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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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La Municeddha Maledetta
Post n°364 pubblicato il 14 Agosto 2008 da delilah79
Un’estate salentina che si rispetti non può prescindere (ahimè) dalla sagra di Cannole, altrimenti nota come Sagra della Municeddha (ovvero della lumaca). 10/ 08/ 2008 ore 21.40 si parte alla volta del paese (Cannole per l’appunto) sede annuale dell’evento alla sua 23esima edizione. La panda verde guidata dall’amico ballerino, è strumento di mobilitazione collettiva, occupata da me (alquanto scoglionata per la meta prescelta per la serata), dal fratello del ballerino, da un amico di entrambi che mi viene precedentemente descritto come una persona intelligente, intellettualoide e per bene, che scopro essere afono -quantomeno nei miei confronti - dulcis in fundo, da un amico dell’intellettualoide – sconosciuto per il resto della ciurmaglia - che per tutto il tragitto non trova di meglio da fare che inveire contro tutte le manifestazioni di pensiero politico esistenti ed esistite, con interessanti divagazioni sulla sua vita sessuale autoerotica. Dopo il primo dei sessanta km da farsi, maledico con stile e grazia femminea (coccia tte pigghia a tìe e a tutta la razza toa) la serata e il mio quindicinale amico che mi ha costretto a montare su quella macchina al suono di “non mi puoi lasciare da solo con questi!”. “Appena arrivati alla meta li molliamo a scappiamo”, penso. Ma il tipo anarchico anziché no, manifesta interesse ed attaccamento verso la sottoscritta. Ha gesti di amore che si esplicitano in generose offerte del suo nettare eterno (bicchieri di birra sgasata) e in dichiarazioni di amore e stima del tipo “hai un’amica con cui ti filmeresti mentre fai sesso e poi mi mandi il filmino”? Alla prima traversa utile, tiro il braccio del mio amico e ci mimetizziamo nella folla. La tensione si fa alta, la pizzica, immancabile, già comincia a scassare la minchia ed io ed lui ci ritroviamo ad affogare i nostri nervi tra bicchieri di rosato e gambi di sedano, due tra le cose più sane offerte dal menù della sagra, mentre giunoniche donne nostrane, accompagnate dai loro possenti mariti con catena d’oro al collo “sucano municeddhe” preparate in ogni modo. Comprendo dopo poco che per buttare giù quella serata un bicchiere di rosato non basta. Mi faccio largo tra “pizzicate e tarantatolate” e mi accaparro lo scontrino per un secondo giro di vino. Nel mentre conosco Andrea, psicologo, oriundo della zona, ma trasferitosi a Roma. Un’illuminazione. Entrambi a fare la fila per nostro bicchiere (che romantico!). Mi parla di lui, gli biascico di me. Feeling. Io e l’amico quindicinale ci uniamo al suo gruppo. Problema: Andrea ama la pizzica e la balla, bene; io NO. Non ho mai avuto spassionato trasporto per il movimento in genere, meno che mai per questa moda estiva acchiappa turisti; MA, Andrea, che me ne spiega il significato storico-tradizionale (e sarà la centesima volta che accade nell’arco degli ultimi cinque anni), mi piglia assai. Assumo posa plastica di quella altamente interessata alla discussione mentre mi chiedo quanto mi ci vorrà per arrivare al mio scopo biblico. Terzo bicchiere di vino, conseguenza: mi ritrovo a ballare la pizzica come un’ossessa paraplegica al solo fine di fare mio l’uomo. Nonostante sudi come una foca monaca e muova le braccia con la stessa agilità e morbidezza di pale eoliche, inizio ad avere risultati incoraggianti; lui si interessa al caso dandomi utili consigli per migliorare passi e sincronia. Ottimo. Balliamo insieme per non so quanti pezzi consecutivi. Comincio a vedere la Madonna, Gesù e gli apostoli, mentre mi domando come mai l’infarto non sia ancora sopraggiunto. Nella foga della danza mi becco un coccio di vetro. Mi scortico l’alluce (sono zoppa da allora), ma, indefessa continuo a ballare dimostrando nonchalance come se l’avessi fatto da tutta una vita, nonché alta sopportazione del dolore, entrata oramai nel personaggio di colei che è stata morsa dalla tarantola . Lui manifesta ammirazione. Perdo cognizione del mondo intorno, spero di non essere troppo paonazza, ma ormai “sono in ballo e mi tocca ballare”. Il concerto finisce. Stremata e avida mi dirigo verso la mia preda certa di aver fatto un ottimo lavoro. “Sei stata in gamba ed hai colto subito la psicologia del ballo. Inoltre, c’è un’ottima sintonia fra noi!” mi dice. Sorrido con l’aria della predatrice appagata che aspetta di cogliere la ciliegina. Poi continua: “ Senti, non è che mi potresti dare il numero del tuo amico? Sai, io sono gay.”. Raccolgo frammenti della mia dignità tra i gambi di sedano buttati per terra e rispondo: “Il mio amico non lo è.”. Ritroviamo la ciurmaglia dell’inizio serata, rimontiamo sulla panda verde e torniamo a casa. La merdaccia del mio amico ancora se la ride pensando che, se non latro, in una sera ho fatto tutto il moto che mi è mancato in dieci anni! Sarà che a San Lorenzo è meglio guardare stelle. |
Erba
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