S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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E’ iniziata così, come una cosa più necessaria di tutte le altre che avevate dentro, come l’unico balsamo da spargere sulle scapricciate del destino, quelle mattane di cui non riuscivate a farvi una ragione. Il vostro era un anelito sottile che vi illudevate di governare: Voi in guerra col creato e Lei, la mite Creatura, al fianco.
Un libro, solo un libro, poca cosa, una compilation di paginette stropicciate e di parole promesse come un insieme di cose che potevano essere e non sono state.
Non si commetta al mar chi teme il vento. Quella Creatura pericolosa Voi non l’avete mai temuta, ed è per questo che l’avete seguita al di là delle peggiori previsioni dei vostri cari: mai vi sareste immaginati capaci di mandare a puttane il lavoro, la famiglia, gli amici, le banche e persino il vostro angelo custode, stanco di tirarvi fuori da un truglio ogni giorno più fetente.
Scrivete. Rileggete. Revisionate. Riscrivete. Spostate una virgola. Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Dunque bastava così poco perché diventaste assurdi, ridicoli, svampiti e insieme bigi come quelle cose fatte solo per durare: la vita vi ha presi di schianto e voi avete saldato il conto con una fedele rappresentazione di eccessi impronunciabili, più forti di ogni reflusso, più potenti di ogni resistenza contraria. Nella comune empatia tra gli uomini e le loro stranezze vi siete accorti che il vostro umore terrorizzava la gente: meglio così - avete pensato - trascurare le basilari relazioni sociali vi avrebbe lasciato ancor più tempo per dedicarvi all’opera.
Rileggete. Revisionate. Riscrivete. Spostate una virgola. Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Siete rimasti a letto tutto il giorno, come un istrice trafitto dai suoi stessi aculei: in fondo un libro cos’è se non il sintomo di una mancanza di fiducia più complessa e radicata? La pagina bianca è diventata il correlativo oggettivo del vostro vuoto, ma le parole hanno tardato a rimandarvi l’eco della vostra sofferenza: d’altronde l’amore, quello vero, non è mai puntuale. E voi, per non fare eccezione, lo avete capito troppo tardi. Siete usciti a notte fonda, come un lupo che aveva appena finito di predare, siete stati la pulce che osa far colazione sulla bocca del leone ma anche il vento ruffiano che bacia tutto quel che incontra, e tutto questo per ritrovarvi soli in una folla di parole incomprensibili.
Revisionate. Riscrivete. Spostate una virgola. Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Avete lasciato che la vostra vita diventasse un Grand Guignol, tirandovi dietro un paio di asini da soma senza un centesimo nelle gaioffe. Vi siete trasferiti ai confini del mondo civilizzato un po’ per scelta e il resto per necessità, e lì qualcosa, finalmente, vi è apparsa chiara: lui, il libro, era Virgilio e voi Dante, ovvero lui era la guida e voi il deficiente a cui era venuta la bella pensata di scendere all’Inferno.
Riscrivete. Spostate una virgola. Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Siete usciti di casa solo per acquistare altri libri, anche se questo vi costringeva a sopportare lo sguardo di quegli orribili neonati vestiti da insetti (Ann Geddes vi dice niente?): nel tragitto siete persino riusciti a fare nuove conoscenze, e lì per lì vi è parsa una gran cosa, visti i tempi. Quanto tempo è passato - vi siete chiesti - ma non avete saputo rispondervi, forse perché distratti da una faccia sconosciuta incrociata nello specchio: possibile che quella biffa ghignante fosse la vostra?
Spostate una virgola. Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Avete inseguito la parola perfetta senza trovarla mai, sfrondando tutti quegli io io io che pendevano come rami secchi per poi spegnervi la sera come i neon di una fabbrica abbandonata da tempo: quanto era lontano Shakespeare dall’acre furore che spinge a trascinare i padri per le loro barbe d’argento?
Metteteci un punto. E poi riscrivete. Ancora.
Siete stati il figlio di un immigrato ma anche il romanzo sesso e sangue della nonna e persino il galoppino stanco su una pista faticosa. Ogni parola doveva avere un buon motivo per trovarsi lì così vi siete messi davanti a tutte le lune storte, le paturnie ed i malumori. E nel guardatevi indietro adesso avete ben chiara solo una cosa, ovvero la differenza tra una forma di amore e un obbligo contrattuale.
E poi riscrivete. Ancora.
Dio solo sa perché siate diventati, nei confronti del vostro manoscritto, appiccicosi come una leccata di mucca, ugualmente bavosi, forse solo un filo meno mugghianti. Siete stati il gemello malvagio della dedizione, ma anche il vino bianco dopo la collera dell’alcolista, la sbronza del mattino e la malinconia della sera, quando due o trecento stormi di zanzare, maledetti, vi facevano perdere l’estro del piccolo scrivano fiorentino. Nella sventura avete fatto conoscenza con strani compagni di letto: soli eravate, e senza alcun sospetto.
Ancora.
Ma poi.
Cosa è rimasto e rimarrà di voi, di me, di Lei e di tutto questo? Poco, appena più di niente, eppure abbastanza, perché ogni Creatura nasce dal sogno di chi l’ha progettata e dal varco di chi l’ha preceduta, qualche volta seguita, ma che più spesso è stato al passo in questa strada che non smette di vederci compagni.
E allora domani, sì domani nella battaglia pensa a me, dispera e muori.
(Babe, quando avrai modo di leggere tutto quello che ho scritto su di te ti farai una grossa risata).
Erba
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