S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Possiedo almeno sei componenti (una aristocratica, una selvaggia, una colta, una dura, una simpatica, una sconosciuta – nessuno parla di mio nonno materno – che varia a seconda dell' interlocutore e degli agenti atmosferici), prosperate tra vivaci fattori ambientali; intravedo solo due delle numerose uscite del famoso amico Actarus, ho le entrate di tutte.
Ritengo la mia coscienza adamantina. Insomma sono, soprattutto, intransigente; non ci sono cazzi. Lo siamo da generazioni, al punto da rinnegare il nostro volto, i nostri morti, da fare a pugni con il mondo ogni giorno, compresa la notte; tanto da non seppellire le nostre madri, da partorire figli di uomini sconosciuti e andare a messa a testa alta il giorno dopo, al punto da non concedere tregua al nostro cuore che dilaniamo, finché, stanco, precocemente smette di pompare; al punto da non dormire prima di aver letto e trascritto immensi libri ingialliti. Al punto da dire che no, non è vero, quella cosa non è cambiata: è così come sempre è stata, anche se sappiamo che non esiste più, anche se non ci riconosce più, anche se non la amiamo più, anche se ha cambiato colore e forma, o forse è stata demolita, anche se l'odore della madeleine lo sentiamo solo noi. Per noi certe cose non possono cambiare posto o collocazione. Sono, erano e saranno. E, se amiamo, non abbiamo bisogno di firmare contratti. State certi che ameremo fino all'ultimo respiro, anche a costo di leccarci le ferite di nascosto, anche se saremo abbandonati, anche se lo taciamo all'altro. Tutto è così, come doveva e dovrà essere. Per le generazioni future auspico che qualcosa cambi, che conoscano il piacere di cambiare idea pubblicamente, davanti al loro Io intendo, senza per questo pensare di aver tradito il loro sangue, il mio, la storia e la morale.
Per una serie di ragioni convergenti ho studiato sul vecchio tavolo, grande e bellissimo, scuro, sul quale sono nata. È stato inebriante. Lì, anni fa, ho gettato sangue sulle carte datemi in sorte dal destino. Se avessi potuto scegliere le avrei serrate in un baule, insieme ai ricordi, e avrei portato periodicamente fiori gialli alla sua chiave, ma il senso del dovere intrecciato al mio DNA mi ha inchiodata dinanzi alla responsabilità di custodirle e preservarle dall'incuria. Ora, rimasta sola, al punto da dialogare con la mia fragilità, vorrei (anzi ho bisogno, di voi, o mie componenti, intorno a me, per) condividere le colpe, i rimpianti, l'irreparabile (non sono stata attenta, si deve esserlo sempre, e mi ha detto addio). Lo so, non dobbiamo celebrare un anniversario, ma, orsù, concedetemi di accettare l'invito. Non sono una rarissima avis, questo vi è ben noto; certo, forse, miei amatissimi avi, vi ho delusi, ma non vi inganni il mio nom de plume. Superbamente, ritenendo eterno il mio presente, non ho chiesto a nessuno di scattare una foto della mia fratrìa, una di quelle sulle quali piangere da vecchi, o strada facendo nei momenti di sconforto, e ora è tardi. A volte alcuni vanno via prima, in modo inaspettato, con inspiegabile fretta; altri, elefanti dalla memoria storica, che sempre erano, destinati a restare qui, in uno degli interminabili giorni uguali in cui sono accasciati a letto, unico vezzo il peignoir, vanno via davvero.
Immagino sia ora di amalgamare l'impasto.
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Erba
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