ARTURO: Cos'è, prima minacci di chiudere il blog poi pubblichi un dialogo con me?
IO: Un po' mi è passata. E poi non scrivevo un Dialogo con te da un anno e mezzo. Magari uno va a pensare che non ne avrei più scritti.
ARTURO: Immagino il dramma. Saranno scattate petizioni e richieste con migliaia di firme, immagino.
IO: No, in effetti no.
ARTURO: Ma guarda.
IO: Però in questi giorni ti guardavo, sotto l'albicocco, e avrei voluto essere te.
ARTURO: Non so perchè ma la cosa mi fa un po' senso.
IO: Si deve stare bene, là sotto. Vedo che ti sistemi sempre sotto le frasche che sono a lato dell'albicocco.
ARTURO: Te lo dico subito, in due non ci si sta.
IO: Mi hai fatto passare qualche brutta settimana con quella spondilite che avevi, sai?
ARTURO: La schiena a pezzi era la mia, però.
IO: Non so come fai, ma sembri non pensarci. Ti metti le cose dietro le spalle e riparti.
ARTURO: Io non ho spalle. I gatti non hanno spalle.
IO: Insomma, oggi ti ammiro.
ARTURO: Che cavolo sta succedendo, qui?
IO: Ora vado su. Gli impegni così umani, troppo umani mi chiamano.
ARTURO: Meno male.
IO: Se più tardi mi viene da rimirarti, magari vengo giù e mi posiziono dalle parti del melograno.
ARTURO: Non sei obbligato.
IO: Ci vediamo dopo, proprio qui, nel muto orto solingo...
ARTURO: ...Ma santapace.
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