Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Il labbro sul bicchiere

Post n°221 pubblicato il 17 Settembre 2013 da je_est_un_autre

Ho questo vizio di baloccarmi coi ricordi che è il vizio peggiore di tutti perché  paralizza dando però la sensazione di muoversi continuamente, cullati come da un liquido amniotico o da una corrente calda e carezzevole, quasi il prolungamento di un piacere per una volta non violento e non immediato e non feroce, e quindi alla fine nient’affatto maschile.

Giulia aveva gli occhi neri più belli che avessi mai visto, luminosi e profondi e dal taglio quasi orientale, le labbra appena dure ma ben disegnate, i denti perfetti. Quando la conobbi aveva i capelli corti, quasi da maschio, e questo e la voce e un tono a tratti assai asciutto, quasi brusco, tutto le dava un’aria di scabra severità, tradita per fortuna e all’improvviso da qualcuno di quei sorrisi che sapevano convertire tutto in grazia. Era bella di una bellezza difficile, aspra, scostante, come la sua intelligenza non comune, spaventevole per la maggior parte degli uomini.
Quando arrivò a casa mia era la seconda volta che ci incontravamo, ed è stata anche l'ultima. In ogni caso era la prima da soli. Come al solito in questi casi mi  sento goffo, ho sempre l'impressione che mi manchino gli argomenti, mi scopro a chiedermi dove sia possibile rintracciare una battuta prima di morire definitivamente per la noia che so autoinfliggermi.
Per fortuna avevamo un sacco di ore a disposizione, e dopo un pranzo in cui avevamo fatto a gara a chi mangiava di meno, ci sciogliemmo un po’ chiacchierando sul divano, lei di certi uomini che aveva conosciuto e che l'avevano delusa e dei quali adesso poteva ridere, io rintuzzando e prendendo così, per gioco, le difese di alcuni di questi uomini.
Poi ci fu un momento di silenzio e le chiesi se volesse un caffè: ella rifiutò, dicendo di preferire piuttosto qualcosa di forte. Non avendo nient'altro in dispensa, le versai in un bicchiere questa specie di nocino fatto in casa, il liquore più scandalosamente simile ad una disgustosa medicina che avessi mai assaggiato in vita mia, e fu così che glielo presentai.
Lei rise e al primo sorso finse buffamente di soffocare. Ridemmo assieme e poi tornò il silenzio.
Giulia prese a fissare il vuoto avanti a sé con un lieve sorriso inconsapevole, come quando ci si incanta con lo sguardo. Con la bella testa ben ferma e appena piegata da un lato, giocherellava col labbro inferiore sul bordo del bicchiere, lentamente, e questo gesto probabilmente del tutto involontario era così sensuale, così caldo e ingenuo e inavvicinabile, perfetto, che ne fui catturato. Il labbro scivolava sul vetro per pochi millimetri poi si fermava, come in una danza di muta sensualità. Poi Giulia d’improvviso si voltò e chiese: che c'è? e io risposi, nulla.
Il resto della giornata trascorse tranquilla, senza scosse. Parlammo molto, di tutto.
Quando venne il momento di andare, la guardai mentre raccoglieva la sua borsa e le sue cose. Non si poteva non essere colpiti da quella alterità di lei, da quella così strana differenza, che però non aveva nulla di indisponente.

Non ho più visto Giulia. Anche le telefonate si sono diradate fin quasi a sparire del tutto. La vita ci allontana e per lei questo è tanto più vero, e in qualche modo ci si fa sempre una ragione di tutto. Le piace andare, le piace pensare di potersi costruire una vita altrove, sempre in un nuovo altrove, mai pacificata, mai rassegnata.
Ha cancellato quasi ogni traccia di sé, Giulia, solo una piccola foto è rimasta.
Deve essere stata scattata prima del nostro incontro, i capelli sono più lunghi, il viso forse più giovane, gli occhi sono pervasi da una sorta di stupefazione e le labbra, ferme come per la sorpresa, sembra stiano per raddolcirsi in un sorriso, come di chi si risveglia da un incanto.

 
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