un_autre

Sto notando un'equazione rischiosa, per quanto comprensibile in queste ore: uomo uguale individuo violento. E' la solita, odiosa storia della dittatura di una minoranza: per via di qualche (molti, troppi, lo so, ma pochissimi nel mare maschile) assassino, mostro, violento, si rischia di far passare l'intero genere cui appartengo composto solo da persone potenzialmente pericolose per le donne. Non è così. Ve lo assicuro.
Sono stato, anch'io, come tutti più o meno, lasciato, abbandonato, mollato. Che cosa facevo, in quei casi? Mi disperavo. Nient'altro. Una naturale inclinazione al melodramma mi faceva comportare in modi di cui adesso dovrei vergognarmi, ma che volete, è così che sono (ero?) fatto: piangevo davanti a tutti, sfrantumavo i maroni agli amici fino a sfinirli, mi buttavo sul letto piangente e lì rimanevo per ore a fissare il soffitto mentre mia sorella, pietosa, mi teneva la mano. Insomma cose che adesso a pensarci mi fanno sprofondare nel terreno per la vergogna. Ma mai, mai, mi sarebbe venuto da correre da lei per picchiarla o peggio. In quei momenti la mia attitudine allo strazio mi faceva solo pensarla abbracciata a un altro. E giù lacrime.
Poi finalmente, un mattino, settimane o mesi dopo, così, senza nemmeno sapere come, lei non era più il primo pensiero. Si era allontanata. Si poteva tornare a respirare.
Insomma se ne esce. Anche attraverso il dolore. Che addirittura può essere anche più sobrio di così.
Come tanti altri, ho scoperto che si poteva risorgere.
Sì, lo so. Non si può liquidare la "cosa" con un "non siamo tutti così" ma non ho le competenze di un sociologo per fare le valutazioni che qualcuno dovrà pur fare.
Però voglio dire: non fate quell'equazione. E' sbagliata.

 
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Kafkianamente

Post n°564 pubblicato il 10 Novembre 2023 da je_est_un_autre

Per qualche ragione faccio quasi sempre solo sogni in cui mi trovo in estrema difficoltà, in situazioni complicate e ansiogene. Anche se si tratta di sogni affollati di gente, l'unico incapace di cavarsela sono sempre solo io. Immagino sia una tipologia di sogno abbastanza diffusa, ma mi piacerebbe sapere cosa c'è sotto, e perchè a me succeda sempre così.
A suo tempo mi cimentai anche nella lettura non semplice de L'interpretazione dei sogni, ma al di là dell'apprezzamento per la magnifica arte scrittoria del vecchio Sigmund, io tra sogno latente, sogno manifesto, camuffamento dovuto al lavoro onirico e tutte quelle storie lì, ecco, mi perdevo e soprattutto trovavo impossibile l'autointerpretazione. Per di più mi dicono che il lavoro di Freud lo si ritiene ormai abbastanza superato. E non saprei dove altro guardare, per capire il sogno di stanotte. Comunque eccolo qua.

Mi richiamavano a fare il militare. Di nuovo a Trieste. Si dirà: è un sogno indotto dalla situazione mondiale. Può darsi, ma lì sembravano tutti tranquilli. Tranne me.
C'era un sacco di gente, conoscevo quasi tutti, gente della mia età soprattutto, uomini e donne. La promiscuità tra i sessi però sembrava non turbare nè interessare nessuno, anche perchè tutti avevano il loro bel daffare, una volta arrivati in caserma. Io non riuscivo neanche a trovare la mia camerata.
La caserma era molto diversa da quella vera in cui feci il mio militare, sembrava piuttosto una sterminata fortezza kafkiana, piena di scale e camerate e corridoi infiniti. Tutti trovavano il loro posto letto, io naturalmente no. Mi affacciavo sulla soglia delle camerate, consultavo l'elenco appeso alla porta ma il mio nome non c'era mai. Facevo su e giù nei vari piani, sempre più affannato, quando una specie di superiore, tranquillo, mi diceva: ma lei non deve stare qui, deve andare al distaccamento poco lontano.
Andavo al distaccamento poco lontano.
In macchina. Ma non trovavo parcheggio. Vi giuro, era impossibile parcheggiare, lì. E poi c'erano le striscie blu. Non potevo parcheggiare nelle striscie blu, per qualche ragione lo sentivo come un azzardo pericolosissimo. E così giravo e giravo, e si faceva sempre più tardi. Ad un certo punto mi fermavo di fianco a un capannello di ragazzi coi capelli lunghi, cui chiedevo: non siete militari, vero? Loro ridacchiavano commentando in una lingua tipo ungherese. Poi chiedevo se c'era un parcheggio che non fosse striscie blu, e uno biondo e riccioluto mi guardava con compatimento, indicando una strada più in là. Ricominciavo a girare, ed era quasi notte. E dappertutto, solo striscie blu. Sempre e solo striscie blu.
Poi dice che uno si sveglia stanco.

 
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Nuovi nomi

Post n°563 pubblicato il 24 Ottobre 2023 da je_est_un_autre

...e comunque ieri sera, dopo aver terminato la mia terza giornata sul set da canoista, mi sono fiondato ad iniziare un nuovo corso, dove tra gli altri c'era anche un mio vecchio allievo, un fedelissimo, Luca, romano di Roma, un simpatico burlone, che mi ha affibbiato immediatamente un soprannome che ho trovato sublime:
Er Pagaia.
Oh, son soddisfazioni.

 
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Ciak, si trema.

Post n°562 pubblicato il 17 Ottobre 2023 da je_est_un_autre
Foto di je_est_un_autre

Sono cominciate le riprese di Rheingold, un film in cui partecipo come attore, ma soprattutto come provetto canoista.
Le riprese di ieri e di oggi (martedì) si svolgono al Lago Brasimone (850 m.).
Naturalmente ieri (essendo Day One, ovvero il primo giorno di riprese) il clima ci è stato assolutamente amico, con un delizioso crollo termico avvenuto con stupefacente tempismo, dopo cinque mesi di temperature tropicali.
In foto, il provetto canoista un attimo prima di affrontare le increspate acque del lago.

 

 
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