S_CAROGNE

Maledetta primavera

Sono una conformista, lo sapete. Allora, ad esempio, mi aspetto che il 21 marzo gli uccellini cinguettino al mio passaggio, la gente canticchi fiori rosa fiori di pesco e un sole tiepido mi carichi le batterie, consentendomi di dedicarmi spensieratamente ai miei ormoni in festa. Questo è il motivo del leggero disappunto provato in quel di Roma sotto il mio ombrello ultraleggero, sfociato poi in astiosi pensieri rivolti alle principali capitali europee, o meglio ai loro abitanti. Li detesto: vivono in città da sogno, io a Bari. Amo Bari, sempre meglio di Frosinone, insomma, ma la amo perché ci sono nata e c'è il mare: non la amerei se fossi una turista di passaggio. Provo a fare la disinvolta nella città eterna, ma gli occhi mi tradiscono: rivelano sorpresa e soprattutto attenzione, perché devo scendere alla fermata giusta, non conosco le strade e i negozi. Entro in un bar. Ma sì, chiedo un caffè. Ci vuole tempo per sentirsi a proprio agio, per essere dei clienti abituali (forse se non chiedessi dov'è il bagno sarebbe meglio) e poi non sarebbe male essere scevri da inflessioni dialettali (all'estero, ovviamente, le cose si complicano). Esco. Ora potrei sembrare di Roma da generazioni: ho nascosto la guida nella borsa (in tinta con l'ombrello) e non ho zaini e provviste con me. Guardatela, la stronza: oltre a essere carina, è entrata in quel pub delizioso, a colpo sicuro, senza litigare con la maniglia, e non si è guardata intorno. Vorrei appartenere a questa folla residente che gira senza stupore, considerando normale ciò che per me è elettrizzante e stimolante. Quando riesco finalmente a darmi un tono, in perfetto stile Stanislavskij, ecco che uno stupido turista mi chiede informazioni. Perché proprio a me? Sono ore che vago per la città con un sorriso ebete pur di non consultare la cartina e ora tutta Termini sa che io non sono nata qui.