I talenti non vanno dimenticati, speriamo che qualcuno ricordi “un poeta”.

A luglio ricorre il centenario della nascita di Tito Balestra, artista e poeta delicato di versi mai troppo noti, nonostante sia stato un personaggio di spicco nel mondo letterario della prima metà del novecento , amico e frequentatore di molte celebrità della cultura, dell’ arte, del cinema di quel periodo. Molto amico di Tonino Guerra,  col quale trascorse la giovinezza, il quale fu il primo ,forse ,a riconoscere il valore letterario di Tito. Vi racconto questo episodio :

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A Longiano vive un poeta che si chiama Tito Balestra che è amico di un altro poeta che si chiama Tonino Guerra, che è di Santarcangelo. Vanno al mare in bicicletta, mangiano il cocomero, scrivono poesie. Poi arriva la guerra, Tonino si nasconde ma viene scoperto e deportato in Germania. Tito resta in Romagna, partecipa alla Resistenza aiutando partigiani e Alleati. Poi torna la pace, si trasferisce a Roma e conosce Anna. Per lei scrive una poesia che finirà in una raccolta da un titolo bellissimo: ‘Se hai una montagna di neve tienila all’ombra’. È la poesia d’amore migliore di tutto il ‘900, dice Tonino quando la legge per la prima volta. E ha ragione.

Anna ho comperato un pezzo di terra
ho un cavallo, una frusta e sollevo la polvere
e chiamo il vicino e gli tocco la spalla
oppure un altro, un sogno piu piccolo,
io e te insieme abbiamo una stanza
e abbiamo vetri contro il vento e la pioggia
e un cuscino un po’ grande che basta per due
guardami in faccia ho gli occhi castani.

21 Marzo, inizio di Primavera, giornata dedicata alla poesia.

 

In questa poesia la donna di Neruda è un’anonima donna amata,  ed egli elogia  l’effetto positivo , la cui sola presenza nella sua vita esprime il sentimento di amore sconvolgente che ha suscitato in lui. Già nei primi versi la descrive coi segni naturali della  primavera, e parla di lei come la bella stagione.
Un apprezzamento verso l’amata che è anche una celebrazione del valore di rinascita e di vita intrinseco nella primavera stessa, con un invito diretto a “farsi primavera”, quasi un auspicio a dedicarsi all’amore, senza più paure e incertezze.
Celebri i versi finali con cui si conclude questa dolce poesia scritta dal poeta cileno Pablo Neruda: “Voglio fare con te / ciò che la primavera fa con i ciliegi“. Una dichiarazione d’amore tenera ed esplicita, che esprime la volontà di dedicare la propria vita all’amata, a “fiorire” insieme come in Primavera.

Questa poesia è la mia scelta per l’inizio della Primavera e per la giornata dei versi poetici, che si celebra oggi.

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“Giochi ogni giorno”

Giochi ogni giorno con la luce dell’universo.
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell’acqua.
Sei più di questa bianca testolina che stringo
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno.

A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all’ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un’ombra strana nei tuoi occhi.

Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.

Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l’astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell’universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.

Pablo Neruda

 

Tenerezza. Una poesia stupenda di Vinicius de Moraes

 

Io ti chiedo perdono di amarti all’improvviso
Benché il mio amore sia una vecchia canzone alle tue orecchie,
Delle ore passate all’ombra dei tuoi gesti
Bevendo nella tua bocca il profumo dei sorrisi
Delle notti che vissi ninnato
Dalla grazia ineffabile dei tuoi passi eternamente in fuga
Porto la dolcezza di coloro che accettano malinconicamente.
E posso dirti che il grande affetto che ti lascio
Non porta l’esasperazione delle lacrime ne il fascino delle promesse
Ne le misteriose parole dei veli dell’anima…
È una calma, una dolcezza, un traboccare di carezze
E richiede solo che tu riposi quieta, molto quieta
E lasci che le mani ardenti della notte incontrino senza fatalità lo
sguardo estatico dell’aurora.

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Che sarà mai la nostra anima? Wislawa Szymborska prova a raccontarcela…

Ma la nostra anima com’è? Così ce la descrive Wisława Szymborska

Una delle domande su cui spesso non abbiamo tempo di fermarci a riflettere – e in realtà, anche avendo tempo, non abbiamo modo di procurarci grandi risposte – è proprio questa: come sarà mai la nostra anima?
Wislawa Szymborska ha provato a raccontarcela in questa bellissima poesia, scritta con un linguaggio semplice e diretto , ricca, tuttavia di spunti su cui riflettere su cosa sia l’anima.E tutto questo è tipico di questa poetessa polacca, Premio Nobel per la letteratura, che sa sempre toccare temi semplici o meno abbordabili con un linguaggio quotidiano,facile, ilare e ironico, o serio ,di comprensione immediata. La quotidianità di fatti, ed emozioni sono la sua poesia.

Qualche parola sull’anima
L’anima la si ha ogni tanto.
Nessuno la ha di continuo
e per sempre.

Giorno dopo giorno,
anno dopo anno
possono passare senza di lei.

A volte
nidifica un po’ più a lungo
solo in estasi e paure dell’infanzia.
A volte solo nello stupore
dell’essere vecchi.

Di rado ci dà una mano
in occupazioni faticose,
come spostare mobili,
portare valigie
o percorrere le strade con scarpe strette.

Quando si compilano moduli
e si trita la carne
di regola ha il suo giorno libero.

Su mille nostre conversazioni
partecipa a una,
e anche questo non necessariamente,
poiché preferisce il silenzio.

Quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,
smonta di turno alla chetichella.

È schifiltosa:
non le piace vederci nella folla,
il nostro lottare per un vantaggio qualunque
e lo strepito degli affari la disgustano.

Gioia e tristezza
non sono per lei due sentimenti diversi.
E’ presente accanto a noi
solo quando essi sono uniti.

Possiamo contare su di lei
quando non siamo sicuri di niente
e curiosi di tutto.

Tra gli oggetti materiali
le piacciono gli orologi a pendolo
e gli specchi, che lavorano con zelo
anche quando nessun

Non dice da dove viene
e quando sparirà di nuovo,
ma aspetta chiaramente simili domande.

Si direbbe che
così come lei a noi,
anche noi
siamo necessari a lei per qualcosa.

Sentir parlare di poesie sull’anima può far pensare a qualcosa di tremendo, a metà tra lo sdolcinato e l’esoterico, invece io credo che qui ci sia tutt’altro: una lucidissima raffigurazione di quello che possiamo capire, con gli strumenti che abbiamo, di quella parte di noi che ci portiamo dietro a volte senza accorgercene.

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Pace non trovo…

Poeta, intellettuale, viaggiatore: in Francesco Petrarca troviamo l’animo europeo ante litteram. Il suo Canzoniere è uno scrigno di versi preziosi, ma questo sonetto riesce a trasmetterci subito il brivido della passione amorosa, quando questa ci travolge ed è più forte di ogni nostro sforzo e uccide la volontà di dire no.
Pace non trovo et non ò da far guerra è l’incipit del sonetto CXXXIV del Canzoniere . Esso rappresenta una riflessione relativa al dissidio interiore del poeta causato da Amore . Il poeta ce la racconta attraverso una serie di affermazioni paradossali e contraddittorie dove già il primo verso esprime questa condizione di incertezza: il poeta non trova la propria pace interiore, ma non ha mezzi per fare alcuna guerra.
Petrarca esprime direttamente alla donna amata, Laura, le ambiguità alle quali la passione l’ha costretto e per le quali non trova rimedio. E’ un meraviglioso canto d’amore, il perdersi consapevole nell’altro.

Pace non trovo, et non ò da far guerra,
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra;
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.

 

rosarossa2

Io sono due…

“Io sono due..”

Io sono due
è chiaro ora
sono due più uno
meno uno e fanno due
che due volte sono
nata e due volte morta
due volte mi sono persa
forse una volta di più
perché due e una sono tre
le volte che ho sbattuto
e una volta ho anche vomitato
ma erano forse due
dato che sono in quattro
a tirarmi per i piedi
mentre dormo con voce di drago
e una volta sola ho amato
ma saranno duecento le volte
che ho toccato l’allegria
però non duecento volte sono nata
perché al centonovantanove
mi sono stufata ed ecco
al due mi sono scordata
non fosse due sarebbe zero
sono io e l’altra due
prendimi come sono
di una due e di due una.


Dacia Maraini