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Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Anche in questo caso i segnali c’erano tutti sin dal principio, eppure, cieca come talpa e scaltra come tacchino (la lega pro tacchini non me ne voglia, ignoro la scaltrezza del loro idolo, ma così, a sensazione, non penso sia dotato di altissimo acume), non li considero. Dopo un’ora di inspiegabile fila visto che davanti a me c’erano solo tre persone: "Scusi, tre biglietti per la CURVA SUD SUPERIORE?", mi ritrovo con tre biglietti CURVA SUD INFERIORE ed è troppo tardi e troppo complicato cambiarli. Vado allo stadio. La partita si preannuncia decisiva, se il Lecce vince sale in serie A.
Ora, giusto per inciso, il Lecce è squadra avvezza a questo sali e scendi di cui i leccesi dalla memoria biennale ricordano la tradizione che fra poco diventerà una caratteristica del posto al pari del rustico. Tuttavia, ogni volta è sempre come la prima volta e la stragrande maggioranza della cittadinanza tifosa, dimentica del passato, si reca, appassionata e fervente, allo stadio per “la partita della promozione”.
Questa volta decido di andare anche io mossa dalla curiosità della amica BARESE e dall’interesse calcistico del compagno di questo scorcio della mia vita. Il calcio d’inizio è previsto per le 20.45, alle 18.45 siamo già in moto verso il campo. Parcheggiamo la macchina nel primo buco disponibile, ad una lontananza dallo stadio pari a quella del primo paese della provincia dal centro della città. Dopo una serie di controlli e sotto controlli (più che in uno stadio pare entrare in un carcere di alta sicurezza), io e la mia amica – in quanto portatrici di protesi, ovvero borsa - giungiamo all’ultimo più importante grado di controllo: la perquisizione. La poliziotta, ligia al dovere, chiacchiera distratta con una sua compaesana, il tema è “E tìe de ci si fìgghia?”. Io e la mia amica attendiamo che l’Arma faccia il suo dovere. Al quinto minuto di attesa, giriamo le spalle e cerchiamo posto. Alto ed efficace il controllo allo stadio! Si può stare sicuri che un manganello non entrerà nemmeno con un miracolo, in effetti, perché scomodare il Padre Eterno se possiamo fare da noi?
I posti sono accanto ai pochi tifosi avversari, la solita fortuna! Tre quarti della partita saranno spesi a monitorare la traiettoria delle bottiglie d’acqua (piene) lanciate dai nostri ospiti. Il vento, da Sud, allieterà tutti i 90 minuti, consentendo, nei primi dieci, un fresco ristoro dopo il lungo peregrinare fino al campo e, successivamente, un precoce sviluppo di ogni forma di artrite reumatoide. Siamo seduti. Manca un’ora all’inizio. Giusto il tempo di imparare a memoria una serie di interessanti spot su prodotti ed iniziative locali ripetuti per almeno tre volte di seguito:
1.“ARESTA CONFEZIONI, vendita al dettaglio, abbigliamento per ogni occasione! Aresta Confezioni! Abbigliamento uomo, donna, eventi speciali, per tutti i giorni! Aresta Confezioni! Taglie forti! Aresta Confezioni…”;
2.“GELMAR! La freschezza e genuinità dei prodotti surgelati a casa tua è a Veglie” (paese della provincia);
3. "Finalmente è arrivato il momento che tutti aspettavamo! Domani (ovvero oggi per chi fosse interessato!), dalle 9 della mattina alle 9 di sera, tutti i reggiseni a 5 euro!!! Doveeee? Da Tezenis!";
4.I Lions di Copertino, in collaborazione con l’Università del Salento organizzano l’evento: due occhi per chi non vede. Scopo dell’evento è regalare un cane ad un non vedente. (E’ così che l’Università del Salento acquista credito… ed iscrizioni!).
Gli spot, lanciati ad alto volume da potenti casse affinchè nessuno possa venir meno al supplizio, sono intervallati da canzoncine in voga tra i discotecari tra le quali una che ogni cinque note recita: Forevere young! Forever!, Passaggio particolarmente gradito dagli adolescenti in erba, visto che in quel momento l’intero stadio sembra partecipare con commozione al pezzo intonando le tre parole. Nel frattempo i posti si riempiono. Mi bastano pochi minuti per comprendere di aver sbagliato curva. La Sud sembra gremita di 14enni (che non sono stati ancora sottoposti al taglio del lobo destro, atto di iniziazione e passaggio alla Nord e che per manifestare la loro devozione agli Ultras, per l’intero corso della partita faranno da eco a qualsivolgia input proveniente dal punto cardinale opposto), più famigliole con panza e figliolanza al seguito (addobbati con colori primaverili coordinati al meglio delle possibilità intellettive consumate al primo del cinque parti e portatori sani di Cipster e pasticciotti alla crema, anche questo appare abbinamento degno di nota.).
La partita ha finalmente inizio. Il primo tempo è scandito da un goal del Lecce nel primo quarto d’ora. Dopo di che, il resto è dato da 22 goicatori ed un arbitro che corrono dietro ad un pallone come facessero semplice allenamento senza scopo.
Il vento aumenta, il freddo nelle ossa anche. Mi devo distrarre. Lo spunto arriva dalla Curva Nord che espone uno striscione: “Da Reggio a Trieste i soliti di sempre. Questa promozione ai nostri diffidati e alla nostra passione”. I filosofi contemporanei da ieri sono alacremente impegnati a decriptare il messaggio. Si dice possa essere un tassello da aggiungere al percorso che ci condurrà al Santo Graal, per aggiornamenti non perdete la prossima puntata di Voyager.
Tempo due minuti e l’acuto adolescente che ho alle spalle si chiede perplesso ed interessato: “Cè stae scrittu?” e si esercita in una prova di comprensione ad alta voce. Lo striscione diventa: “Da Reggio a Trieste siamo sempre noi. Questa è la promozione della nostra passione!
Partono i cori, rigorosamente con toni baritonali, possibilmente tendenti all’imitazione del più coatto del camionisti tifosi con annesso calendario della Ferilli. Entro nell’habitat per meglio comprenderlo: mi ritrovo ad inneggiare alla squadra con le seguenti parole:
LA GENTE VUOL SAPERE (pausa) CHI NOI SIAMO (pausa) E NOI GLIELO DICIAMO (pausa) CHI NOI SIAMO! DE LECCE SIMU SIMU làlàlàlàlàlà E DUNCA SCIAMU SCIAMU làlàlàlàlàlà LU CORE NU BBU’ DAMU làlàlàlàlàlà, LU CULU BBU’ SCASCIAMU làlàlàlàlàlà.
Dopo questa parentesi di francesismo, parte la Ola… al terzo giro mi scasso la michia e manifesto resistenza.
Intanto, l’adolescente acuto di dietro intona con frequenza: CI NU ZZUMPA NU BARESE E’, E’… Non se ne capisce il motivo visto che giochiamo contro il Cesena, ma il coro trova comunque riscontro. L’intera curva influenzata dall’incipit inizia a saltare, meno la mia amica barese. Ho passato momenti di panico, soprattutto perché la suddetta deve comprare casa e gradirei un lascito sostanzioso piuttosto che un mesta e povera dipartita da stadio. Vicino al termine del primo tempo, l’umore dello stadio è alto e da dietro si sente: mena cà mò cà spiccia ‘stu primu tempo ne futtiamu la pagnotta! Che tradotto verrebbe: Presto che ora che termina il primo tempo, mangiamo voracemente il panino! Si sa, abbiamo un dialetto di una finezza tale che ce lo invidierebbe Dante!
Pausa, 15 minuti di assideramento puro. Dagli spalti cade di tutto. Nel frattempo, le donne (che godono del beneficio di entrare ad 1 euro per una politica che le vede un freno rispetto alle manifestazioni di violenza maschile) amazzano il tempo andando sotto ai tifosi del Cesena per insultarli con ripetuti gesti dell’ombrello, accompagnati da dito medio irto e da gesta tipicamente femminili e pacifiche indicanti l’intento di spaccare parti intime retrostanti degli avversari. Quando si dice le politiche azzeccate!
Il secondo tempo riparte con lo stesso andazzo dell’ultima mezzora del primo, almeno per 30 minuti, entrambe le squadre sembrano raccogliere fiorellini fino a che “tò, guarda”, non trovano un pallone… Poco male, al Lecce basta quel solo goal del primo tempo per andare in serie A. Dalla curva nord continuano i cori che ci danno già per vincenti, l’umore dello stadio è alto e già si pregusta la festa per le starde… Alle spalle, l’acuto e mancato Ultrà della nord grida: “Menaaaaaa! Almeno tre a zero tocca spicciamu!!!”, (Forza! Dobbiamo terminare almeno con un tre a zero!).
Profetica fu la frase…
Tempo dieci minuti ed il Lecce è sotto di due goals. La partita termina con un 2 a 1 a vantaggio del Cesena.
Gli amici più cari non sanno se a portare sfiga sia stata io (allo stadio dopo una pausa di una quindicina di anni), o la barese.
Io una mia idea ce l’avrei: la barese, ma non quella che era allo stadio.
Ma prima o poi tutto torna.
Erba
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