S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Da dove dovremmo iniziare? Dal principio, suppongo. Il guaio è che nemmeno io lo ricordo con esattezza. Credo sia successo il giorno in cui seguivo critica il filo dei miei pensieri mentre la Regina Madre sfollettava allegramente alle mie spalle. Oppure potrebbe essere stato l’attimo in cui ho avuto accesso al girone dell'inferno dei precari, quando ancora sognavo di tornare a bighellonare agli angoli delle strade con la vivacità tipica delle erbacce.
In ogni caso La Creatura è nata sotto forma di scartafaccio in uno scoppio creativo, questo lo ricordo, e a prologarla c’è stato l’attimo di silenzio magico che precede ogni prima nota.
E’ stata una gestazione inconsapevole, tra parole che non riuscivano a trovare forma, e altre che battevano mediocremente sempre sullo stesso tasto. In seguito è diventata una fiamma esile e inconsistente che sventagliava nel camino e che andava quotidianamente riattizzata.
Ci abbiamo lavorato insieme (Erba ed io) per alcuni mesi, attraverso le fasi alterne della composizione e della revisione, spostando l’accento dal passato al futuro e versando nella cassa comune una uguale somma di sudore e sentimenti.
Poi non ricordo, ad un certo punto qualcuno deve aver parlato del mio stipendio e lì abbiamo smesso. Non so più quante volte mi sia sentita ripetere che tutto quello a cui ci si dedica alacremente non possa essere definito lavoro qualora difetti dell’unica caratteristica che lo possa rendere tale: il reddito.
E lì l’Opera è stata ripudiata in un cassetto, accantonata come munizioni e data in pasto al fuoco nelle sere invernali.
Ci ripensavo quando alcune Sue parole risuonavano come note tenute a lungo dal fondo di un armadio o nel momento in cui una goffa linea nera serpeggiava capricciosa per ricordarmi che dietro il pubblico plaudente ce ne era sempre un altro, ostile, che spiava con malignità la mia mancanza di realismo.
Suvvia, è il sogno di ogni blogger scrivere un libro e vederlo pubblicato, o no?
Ma infine adesso, che è forte in me l’intenzione di mandare al capestro un lavoro che non mi appartiene, rinasce imperioso il desiderio mai sopito di passare il filo nell’ago per riprendere l’ordito.
C’è chi mastica e rumina, chi fatica nella fornace sulle innumerevoli copie dello stesso vaso, chi spinge la mente tra lettere aggrovigliate e chi infine si accontenta di rovesciare sul portatile birra, olio e cenere di sigaro per permettere a stupide parole di trasbordare i loro contorni tracciati a matita.
Se sapessi dare a queste parole un tono esaltato vi direi che il desiderio sarebbe quello di creare una storia che goda di vita propria indipendentemente da chi l’abbia scritta e sulla quale ogni parola rotoli con la silenziosa semplicità di una palla.
Ma credo di essere sprovvista del cromosoma Kerouac perciò mi accontento di torturare l’Erba imponendole il giogo bovino di una promessa da portare a termine e ripromettendomi di utilizzare il bastone a piacimento.
Bene. Abbiamo sciolto il conclave e riprendiamo in mano La Creatura. Dobbiamo finirla in tempo debito: non c’è altro modo e non c’è mai stato.
Erba
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