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Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Palese Macchie
Post n°337 pubblicato il 06 Luglio 2008 da sara_1971
Per sperimentare nuovi sentieri di contrizione e mortificazione Sara_1971 in una torrida mattina di un sabato primaverile decide di imbarcarsi in una nuova, sfigatissima avventura e si presenta in aeroporto acchittata come si deve, deprezzata soltanto da un orzaiolo delle dimensioni di una pallina da tennis apparso nottetempo come segno propiziatorio per l’imminente viaggio. Sara, compitina, si mette in fila per il check-in: lei non lo sa ma è giunto il momento di meritarsi un posto in prima fila in questo mondo in cui tutti, dai Savoia ai Riina, hanno qualcosa da raccontare circa l’illecito possesso di armi ed il relativo improprio uso. Adagia la borsa sul nastro trasportatore e improvvisamente ricorda di avere in borsa un piccolo, simpatico oggettino utile in caso di avaria in mare, una sciocchezzuola, una inezia, una minuzia sia chiaro. Cosa? Ma suvvia quante storie, non è il caso di specificare adesso. Sara alza gli occhi al cielo con la ferma volontà di implorare un miracolo ma lì in alto trova soltanto un Dio irato a braccia incrociate che batte la punta del piede a terra perciò si prepara spiritualmente ad aggiungere una figurina al suo personale album di figuracce, preparandosi a chiarire ciò che non si vorrebbe mai essere costretti a spiegare. E cioè come mai una piccola lanciarazzi si trovi nel cupo della sua sordina sul nastro trasportatore del Gate 3. Sara vede l’arma passare di mano in mano fino a quello che sembra essere il responsabile della sicurezza e ad ogni passaggio impreziosisce i suoi pensieri con gasteme (placcate gold) all’indirizzo di Erba, colpevole di averla costretta a portare l’arma seco in occasione dell’uscita con il tenero vogliosara. Sara tenta di giustificare l’ingiustificabile con un vanesio battito di ciglia e una nonchalance che non le appartiene (perdinci, arriva sempre il momento di comportarsi come una dona raffinata): “tò, ecco dove era finita, è dall’ultima volta che sono andata in barca che la cercavo…” Sorriso. Silenzio. Senza smettere di fissarla il gagliardo funzionario posa l’oggetto della disputa sul tavolo con lo stesso primordiale vigore con cui i suoi antenati scimmieschi scagliavano selci nelle praterie, senza riuscire a privarsi del moderno piacere di una blanda imprecazione: tsk, è incredibile quanto la presenza di un paio di piercing aumentino il coefficiente di mal sopportazione di chi ci è di fronte. Sara (aereofobica dalla nascita al pari di Erba) si accomoda sulla navetta e si immerge nella preghiera precedente l’imbarco dopo aver inavvertitamente pestato un manufatto intestinale di un cane (rewind: è successo anche con vogliosara), spandendo intorno a sé un aroma capace di profanare i calici e gli altari di una chiesa sconsacrata. Ricordatemi così: senza un minimo di decoro. |
Erba
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