S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Dicono tutto abbia inizio il giorno in cui si viene al mondo.
E dal giorno in cui è nata la clown Nita consacra la propria vita, drammaticamente sospesa tra scherno e malinconia, al culto del pagliaccio, con al seguito il cane adorato Chance e Plucky, la gallina di gomma compagna di tante avventure. I genitori morti alla nascita, mille ripieghi per sbarcare il lunario e un unico grande sogno: una forma d’arte sublime e difficile in un mondo che in un pagliaccio riesce a vedere solo un buffone.
A completare il mosaico di speranze disattese non può mancare Rex, principe azzurro insoddisfatto e parimenti interessato ad ego e soldi, di cui Nita si innamora pazzamente con quello slancio d’amore che solo ti permette di vedere in uomo l’umanità piuttosto che la grettezza.
Dicono anche che sia il denaro a contare.
Ma non è per quello che Nita clowneggia ai margini delle famigerate strade di Baloney-town infestate da tossici e poliziotti che come da copione si accompagnano sempre ad artisti folli e cani randagi: il suo non è un lavoro quanto piuttosto la missione di un martire appassionato che crede di non avere più nulla da perdere nella vita.
L’autrice, Monica Drake, dona generosamente alla protagonista la migliore veste grafica ed un ritmo narrativo anfetaminico che permette di terminare il libro in una sola notte nonostante la mole.
Ecco. Fin qui la recensione ufficiale come da copione. Il mio dovere l’ho fatto, ma la realtà, come al solito, è un’altra.
Sara_1971 inizia a leggere il libro alle ore 22 di un qualsiasi giorno sfigato e lo termina alle ore 5.00 del mattino del giorno dopo. Guarda l’orologio e capisce che a questo punto risulterebbe totalmente fuori luogo impostare la sveglia per il dì seguente che, intanto, è sopraggiunto con passo gagliardo. A questo punto prende in mano la situazione e contestualmente il telefono e decide di chiamare Geghe il quale, naturalmente, è già sveglio (notare l’avverbio che ad una prima lettura sembrerebbe inopportuno ma che conoscendo sara_1971 e la sua band di disadattati assolutamente non lo è).
Sara: Dove sei?
Geghe: Sotto casa con Jay.
Sara: Perfetto, vi vengo a prendere e andiamo a far colazione.
Alle 5.45 Sara è seduta ad un lercio tavolino di un bar di un lurido paesotto dell’hinterland barese (Casamassima) con accanto i suoi due fedeli discepoli ed un inestricabile groviglio di ricordi di cui ormai conosce a memoria la disposizione.
Il proprietario del bar è una sorta di barman sconsacrato con lo sguardo disturbato che tratta con eccessiva familiarità il Prozac ed i suoi parenti prossimi.
In lontananza si ode già la sirena di una ambulanza e lo scatto che accompagna l’apertura della porta del reparto di psichiatria.
Appese alle pareti ciò che mai ci si aspetterebbe di trovare in un posto del genere: riproduzioni delle opere di Basquiat, Frida e Pino Pascali, ovvero alcuni dei miei artisti preferiti.
I pochi, tra l’altro, ad aver intuito che ad una società opulenta può corrispondere solo un'arte povera. E i pochissimi ad aver compreso (e sperimentato sulla propria pelle) che ad alcuni spettatori hanno riservato i posti peggiori, e non necessariamente in base al merito.
Tutte queste inquietanti coincidenze turbano il gentile animo di Sara la quale, intanto, in procinto di cambiare il suo nick in Nita_1971, si guarda nello specchio scheggiato e unto al di là del bancone e ha una allucinazione: si vede sempre più curva sulla tastiera e sempre più destinata a trasformarsi inesorabilmente in un insetto kafkiano che vaga smarrito nel suo tiepido terrario.
C’è qualcos’altro che dicono ma adesso proprio non mi sovviene… cos’era? Ah sì… dicono che non si dovrebbe mai rimanere soli tanto a lungo. E che la vita è breve e non è saggio barattarla in nome di un futuro incerto e di un presente da stracciona.
Vabbè, si capisce che è proprio questo il libro che avrei voluto scrivere io?
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Erba
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