S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Continuano i lavori nella casetta del Dr Moreau.
Il clima cameratesco ha ceduto il passo ad acrimoniose lotte tra i lavoratori e la padrona è diventata fonte di sfruttamento e alienazione, come è giusto che sia.
I vicini (peste li colga) si sono trasformati in sciacalli pronti a organizzare fiaccolate pur di fare andar via i miei lavoranti ed un gentile picciotto (sarei io) effettua ronde quotidiane per accertarsi che i derelitti siano davvero al lavoro invece di mangiare fondi come solo una giunta riuscirebbe a fare. I derelitti, plurale, esatto. Perché ultimamente tra i cadetti di Guascogna c’è stata una new entry e il nuovo acquisto è un simpatico disadattato raccattato sul marciapiede di fronte casa mia qualche anno fa: Jeghe. Già il nome la dice lunga sulla specie di appartenenza.
Ora. Ultimamente capita sovente che abbia le ovaie leggermente girate ed essendo proprietaria di una sensibilità che mostra un'estensione di varie ottave, oggi mi sono trasformata nella donna dei sabba e delle messe nere lanciando bestemmie pirotecniche allo squilibrato (Jeghe) conto in flagranza di cazzeggio.
Suvvia, non fate quelle facce, è un poveraccio e per di più lo pago (in avanzi), quindi si presume che debba essere disposto a subire qualsiasi umiliazione (siamo sinceri, datemi un congruo conto in banca e sarà impossibile distinguermi dalla fauna grufolante che vegeta a Parchitello).
Terminata la scenata vado via irritata quanto basta e non di più.
Dopo circa 30 minuti un sospetto bip bip del cellulare mi avverte dell’arrivo di un sms di Congus.
Testuali parole: Sembra che tu abbia turbato i suoi sentimenti. Si è rifugiato in casa dei vicini e non vuole più uscire. Se non vieni immediatamente sappi che non mi rivedrai mai più.
Arrivo trafelata. Noto una processione di anime in pena e capisco che l’oggetto del contenzioso in atto sono io, sento Jeghe parlare a Congus attraverso la porta del bagno come il piccolo Hans faceva con Freud mentre Jay illustra alla dirimpettaia vizi e virtù del folle: “è un po’ impulsivo, non è cattivo, stia tranquilla vedrà che adesso esce”:
Io mentalmente maledico uno ad uno, come i grani di un rosario, i giorni della mia vita passata, presente e futura.
Parte una conversazione inutile, goffa, sbagliata, priva di speranze.
Sara: che fai lì dentro? dai esci, è tardi
Jeghe muto
Sara: dobbiamo andare a cena non hai fame?
Jeghe rimuto
Sara (con tonalità vocale crescente): ok scusa, non volevo, mi dispiace, ora però gentilmente esci.
Silenzio.
Sento uno dei vicini sussurrare: perché? Che GLI ha fatto? L’ha picchiato?
Ecco. Sono le piccole cose che sei sicura di ricordare per tutta la vita.
Erba
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