Creato da: je_est_un_autre il 04/11/2008
Date la colpa alla mia insonnia

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Estati. Tipo a metà degli anni Settanta. Poi nei primissimi Ottanta.

Post n°94 pubblicato il 11 Giugno 2010 da je_est_un_autre

Seduto sulla tazza del cesso mi sentivo lontano da tutto. Mi piaceva stare lì.
Mi piaceva soprattutto stare solo nel fresco e spiare, con la tapparella quasi del tutto abbassata. Appena fuori, il ronzio di una mosca sul davanzale incandescente. A volte chiudevo gli occhi e tiravo forte su col naso.

Non visto guardavo la parete scrostata e inondata di sole della casa di fronte, che un tempo doveva essere stato un vecchio mulino. La casa aveva una specie di portico al pianterreno, e dalle volte pendevano ragnatele pesanti come stracci.
Lì sotto c'era il cadavere di quello che dicevano essere stato il mulino, niente più che un mucchio di ferraglia arrugginita che ostruiva quasi del tutto l'ingresso.
Dietro le finestre piene di polvere la casa appariva buia. Eppure in quel tugurio ci abitava una vecchia, sola.
Mi faceva paura, anche se sicuramente era del tutto innocua. Ricordo che a volte mia madre diceva: "A'iò vést l'Ada, in cu!", come fosse un evento - e in effetti non la si vedeva quasi mai. Quando la sentivo dire così ringraziavo di non essere stato io, ad incontrarla. Tanto, da là sopra non avevo nulla da temere.

Pensavo solo che era iniziata l'estate, che le ore erano lunghissime e che i giorni era impossibile contarli. Avevo come un senso di vertigine, a pensare a tutto quel tempo che era mio, che non sarebbe finito mai, e a quello che avrei potuto fare.

Quella era anche la stagione in cui mi sentivo forte per un amorino che poi non ebbe conseguenze, come succede per gli amori a otto anni. Lei era bella, sembrava un'indiana. Avvisai io il mio rivale, già in vacanza da qualche giorno, della scelta che ella fece, e che mi fu comunicata dalla sua più cara amica. Ricordo che scelsi una cartolina postale, mi sembrava più serio di una cartolina panoramica. Ponderai ben bene le parole, sapendo di procurare un dolore che purtroppo ritenevo inevitabile.
Lei, la rividi solo dopo tre mesi, se ben ricordo, per scoprire che avevano deciso di cambiarla di sezione a scuola e che quindi l'avrei vista ancora meno.
Ma che importava? Quello che contava era il successo di quell'estate. Mi bastava.

Anni dopo, adolescente impacciato, la incrociai sul lungomare di Cervia in una delle prime vacanze con gli amici. Era già una bellezza sfolgorante, naturalmente mi si seccò la bocca e non riuscii a tirar fuori una parola. Mi prese una sorta di paresi e non ricordo come uscii da quella situazione. Probabilmente i miei amici mi fecero rinvenire buttandomi dell'acqua di mare in faccia.
Che avrei potuto fare, a quel punto, di fronte ai loro lazzi? Protestare? Raccontare che c'erano state altre estati?
Macchè. Tutto inutile. Chiudevo gli occhi alzando la testa verso il sole, e tiravo forte su col naso.

 
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