Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Messaggi di Novembre 2016

 

Il punk è morto, e anche noi stiamo come stiamo

Post n°287 pubblicato il 27 Novembre 2016 da je_est_un_autre

Leggo da qualche parte che un tal signor Joseph Corré - marginalmente il figlio di Malcolm MacLaren, quello cioè che nel '77 ha preso in mano un movimento ancora genuino e ne ha fatto un business, diciamo - ha radunato la collezione di cimeli, dischi e rarità ereditata dal padre (una raccolta valutata cinque milioni di sterline), l'ha portata in una barca sul Tamigi e l'ha bruciata. 'Un gesto davvero punk', sentenzia lui.
A me pare invece che la cosa sia andata così: il signor Corré deve essersi chiesto "mi si nota di più se vivo fino alla fine dei miei giorni in questo deprimente anonimato, o se chiamo tutte le televisioni e faccio una vaccata epocale in diretta tv?". E poi si è dato la sua risposta.

Povero punk, che fine ingloriosa. Questa notizia mi ha messo su una certa tristezza perchè ho sempre guardato con simpatia al punk e avrei preferito un congedo più degno.
Certo, di mio, mai stato punk. Non avrei mai tollerato l'idea di bucarmi la pelle con delle spille da balia, e non avrei mai avuto il coraggio di truccarmi gli occhi o tirarmi su i capelli a cresta di gallo. Il fatto è che credo che per diventare una certa cosa, devi avere su la faccia giusta. Non c'è niente di più triste di un punk improbabile. (Ricordo una vacanza con gli amici in Grecia, avrò avuto vent'anni. Non esisteva per noi la parola "prenotare" così arrivammo a Ios senza la minima idea di dove avremmo alloggiato. Chiedemmo a qualcuno lì nel porto e ci indicarono una casa: "Là c'è una signora che affitta delle stanze". Andammo, e in questa casa c'erano in effetti delle stanze, ma i letti erano solo dei materassi buttati lì, e c'era anche un bel po' di gente bisognosa di una doccia che ciondolava in  giro. Così arrivavi, sceglievi il tuo materasso ed era tutto. Niente armadi, niente sedie, niente di niente. Non  esattamente il Ritz, ma per noi andava bene. Quando, dopo una sera piuttosto movimentata tornammo lì, trovai il mio materasso occupato, e sopra ci dormiva un punk. Ma questo punk non era un punk normale, lo guardai bene e pensai "è un punk buono". Cercai di svegliarlo, ma lui grugniva e non si svegliava. Però accidenti, quel materasso era il mio. Così decisi di andare per le spicce. Mi feci aiutare da un amico e sollevammo il materasso, lo trascinammo fuori e liberai così il mio letto. Il punk buono rotolò per terra senza lamentarsi troppo, disse qualcosa in una lingua incomprensibile e se ne andò. Da quel giorno per noi "il punk buono" restò proverbiale e lo citammo per parecchio tempo).
Ecco, io non  avrei mai tollerato di essere un punk buono, ma forse avrei avuto proprio quella faccia lì. Insomma mai stato punk, ma certe canzoni sono belle, certi album addirittura invecchiano bene, che si sa che col rock la vera difficoltà è proprio quella (ricordo che quando me la tiravo da darkone ascoltavo certe cose che se le riascolto adesso mi suonano addirittura ridicole). Non lo so, prendiamo quasi tutta la discografia dei Clash di quegli anni  ad esempio. O i Jam. O gli X di Los Angeles. E certe canzoni esplosive come New Rose dei Damned.

Insomma si poteva pensare a qualcosa di meglio, per salutare.
Tipo andare sul Tamigi, bersi una pinta di birra con New Rose nelle orecchie e pensare al bel tempo che fu.
Non è forse meglio?

 
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Pillole per non far morire il blog (o per dargli il colpo di grazia, forse)/10

Post n°286 pubblicato il 17 Novembre 2016 da je_est_un_autre

Non riesco. Non appena ci provo, ad informarmi quel zinzello di più per andare alle urne con qualche consapevolezza, mi viene sonno.
La mia scelta serale, una volta nel letto, va suddivisa fra tre volumi che ho sul comodino:
- un Saramago iniziato da poco con la sua prosa torrenziale senza punti e senza mai riposanti andate a capo
- l'ultimo Freud già anziano e sofferente, ripetitivo e poco chiaro
- un bignamino della misura di un libriccino per bambini dal titolo ecumenico "Perchè sì/perchè no - Perchè no/perchè sì", con le lettere a caratteri cubitali, mancano solo i disegnini.
Su quale dei tre non vado mai a buttare gli occhi in quelle ultime ore della sera?

Continuando così rischio davvero di decidere all'ultimo, orientato più da sentimenti personali che da valutazioni quanto più possibile oggettive.
Rischio di decidere in gabina. Però magari Saramago e Freud restano a casa.

 
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Lasciami qui/3

Post n°285 pubblicato il 06 Novembre 2016 da je_est_un_autre

“Sei un cacasotto”
”Oh, senti, Gaddi. Dacci un taglio, ok? Mi conosco, te l’avevo detto che era un’idea del cavolo”
”Bella figura mi hai fatto fare. Mentre tu te la davi a gambe lei mi ha chiamato tre volte: sai l’imbarazzo? Non sapevo cosa dire, ho inventato due stupidaggini del tipo che hai una macchina vecchia che è un miracolo se sta ancora tutta insieme e che ultimamente avevi una pessima cera. Secondo me ha pensato che eri morto”
”Così magari la prossima volta te li farai davvero, i casi tuoi”
”Non ci sarà nessuna prossima volta. Dovesse capitarmi nuovamente di incontrare una lettrice, su fb, ci vado io a cena con lei all’Ultima Spiaggia. Quando ho compiuto vent’anni mi hanno regalato ‘Lo Zen o l’arte della manutenzione della motocicletta’ quindi gli argomenti non mi mancheranno: è giunta l’ora che quei due anni di lettura diano dei frutti”

Nella nostra città, quando arriva novembre è uno schifo. Ricordo che da giovane dicevo di amare il freddo, anche la pioggia. Sarà anche stato vero. Certo adesso non mi sembra nemmeno più di essere la stessa persona. A furia di incassare la testa fra le spalle per il freddo potrei anche sparire del tutto, sotto questo portico umido di vapori di nebbia e urina.
Ho l’abitudine di camminare ogni sabato pomeriggio fino alla libreria, nel centro della città. Tengo gli occhi dritti davanti a me. Del resto non c’è molto da vedere: coppie stizzite che passeggiano, i soliti questuanti, l’uomo deforme che ostenta le sue mostruosità.

Così, cammino e basta. Guardo per terra, conto le righe, indovino distanze.
Conosco a memoria questo tratto di pavimentazione. So che sono quasi arrivato.
Qui, il lastricato finisce.
Poi, circa tre metri di asfalto.
A sinistra, una colonna con la base usurata.
Ecco l’ultimo tratto di strada.
Ci sono, alzo la testa, e.
E.
C’è.
Lei.
Sono passati due mesi da quella sera, e c’è voluto meno di un secondo per incassare un KO cento volte più potente di quello dell’Ultima Spiaggia.

Come un uomo con due cervelli che sviluppa contemporaneamente due ragionamenti, io penso:

- che è decisamente più meravigliosa di quanto abbia potuto intuire all’Ultima Spiaggia

- che è più alta di quanto immaginassi

- che i suoi occhi virano impercettibilmente al verde

- che deve avere cambiato qualcosa ai capelli in questi due mesi

- che sorride con una fila di denti così perfetti da muovere al pianto

- che vorrei non pensare tutte queste cose per quanto mi fanno sentire idiota

ma intanto penso anche che:

- si tiene abbracciata a uno

- che si sorridono, che lei sorride a lui, che sembra felice, che lo è

- che lui neanche lo vedo, non riesco nemmeno a guardarlo, ma che se mi sento devastato, da un secondo all’altro, lo devo a lui

- che li sto quasi incrociando, e che il mio passo si è rallentato

- che si impara a odiare in un momento, anche non volendolo

- che i secondi non durano niente

- che è già tutto finito
Reprimo un desiderio feroce di voltarmi indietro. Sono fermo. Mi sento addosso la mia stessa faccia. Non ho bisogno di uno specchio per sapere i miei occhi.
Li chiudo. Deglutisco. Li riapro.

Guardo in su, verso l’arcata del portico a sinistra, che da questa parte è così alto.

Il cielo è bianco, lattiginoso, muto, distante.

Sono sbriciolato. Non riesco a pensare a niente.

Solo un rimpianto struggente, antico come una pietra.
Provo una pena per me che non riesco a dire.

E il cielo è lì. Altissimo.

Il nostro corpo, è una prigione.

 

(Fine)

 

 

 
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