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Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Mi riprendo lentamente dal lunedì sera passato con il mio ex-amico ballerino.
Lunedì mattina mi arriva un suo sms: “Hai per caso un pantajazz nero?”. Risposta: “Non credo neanche di sapere cosa sia l’oggetto in questione, ergo, no, non ce l’ho”. Sms2: “Ok, non importa, te ne presto uno io, tanto, anche se sei gravida, non sei ancora irrimediabilmente spanzata. Passo a prenderti alle 19”.
E’ bello avere degli amici che alimentano la tua autostima, penso.
Alle 19.10 sono nella sua macchina (Una panda verde con arbe magique dell’eurospin, verde anch’esso, odor borotalco che mi provoca un’inevitabile emissione di succhi gastrici dietro il guardrail della tangenziale, ovest!). Direzione la palestra dove insegna danza e dove io, qualche anno addietro, ho amabilmente trescato con il personal trainer negli spogliatoi. I pettorali, sottratti agli allenamenti, non se ne sono avvantaggiati, ma glutei e cosce ringraziano ancora!
Persa nei ricordi del bel tempo che fu, mi rilasso all’idea di passare una serata con il mio amico, magari rivedendo lo stallone. Alla peggio, un po’di cyclette non mi farà male. Sennonché, scendendo nella sala danza, mi rendo conto che non è in programma nessuna lezione di arabesque e plié, bensì, il lunedì sera, la scaletta prevede un corso di preparazione al parto. VOGLIO MORIRE! Quel depravato del mio amico, ben sapendo che mai avrei accettato di partecipare, mi ha messo di fronte al fatto compiuto. “Dai”, mi dice, “fai una lezione di prova. Magari ti diverti!”. Mi spinge nella sala. A occhio e croce, ci saranno state una quindicina di gravide di ogni formato. Apprendo che la lezione dura un’ora e mezzo. Scelgo la soluzione della mimetizzazione asociale. Mi attacco al muro improvvisandomi femmina gravida di geco. Dura meno di venti secondi. Un uomo alto un metro e uno sputo, appostato vicino allo stereo con charme da sultano di provincia, guardandomi esclama: “Benvenuta! Il mio nome è Mario, il tuo?” “Maria Catena”, rispondo, incredula io stessa mentre cerco improbabili vie di fuga (condotto dell’aria? Finestra? La porta è da escludere. Dietro c’è il mio amico sadico che se la ride e che ostacolerebbe l’uscita.)
La lezione consta di tre gloriosi momenti. Mezzora di teoria sulla gravidanza, mezzora di allenamento-training, mezzora di confronto tra gestanti. Il tutto scandito da un ansiogeno cronometro che avvisa dello scorrere del tempo.
Nei primi trenta minuti apprendo che: 1) sono incinta. 2) Sto per vivere un’esperienza nuova ed unica. 3) Lo status di madre sarà qualcosa che mi porterò vita natural durante.
Minchia quanto è utile ‘sto corso penso tra me e me! Driiiiin! Seconda mezzora.
Non faccio in tempo a riprendermi dalle perle di saggezza generosamente elargitemi, che il buon Mario comincia a distribuire tappetini multi colore. Opto per una pipì strategica di 25minuti. Al rientro trovo mezze gravide “avvaccate” a quattro zampe e altre mezze in preda ad esercizi respiratori da dodicesimo piano di scale con buste piene di spesa e orgasmo multiplo in corso. Mario mi sollecita affinché “prenda posizione” bovina anch’io, ma la mia dignità gravida non viene munta, salvata in extremis dal secondo Driiiiiiin!
Nuovo giro, nuova corsa, venghino signori, venghino! E’ il momento del confronto (quello che più temo). L’argomento: le paure legate al parto. Mario introduce l’oggetto affermando che il parto è come un incontro di rugby. Il compito della futura madre a quel punto sarà sopportare la fatica, puntare all’obiettivo e “sparare fuori il pallone”! Indecisa se la gravidanza rincoglionisca di più gli uomini o le donne, proseguo nell’ascolto. Apprendo che Katia teme di avere un bambino senza dita dei piedi, mentre Elena senza dita della mani. Alessandra teme che sia indiano perché una volta con la consegna a domicilio della pizza… Giovanna ha paura di rimanere “slabbrata”; Enrica teme la frigidità post parto unita alla depressione di cui ha letto non so dove. La più originale è stata Monica: teme che il figlio non riesca ad uscire, che s’incastri da qualche parte tra fegato, rene e utero. Driiiiiiiiiiin. Sono libera. Mi dirigo di buona lena verso la porta, escogitando vendetta tremenda vendetta contro lo pseudo amico; sono quasi sull’uscio quando… “Maria Catena!”, è Mario. “Si?(simulando sorriso cortese come mi ha insegnato la mamma)”; “Potresti compilare questo? E’ un breve questionario; lo diamo alle nuove per sapere le loro impressioni sul corso.”;
Prima domanda: Pensi sia stato utile l’incontro a cui hai partecipato? Risp.: Direi essenziale! Sono una gravida molto più consapevole ora!
Seconda domanda: Pensi di proseguire il corso per ulteriori approfondimenti? Risp.: Sono molto impegnata nel tentativo di salvare il mondo, tuttavia, se mi avanza tempo, farò di tutto per non perdere i prossimi incontri.
Terza domanda: Consiglieresti il corso ad un’amica? Se si perché? Risp.: Certo che si! E’ un’ottima alternativa al suicidio!
Ventesima settimana.
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Erba
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