S_CAROGNEAvvertenze: questo è un blog, bipolare come i più comuni disturbi dell'umore |
Sara
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Vecchio Paz
Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...
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Antefatto: Sara e Erba si recano gioiosamente dall'editore per definire i dettagli della pubblicazione della Creatura (che presto acquisterete).
Il delizioso quadretto (Sara, io e gli angioletti Thun sullo sfondo) è destrutturato dall'arrivo del lungimirante editore. Nonostante mi ritenga una post positivista, stringo tra le dita un amuleto cinese comprato in Grecia, sperando di scongiurare l'ennesima lite tra me, Sara e il resto del mondo, almeno finché non sia utile ad incrementare le vendite.
Convenevoli decisamente brevi. Bene: si vede che al Nord la gente non ha tempo da perdere trastullandosi al sole. E che non vede l'ora di abbandonarci nelle mani dei librai.
Scruto di sottecchi Sara, cercando di cogliere per tempo segnali di disagio da gesti involontari, da improvvisi cedimenti del rimmel o del sistema immunitario, ma presto evito di sforzarmi: non cerca di celare la sua estraneità alla real life, né la sua antipatia congenita; piuttosto tenta di esaltarla e di innalzarla a sua connotazione principale.
Il direttore e due redattrici ci invitano a sedere intorno a un tavolo, tondo come solo nel poker al liceo e nei brainstorming dei film; la Serpe riesce a sedersi per ultima e tra l'altro – incredibilmente – in un angolo. Per dieci minuti, mentre lei cerca faticosamente di sistemare cappotto liso, borsa sformata e cellulare pacchiano, noi tossiamo armoniosamente e giochiamo a battaglia navale con i manifesti affissi al muro, ognuno cercando di risalire alla causa prima rea di avercela fatta conoscere.
Sorridiamo come al G8: siamo pronti, iniziamo pure a prenderci amabilmente in giro, tra poche ore non dedicheremo a questo incontro neppure un pensiero marginale.
Prima redattrice: “Allora, Sara, vuoi iniziare tu?”
Rumori pseudo-acquatici (la sua suoneria, immagino) inducono Sara ad afferrare con zampata felina il cellulare. Gli anni trascorsi a scuola con lei mi hanno insegnato che non parla mai se interrogata, per cui mi offro volontaria. Per circa un paio d'ore confronto le mie osservazioni sulla Creatura con i tre malcapitati, mentre di Sara si percepisce un debole campo magnetico.
Con ritmo sincopato interviene per difendere ripetizioni, assenza di punteggiatura e frasi barocche dal significato incerto, picchiettando nervosamente le unghie recentemente laccate. Il resto della mattinata vede l'alternanza di un suo stato afasico a una breve esaltazione convergente in interventi inopportuni, cui i tre professionisti rispondono con commiserazione travestita da benevolenza.
Dopo una delle sue ultime fughe in bagno (riesce a mantenere la media di tre all'ora) ci impone di considerare la questione dell'anonimato, difendendo le sue ragioni con una tale veemenza da indurre l'editore ad esclamare “Non avete mica ucciso nessuno!” cui segue il mio laconico “O almeno questo è ciò che sembra” che suggella il nostro tacito patto di finire il tutto il prima possibile, alle nostre condizioni.
Sono mediamente soddisfatta: in fondo la Creatura vedrà presto la luce e l'editing procede senza troppi intoppi. La mia collega mi dice “Devo fare una cosa, torno subito” ma questa volta non si dirige verso un bagno. Rimasta sola per circa due ore riesco a ultimare gli acquisti natalizi, a bere tre caffè, a fare il punto sulla mia esistenza. Inutile precisare che il suo telefono, pur fortemente sollecitato, non ha dato segni di vita.
Arrivo alla stazione. Il treno (quasi deserto) è in ritardo di venti minuti, forse per consentire a Sara di arrivare nella mia carrozza, dopo aver scartato l'ipotesi di un ritorno in aereo. Avendo molto lavoro arretrato, per stroncare ogni tipo di conversazione, la accolgo con la domanda: “Come va la tua vita sessuale?”, certa che non avrà molto da dire. Per la strana creatura (vista dal finestrino di sinistra sembra una donna, vista dal destro è il sosia di mio fratello) seduta davanti a noi si tratta di una manna dal cielo: Sara parla del suo uomo ideale (il che include l'amplesso ideale, il conto in banca ideale, il montaggio mobili Ikea ideale, il non dover fare file alla posta, la parmigiana ideale), direi una figura mitologica a metà tra la mamma dinamica e la colf, capace di offrire picchi di divertimento. A nulla valgono i miei tentativi di fermarla: è insolitamente ciarliera, vagamente simpatica oserei dire, certo a parte quel nevrotico gesticolare delle mani ridotte ormai a porta cellulare che digitano freneticamente messaggi, note o forse solo simboli a caso.
La stazione di Bari centrale mi riconsegna alla normalità.
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Erba
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