S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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- Lavatrici a quota sei; di cui la prima con funzione centrifuga “mal tradotta” e risultato finale di centrifuga a mano su balcone in comune con il condominio. L’apertura di porta della vicina, perfettamente English, vede me defilarmi in casa repentina e vigliacca, lasciando il mio amico con un lenzuolo (verde a pois bianchi) tra le mani, grondante acqua ovunque.
- Il belga è partito. L’unica cosa che mi ha lasciato (in rigoroso prestito) è un materasso gonfiabile affinché possa svincolarmi dal corpo del mio coinquilino di piazza e mezzo. Lo ha romanticamente gonfiato (emettendo sudore e affanno virile, vicino all’embolia) con me accanto che, nel mentre, simulavo amene pose plastiche chiedendomi perché - visto che il tutto avveniva nella sua stanza da letto – non decidesse di “gonfiare” me.
- Il compenso, l’amico del belga (italiano, brutto come la morte e quel che è peggio lama notturno - nel senso che di notte, intorno alle 4 si alza e scatarra divinamente per un quarto d’ora -, una notte mi incontra nel corridoio e ammiccante mi propone:”dai, andiamo a comprare due cocomeri!”.
- Il bagno si è otturato. Ogni volta che si scarica metà del contenuto del cesso inevitabilmente goes out. Lascio immaginare la situazione del mio intestino (nonché del mio stomaco). Prima di entrare a fare la pipì inforco armi e uniforme di guerra: mocho, lisoformio, amuchina, rosario.
- Ho la panza da bevitrice inglese e a furia di mangiare insalate di pasta della Tesco (catena i supermercati) rotolo su me stessa.
Ma Londra è (anche) cultura, vita, movimento, occasioni da non perdere. Non le perdo. Royal Ballet. Homage to Balanchine, Mariinsky Ballet. Atti tre. Il teatro è meraviglioso, l’atmosfera avvolgente. La gente NON italiana.
Primo atto: Serenade; musiche di Tchaikovsky . Dopo i primi tre minuti di puro godimento, inizio a contarmi i denti, chiaro segno di crollo in arrivo. Le palpebre si chiudono da sole. Non rispondono ai comandi. Vorrei stare sveglia e ritta, ma la testa ciondola. Mi pesto i piedi, faccio la lista delle cose da fare, nulla. Penso ai morti della mia famiglia, non mi desto. Guardo il direttore d’orchestra. Cerco di leggere le note dello spartito, comprendo che, essendo io così in alto (upper slips right, ovvero su su, ovvero economia da viaggio in fine), l’impresa è folle e la sua follia mi dà il senso del mio sonno mortale. Fine. Pausa.
Atto secondo, dopo una lavata di polsi mi sento pronta per l’impresa. Decisamente più facile. Stravinsky è meno in amicizia con Morfeo, così il tempo scorre piacevolmente. Riesco persino a notare il corsetto rosso della ballerina e penso che se smaltissi il lardo accumulato qui, potrei anche inventarmi qualcosa di simile per le mie prossime carambolate ormonali italiche. Fine. Pausa.
Atto terzo: la mor, la mia.
Bizet parte in perfetta sintonia con la mia anima, per poi sprofondare in una gravità che accompagna i miei neuroni verso un repentino ed inesorabile out of order . Sento l’intelletto abbandonarmi in proporzione diretta all’aumentane dei suoni, cupi. Sto per cedere alle lusinghe di una pennichella quando, dal balconcino sopra la mia testa una straminchia di ragazzetta inglese fa cadere la sua coppetta di ice-cream, vaniglia, dritto sulle mie gambe. Non potendo proferire alcun mugolio nel mezzo dello spettacolo, mi limito a bestemmiare in silenzio pulendo alla buona la mia gonna, con grande gioia del cinese seduto accanto a me che da quel momento in poi inizierà a battere nervosamente la sua gamba sinistra manifestando disappunto per il disturbo procurato del mio sfregare tissues su cotone fiorato.
Il meraviglioso spettacolo termina solo alle 22.30. Alle 23.30 chiude il ristorante inizialmente in programma. Tardi. Torno a casa, mi vesto alla buona e mi precipito affamata al supermercato sotto casa (Tesco, appunto) nel tentativo di addentare un qualsiasi ammasso di conservanti e polifosfati che riempia il mio stomaco. Purtroppo, le strade di accesso al supermercato sono bloccate. Un poliziotto mi comunica che a causa di un terribile incidente posso scordarmi di passare di lì. Aggiunge: Go back home quickly and put your bag in front of you.
E’vero, staccare la spina da una stressante e quotidiana routine è un toccasana di serenità. Consigliabile Londra, oserei dire.
P.S.: Nella metro un vecchio di settanta anni e più, dopo avermi parlato di Royal Ballet e Sherlock Holmes mi palpa il culo come risposta al mio cortese saluto. Sarà stato di certo un apprezzamento amichevole per la mia vena culturale manifesta.
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Erba
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