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Post n°428 pubblicato il 23 Agosto 2020 da je_est_un_autre

Ho partecipato a un concorso letterario per monologhi teatrali: non ho vinto.
Me ne rendo conto, non è una gran notizia, soprattutto non è affatto sorprendente: non ho mai vinto niente, a nessun concorso letterario, mai. Nemmeno un terzo premio al concorso di racconti indetto dalla ProLoco di Roccafrescia, per dire.
Del resto quando le vado a rileggere mi stupisco io stesso di quanta temerarietà abbia avuto a spedire in giro certe schifezze. E' che mentre le scrivo penso: "...bello! qui sì che funziona! ...ahah! e senti qua che idea! grande, grande!..." ecc. Poi spedisco, perdo, rileggo e vedo tutte le imperfezioni, le banalità, le ripetizioni, la noia. Bah.
Comunque stavolta, più che mai avrei dovuto saperlo fin da subito, che non avrei avuto nessuna possibilità, fin dalla scelta del tema: il lockdown. Vien subito da dire: vabbè, che due palle. E' vero o no?
In più, bastava un piccolo ragionamento: come è possibile essere "nuovi", o interessanti, o accattivanti, scrivendo di un'esperienza che abbiamo vissuto tutti? e non solo le abbiamo vissute tutti, quelle esperienze lì, ma per molti aspetti si somigliano tantissimo tra loro. Chi è disposto a mettersi seduto in platea ad ascoltarti? O anche solo a leggerti? Chi è disposto a dare un grammo di attenzione a un teatro che interessa solo a chi l'ha scritto?
Poi, come se non bastasse, sembra già un fatto lontano, quel lockdown: nel frattempo abbiamo avuto a che fare col sollievo per averla quasi scampata, e già sono insorte le nuove preoccupazioni per dei numeri che non ci confortano affatto, anzi. Forse un altro problema è proprio questo: non fai in tempo a scrivere una cosa, su questi temi, che è già vecchia. Figurati la scrittura per il teatro, che è un'arte bisognosa di tempi di maturazione ampi, ampissimi.
Magari spedisco il mio lavoro al concorso di Roccafrescia, chiedendo che il monologo venga aperto nel 2070. Potrebbe essere un'idea.

 
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