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Sara
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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Post n°418 pubblicato il 11 Novembre 2008 da sara_1971
Sara, conscia ormai che questo inesorabile scorrere del tempo sia cosa piuttosto fastidiosa, decide di raccattar … ehm … di accettare il gentile invito di - indovinate un po’ - nientedimeno che … un dipendente Ikea. E’ andata così: dopo innumerevoli ed interminabili pomeriggi trascorsi ad aggirarsi come il povero spettro di Sir Simon tra cassettiere klemerh e letti Maalstrom l’incontro ferale è avvenuto nella zona sanitari (e dove altrimenti?). Sara stava, appunto, recandosi in bagno quando è stata intercettata da un oriundo, già adocchiato nelle precedenti sessioni di shopping, che riesce a rimorchiarla con la promessa di accompagnarla a casa insieme all’acquisto appena effettuato (ovvero un sobrio mobiletto dal leggiadro peso di circa 80 chilogrammi). I due quindi, al termine del turno, si mettono in cammino: destinazione casa_1971, in una zona di Bari sovraffollata stile Bombay. Nel tragitto la conversazione prende una imbarazzante piega. Uomo Ikea: Vivi sola? Sara: Sì. Cioè no. Diciamo che in teoria vivo da sola ma spesso si fermano a casa due miei amici: Geghe e Jay. Sai mi danno una mano con il cane ed il gatto. Uomo Ikea (entusiasta): Ah, fantastico, a me piacciono molto gli animali. Che cane hai? Sara: Veramente sono tre attualmente. Ma uno sper … temo che stia per morire. Uomo Ikea (leggermente interdetto): Mi dispiace: cosa ha? Sara: Niente. E’ che gli altri due lo odiano, e quindi spesso lo menano, perciò uno di questi giorni magari ci resta. Uomo Ikea (interdetto): Ah. (Silenzio). Sono aggressivi? Sara: Solo tra loro e con gli estranei. Con Geghe e Jay purtroppo sono buonissimi. Peccato perché se li aggredissero sarebbe la maniera migliore per liberarsi un po’ di tutti senza eccessivi sensi di colpa. Silenzio. Uomo Ikea (molto interdetto): Ma quando arriviamo a casa tua come facciamo per scaricare il mobiletto? Sara: No, tranquillo, entro prima io, li chiudo in cucina e ti faccio passare, non preoccuparti. Però se vuoi puoi chiamarmi Misery (battutona). Nessuna ilarità. (Vabbè, c’ho provato) I due arrivano a casa_1971, Sara resta perplessa per il silenzio che vi regna: dei cani e dei due ladroni nessuna traccia. Sara: Vieni vieni, tranquillo, non c’è nessuno. Uomo Ikea (titubante): Sicuro? I due si accomodano e mentre il nuovo schiav … amico inizia a montare l’armadietto Sara indossa i panni della perfetta padrona di casa offrendogli una birra (la vuoi in un bicchiere di plastica pulito o in uno di vetro usato da me? Così saltiamo i preliminari– reazione: sorriso, nessuna risposta, altro sorriso con inconscia alzata di sopracciglio). Lo sbattere di un portone segnala il probabile arrivo di uno dei due ladroni. Nella fattispecie Jay. L’avvento è preceduto da appassionanti esclamazioni (proferite in modalità surround sulle scale) riguardanti garbati argomenti quali sesso mercenario, defecazioni, materia espettorata e retroscena dal sapore antico sulla Madonnina e sul suo bravo figliuolo Gesù finché, ciabattando con le infradito in gomma (vorrei farvi notare che siamo a Novembre), il meschino appare sulla soglia con un animale ringhiante al seguito che stringe tra le fauci una sostanza maleodorante non bene identificata. Le presentazioni vengono fatte in maniera informale. Jay esclama, leggermente irritato: ‘Stu chin di merd av’acchiata nù stuezz di muert abbasc e m’ava muezzcat aqquand so provat a lvall’gl ndalla vocch, ma magar ng rman in gann”* L’uomo Ikea risponde compito al gentile saluto innalzando il calice in plastica mentre Sara, irata principessa di un palazzo incrinato, imbraccia la scopa e convince gentilmente il cane ad abbandonare la preda rassicurando l’ospite circa la sua incolumità (ho perfino sbagliato un congiuntivo, questo la dice lunga sul mio stato emotivo visto che il grandissimo rispetto che nutro per i tempi verbali). Dopodic, confinato il cane nelle segrete, i tre si rimettono al lavoro tra una Ceres e una sigarettina amorevolmente rollata dall’epatotossico, mentre l’uomo Ikea con espressione stupefatta pronuncia la seguente frase: Sai una cosa? Mi sembra di essere a Woodstock! Ed è in quel momento, con un principio di commozione (cerebrale) che Sara vede nitida in quelle poche parole biascicate la proiezione subconscia di quello che "potrebbe diventare se" un maschio normale decidesse di mettersi con lei. Tutto, probabilmente, ancora una volta è perduto. O forse no: in fondo ogni volta che si parla di fine del mondo e di buchi neri c’è sempre qualcuno in casa_1971 che aspetta il momento fatidico con un luccichio di speranza negli occhi … *Purtroppo la translitterazione fonetica crea qualche problema di traduzione ma il senso della frase è approssimativamente il seguente: “questo birbante ha trovato una carogna e ha cercato di mordermi quando ho provato a togliergliela dalla bocca. Mi auguro (non) ostruisca le prime vie respiratorie”. |
Erba
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