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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Sara

 

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Icaro senz' ali

Post n°308 pubblicato il 29 Maggio 2008 da delilah79

E’ da sempre così e così sarà per sempre, finché morte non li separi.

Lui, pensionato con un titolo di avvocato nel cassetto cui preferì un posto in banca per dedicarsi alla famiglia.

(Lei, insegnante di lettere con potenzialità frustrate, ma, soprattutto, moglie di avvocato.)

Lui, uno dei tanti, ma tra tanti dotato di una sensibilità in grado di fargli spiccare un lungo volo, se avesse avuto le ali. Invece, ha ripiegato su una vita normale, con una moglie normale, proiettando tutti i suoi sogni di gloria sui figli.

Morirà deluso lasciando i figli con serie turbe psichiche.

Il giorno in cui gli si propose il bivio, chiuse gli occhi, tappò le orecchie, pensò fosse amore e andò avanti.

Del resto, trovò la donna giusta, quella conosciuta da ragazzino; di famiglia per bene, educata, cortese, “andante con impercettibile brio ”…

Fidanzamento lunghissimo, matrimonio, figli. Tutto in regola, tutto come si conviene.

E’ sposato da 36 anni. Irreprensibile, fedele. Unica donna della sua vita. Figli due. Almeno uno è avvocato, l’altra…

Unico interesse praticato, ciclismo.

Le sue giornate sono scandite da ritmi regolari.

Ore 5.00 sveglia.

Ore 5.30 spolverare casa, lucidare pavimenti, lucidare pavimenti, LUCIDARE PAVIMENTI! Pulire vetri;

Ore 7.30  lavarsi, vestirsi, spesa.

Ore 13.00 Prendere moglie da scuola; pranzo; T.V. ;

Ore 16.00 lettura pomeridiana;

Ore 17.00 passeggiata in centro;

Ore 20.30 Cena; T.V.

Dalle 21 alle 23 al massimo, letto.

Uniche variabili i libri letti ed i programmi visti.

Sabato e Domenica abituale giro in bici con gruppo di appassionati.

Ogni cambiamento necessita di largo preavviso salvo ingenerare nervosismi.

Nessuna amicizia; forte repellenza per il genere umano e per le occasioni d’incontro dello stesso.

Non è soddisfatto di sé, ma pensa sia tardi per tornare indietro. E poi, per cosa? Non conosce la passione ed è di certo un bene, gli consente di non impazzire.

Non ha altro se non il suo mondo, la sua realtà costruita apposta per sfuggire dalla morsa di troppi se. Il suo è un universo fatto di strade, salite e sentieri che percorre in bicicletta e dove, forse, ritrova l’uomo che sarebbe voluto essere e che ha tradito qualche decennio fa.

Cambiare. Una parola troppo grande per lui. E poi, per fare? No. E’ troppo vecchio, lo è da sempre, da quando è nato.

Questa è la sua vita, quella che “era bene vivere”, era giusto, corretto… quella delle apparenze salvate al prezzo di una libertà ignorata.

Questo è il suo cuscino di lana infeltrita. E’ l’onestà che gli hanno cucito addosso. Ma il gioco è valso la candela?

Caldo, tanto, troppo. La pancia sembra esplodere e ingombra terribilmente.

Trentaduesima settimana; considerazioni e riflessioni.

 

 

 
Rispondi al commento:
jodo77
jodo77 il 30/05/08 alle 01:57 via WEB
Commento a tema. Ce n’è un sacco di gente così, vero? Gente che a noi sembra così. Noi, gli ipersensibili, quelli coi sogni, ed il coraggio di inseguirli. O, per lo meno, la vergogna di non abiurarvi. La Nemesi più temuta. Sorprenderci vecchi, con le mani nella marmellata. Mani lorde di un nettare amaro. Ormai rassegnati a perpetrare una vita che non ci convince. Trovarci a voler rassettare una stanza ingombra di pacchi, di specchi, di impicci. Ma QUANDO si diventa vecchi? Qual è la data di scadenza di questi nostri sogni? Dov’era pure quel bivio? Che giorno era? …Martedì…? Sì, martedì, ora ricordo, c’erano dei lavori sull’altra strada, quella che mi piaceva prendere. Era più lunga, certo, era in salita, ma la facevo volentieri, ogni volta che m’era possibile. Ma quel giorno c’erano dei lavori, ed ero di fretta. E Lei mi aspettava. E i bimbi, i miei bimbi. Peccato, martedì si tira dritto, niente deviazioni. Non c’è tempo. Poi, poi il tempo è sempre meno, e occorre tirare sempre più dritto, e Lei mi aspetta sempre più in fretta, e i bimbi sono sempre meno bimbi. Così un giorno, un altro giorno, mi trovo a giocare al solitario. Sensazione strana, qualcosa non torna, è già qualche mano che non riesce. Conto le carte e le scopro dispari. Devo aver lasciato una carta a qualcuno, un giorno, non ricordo più quando. Non ricordo nemmeno perché. Forse mio figlio voleva giocare, forse mia moglie l’ha attaccata al frigo e ne ha fatto la lista della spesa. Pane, uova, scottex. È finita perduta nelle cose di tutti i giorni. Ma ho fatto bene, mi dico, magari quella carta è servita di più così, piuttosto che per far riuscire uno stupido gioco. È stata più utile. Io non lo so come andrà per me. A trent’anni, quasi trentuno, già rimpiango quelle strade che non ho preso ieri, che quand’anche le ritrovassi, oggi non mi porterebbero negli stessi luoghi in cui mi avrebbero portato allora. Ma penso anche che sono state le strade che ho preso ieri a portarmi nel posto in cui sono oggi. E penso che non si tratti di una questione di giorni. Di quanti ne devi contare dal giorno che si diventa grandi. Siamo già vecchi e siamo ancora giovani. Quando biasimiamo i condannati alla routine, non è la loro vita che ci soffoca, è per la nostra che temiamo. C’illudiamo che per noi ci sia altro, e sarebbe un peccato non provarci, rinunciare a priori come ha fatto qualcun altro. Ma magari questo qualcun altro ha scelto di sacrificare una parte di sé, magari non ha potuto fare altrimenti, magari la sua rinuncia è stata più utile. E allora non sente di aver buttato la sua vita. Chi ha ragione? Cià! Clà! p.s: immagino che il protagonista del post sia molto vicino all’autrice, e non è mia intenzione entrare nello specifico della vicenda. Queste mie, sono divagazioni a ruota libera ispirate dalla semplice lettura.
 
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