Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Marzo 2023

 

Solo per una deviazione

Post n°541 pubblicato il 23 Marzo 2023 da je_est_un_autre

Ho pensato a questa commedia, una commedia nuova, da scrivere.
Ci sono questi due, un lui e una lei. Sono, si direbbe, quasi amici. Conoscono e a volte si incontrano anche con i rispettivi partner, e i figli giocano assieme. Forse però loro si definirebbero prima di tutto colleghi. A volte condividono anche lo stesso mezzo di trasporto per raggiungere l'ufficio. Succedono, queste cose, da talmente tanto tempo che la fiducia reciproca è assoluta. Spesso, seduti vicini nel tragitto casa-lavoro, se ne stanno zitti, senza nessun imbarazzo.
Poi, una sera sulla via del ritorno, una deviazione nel traffico li fa passare per una strada nota, sotto una certa casa, e l'uomo, dopo un momento di silenzio, quasi per caso, butta lì una parola.
Un sassolino, ma anche meno, un granellino di sabbia, un niente.
Un ricordo, una sera. Vent'anni prima. All'inizio della loro conoscenza. L'unica sera d'amore, nascosti in macchina.
Non ne avevano mai più parlato, dopo quella sera di vent'anni prima: non il giorno dopo, nè la settimana nè il mese dopo nè mai più. Come se non fosse mai successo. Senza mettersi d'accordo avevano preso una coperta di silenzio e avevano celato la cosa.
Ma quella parola, quel sassolino, sgretola quello che sembrava un muro impenetrabile e la diga si rompe. Nessuno dei due ha dimenticato. Anzi, la memoria di quella relazione (soprattutto erotica, anche abbastanza fugace, ma un incontro tra un uomo e una donna non è mai solo eros) è ancora così viva che si ritrovano, con foga, a dire e a far dire all'altro quello che fu, come fu. Vogliono raccontare, diretti, crudi, e vogliono sapere. I dettagli. Gli odori, il piacere, i sospiri.
Non c'è più attrazione tra loro, sono cambiati, sono invecchiati, si sentirebbero strani anche solo a toccarsi, ma stupefatti si guardano, e soprattutto si guardano dentro.

Mah, non so se avrei saputo davvero scriverla, questa cosa, e soprattutto non so come sarebbe potuta finire, poi ho scoperto che esiste già una commedia quasi uguale. Non ti può venire neanche una mezza idea che scopri che l'ha già aviuta qualcun altro.


 
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Naso lungo capello corto

Post n°540 pubblicato il 19 Marzo 2023 da je_est_un_autre
Foto di je_est_un_autre

Un po' di anni fa, ce n'erano molti che suonavano l'air guitar, nei locali più alternativi. Chissà se ci sono ancora.
L'air guitar, ovvero "chitarra d'aria": infatti la chitarra non c'era.
Si mettevano nel mezzo della pista e quando il DJ metteva su il metal questi suonavano l'air guitar, ovvero fingevano di suonare, molto ginnici, molto concentrati.
Io, non ho mai suonato l'air guitar. Mi mancava la tecnica, probabilmente. E mi mancavano anche i capelli lunghi, che sono fondamentali per suonare bene la chitarra d'aria, muovendo su e giù le teste. Beh, sapete com'è, è che sono sempre stato fedele alla scuola di pensiero che dice: naso lungo vuole capello corto, e quindi niente capelli lunghi.
Ho però avuto buona dimestichezza con un sottogenere, l'air-drums. La batteria d'aria. La suoniamo in pochi, con questa abilità. Vabbè, parlo al presente, ma in verità son robe del passato. Perchè si sa, a un certo punto uno smette: forse per paura di slogarsi i polsi. Ma all'epoca, quando facevo un lavoro normale e andavo in fabbrica in macchina, che assoli, signori miei.
Ne ha sentite di belle, quella Uno diesel. Mi bastava uno stop, un semaforo, una coda, e cominciavo a slegare di batteria inesistente. Se poi lo stereo mandava del synth-punk, ciao. Che per me era la quintessenza della musica dura, nuova, moderna, metropolitana. Così pensavo, mentre attraversavo una frazione di Formigine (MO), sperando in un semaforo rosso. E se arrivava, era air-drums. E dietro di me, ovviamente, clacson come se piovesse. Quanti nomazzi avrò preso.
Ebbene, perchè racconto tutto questo? Perchè stamattina in macchina ho messo su una chiavetta con un po' di pezzi come si deve, di una volta. E quando è partito il synth-punk, beh...ero al semaforo, sulla circonvallazione. E lì, che cosa fa uno?
Indovina un po'.

 

 
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Tulipaveri

Post n°539 pubblicato il 12 Marzo 2023 da je_est_un_autre


Nel paesino dal quale provengo, non si può certo dire che non si sia devoti alle piccole e grandi glorie locali. Le Lamborghini campeggiano sui muri, nei calendari, nelle rotonde delle strade, nelle vetrine dei negozi con ogni sorta di gadget; non parliamo poi dell'Adionilla nazionale, la Nilla della canzone, che è omaggiata in ogni angolo del borgo, e addirittura il maestoso acquedotto è stato ridipinto sotto forma di papavero (eternato in musica, come è noto, assieme alle papere), e adesso giganteggia visibile anche da molto lontano, là in mezzo alla campagna.
Ma ora questo papaverone, si direbbe, ha figliato, e sono spuntati qua e là nel centro del paese tanti papaveri rossi dell'altezza di un onesto lampione, che in effetti si illuminano di notte, creando un gioco di luci colorate a suo modo affascinante.
Però, però.
Tutti li hanno guardati e, perplessi, si sono fatti una domanda:
ma son papaveri o tulipani?
Le discussioni, nei bar e sui social, sono infuocate.
Ora, nel borgo dove il papavero impazza la risposta alla domanda di cui sopra dovrebbe essere scontata: eppure, sarà anche perchè la fazione tulipanesca pare assai agguerrita, qualche domanda me la son fatta anch'io, e le certezze vanno sgretolandosi.
(Anche se c'è poi da chiedersi perchè mai l'artista, dovendo costruire dei papaveri, abbia poi virato sui tulipani. Avrà forse trovato i primi troppo provinciali? Vai a sapere).
E comunque siamo ben lontani dall'avere una risposta definitiva, anzi il panorama diventa sempre più fosco: giusto ieri sera un amico, in uno dei locali più noti del circondario, ha all'improvviso abbassato la voce e mi ha detto nell'orecchio "ho saputo da mio cugino, che lavora da trent'anni nell'agronomia, che non sono nè papaveri nè tulipani, ma campanule. Campanule". Poi, tirato su il bavero della giacca, si è allontanato furtivamente.

E io.
E io che speravo fossero mille papaveri rossi.

 

 
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Valkirie

Post n°538 pubblicato il 04 Marzo 2023 da je_est_un_autre

Mi è bastato l'ascolto casuale, alla radio, di tre secondi della Cavalcata delle Valkirie di Wagner, per aprire di colpo uno squarcio sul passato.
Ero alle medie, forse in seconda, non ricordo. Avevamo questa materia, al pomeriggio, si chiamava "Drammatizzazione"; che a pensarci ora - considerando che si era solo nei tardi anni Settanta - doveva essere un esperimento didattico piuttosto audace. In sostanza, si faceva più che altro teatro (e vabbè, lo so, rischio di essere un po' scontato a dir che mi piaceva: è fin troppo ovvio che quella prima pionieristica esperienza deve avermi influenzato un zinzello; ma pensate che mettemmo addirittura in scena L'avaro di Molière, mica una robetta così), e non smetterò mai di ringraziare idealmente quella Prof che mi fece scoprire la mia America.
Ma non solo del teatro si faceva, in quelle ore.
Dicevo infatti delle Valkirie. Questa Prof, che doveva essere assolutamente visionaria, applicava una metodologia di lavoro per noi assolutamente sorprendente. Un pomeriggio arrivò a scuola con un apparecchio stereo (e questa presenza incongrua, uno stereo a scuola, ci fece strabuzzare gli occhi) e disse: "prendete un foglio e una matita: metterò su un disco e voi disegnate quello che volete, ascoltando questa musica". Chissà, noi ragazzini forse avremo ridacchiato, un po' divertiti e un po' imbarazzati.
Poi lei mise su il disco, e fu il momento di Wagner.
Ora, lo confesso: io ho sempre disegnato male. Ma male male, credetemi.
A me quella musica ispirava una scena di guerra medievale, con le spade, gli elmi, gli scudi, i soldati bardati di corazze metalliche. E provai a disegnare quello che nella mia testa stavo "vedendo". Naturalmente il risultato fu raccapricciante: neanche uno bendato avrebbe potuto far peggio.
Finita la musica, la prof venne a vedere tutti i nostri disegni. Arrivato il mio turno, lei guardò il disegno e sorrise, con un piccolo cenno di assenso. Nient'altro. E se c'è una rivoluzione dentro a una rivoluzione, fu quella: mi sentii NON giudicato, e per me fu dapprima un sollievo, e poi soprattutto un insegnamento clamoroso, tant'è vero che me lo ricordo ancora, con una vivezza che se sapessi disegnare vi farei un disegno.
Tutto questo per dire cosa? Non so, forse questo: che non si deve avere paura delle novità, dei cambiamenti di rotta. Possono arricchire. Arricchiscono. Davvero.

 
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