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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

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Quella zattera di sughero e champignon.

Post n°615 pubblicato il 17 Gennaio 2010 da delilah79

L’occasione è emotivamente impegnativa.
Lui è motivo di costante riconsiderazione dei miei stabili e resistenti “adesso basta”.
Lui è colui che ho deciso di non vedere più.
(Per coerenza) Lui è colui che stasera ho invitato a cena da me.
Cucino io. Io detesto cucinare. In uno slancio di romanticismo e di stucchevoli considerazioni (“quando ami hai piacere a cucinare per l’altro”), alle 17 sono all’opera, già consapevole che alle 21.30, ora della cena, sarò una puzzolentissima, provetta bestemmiatrice.
Poche portate. Rimaniamo leggeri.
Come antipasto un cocktail di gamberetti. I gamberetti sono freschissimi. Lessati e decapitati.
Per un momento mi balza l’insana idea di fare da me la maionese (esperienza mai provata: il mio massimo è il caffè di prima mattina).
Fortunatamente penso che la Kraft ben camuffata mi può risparmiare una buona oretta di rimestolar di uova…
Un primo leggero: zuppa calda dal nome “VITA NUOVA”. Prendo spunto da un ricettario di eccezione: Afrodita di Isabel Allende. Non ho marsala, opto per ¼ di dreher, l’unico alcolico che troneggia nella mia dispensa (oltre che nel frigo). Non comprendo il significato di “una tazza di champignon”, salto l’enigma senza troppe domande. Sostituisco la salvia (mancante) con il prezzemolo, elimino i due cucchiai di panna (finto spirito salutista, reale alzheimer da spesa) e il rosso d’uovo si trasforma in uovo intero.
Piatto forte (stesso ricettario) MERLUZZO ALLA DIANA. Penso a Lady D., mi commuovo fino a che il coltello non recide il mio indice sinistro il che provoca un accorato pensiero rivolto alla defunta.
Posso riutilizzare la Kraft di prima. Ho persino comprato il coriandolo. Sono a cavallo del merluzzo: ho quasi tutti gli ingredienti. Tranne il crescione con cui mi si chiede di guarnire il piatto (irresponsabili e pretenziosi questi autori contemporanei). Dopo una veloce ricerca su Google (o sarebbe meglio dichiarare su Libero?) apprendo che il crescione è un'insalata. Utilizzo la lattuga comprata per la tartaruga.
Dolce: SOSPIRO DI BANANA, preparazione: “metti tutto nel frullatore e lavora bene. Va servito immediatamente […] non resiste a lungo perché la banana tende a (…) scurirsi”.
Alle 21 sono in ritardo cronico e mi accorgo che non ho il pane. Mi affaccio al balcone e con leggiadrìa borghese grido a Charudutta (proprietario del market indiano sotto casa) se per caso glien’è rimasto. Mi risponde con un sorriso privo di incisivi. Comprendo che, a quell’ora, l’unico pane che può vendere è il panetto di coca. Frugo nella dispensa. Trovo del pan carré aperto con crosta laterale (direzione apertura pacco) indurita dal freddo ed ammuffita dal tempo. Scrosto la muffa e tampono l’indurimento con pronta accensione del tostapane.
Ore 21.30, citofono. Vestita in modo analogo dalle 9 della mattina, passo dal bagno e mi spruzzo qualcosa di non ben definito il cui afrore permarrà fino alle 21 del giorno dopo. Evito accuratamente di incontrarmi nello specchio.
A lui toccava il comito delle bevande.
Arriva con un bianco da 45euro (a bottiglia). Io, donna da primitivo 2 euro al litro ho il compito di aprirlo. Penso che forse potevo fare da me la maionese e potevo comprare il marsala per la zuppa. Chiaramente buco il tappo. Sughero nel vino di 45euro. Lui sorride. Io impreco.
Il cocktail di gamberetti delizia la vista: pochi gamberi allagati nella Kraft. Ogni tanto spunta una testa dimenticata, o qualche zampetta (Oh, che sbadatina che sono!). Lui sorride (droga?).
La zuppa è una brodaglia indefinita di cadaveri champignon e prezzemolo, in cui furoreggia un uovo mal girato.
Il merluzzo di Lady D. è una sbobba cotta alla meno peggio; decisamente più saporita la lattuga della tartaruga.
Il dolce (la banana frullata) garantisco essere buono anche annerito (perché preparato prima e dimenticato, così come il pane nel tostapane ad incenerire la cucina).
Lui continua a sorridere (trip di allucinogeni?).
Dopo la cena luculliana e ristoratrice dello spirito, lo slancio della passione e la scusa del vino che dà alla testa, ci vede abbarbicati l’uno all’altro sul letto. Lui, dolce come il sospiro di banana ben fatto, mi dice quanto mi ama e quanto grande sia il suo desiderio di vivere con me, quanto mi desideri… Io, dopo tre minuti lordi, russo.
La mattina mi sveglio di soprassalto, bestemmio al nuovo giorno andando verso il bagno e… toh, guarda, è ancora qui! Questo me lo sposo.

P.S.: Ammetto di non aver mai bevuto un vino tanto buono in vita mia. Peccato per quel sentore di sughero.

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Comeilcavoloamerenda il 18/01/10 alle 16:17 via WEB
Niuno mi ha instillato alcunchè, ma sempre così pensai...lo so, questo sta ai commenti o al blog o al post come il c.a.m., ma così è, date le sparute incursioni e come si suol dire, ogni promessa è debito...buona lettura...ah e saluti da pam che è dietro di me (oggi è venuta troppo truccata!): “Slava, come mai nell’URSS gli alberghi sono in genere di una sporcizia ripugnante?” gli chiedo un giorno a bruciapelo. “Quando sono sporchi è colpa del responsabile” risponde prontamente. “Ma perché al responsabile non sta a cuore la pulizia del suo albergo?” “Perché è un cattivo responsabile!” “E perché mai è un cattivo responsabile?” Slava alza le spalle in segno di impotenza. “Ma in tutti i paesi, Dominique, ci sono persone che fanno bene il proprio lavoro e altre che lo fanno male. Di sicuro anche in Francia. In questo momento l’URSS sta facendo sforzi enormi per valorizzare le sue ricchezze turistiche. Lei deve capire che noi siamo partiti da zero. Fra cinque, dieci anni, avremo riparato gli errori e tutti i problemi saranno risolti. Sarà allora che lei dovrà tornare, Dominique.” Dopo una pausa dice ancora con commovente fervore:”il nostro partito è GRANDE, Dominique. Bisogna avere fiducia in lui!”. “Slava, sia realista: non riuscirete mai a risolvere tutti i problemi” dico io, ben deciso, per una volta a sottrarmi a quel politichese. “Ma perché?” chiede lui con aria offesa. “Perché un responsabile d’albergo o un benzinaio sulla strada non lavoreranno mai come se fossero proprietari della loro impresa commerciale. Abolendo la proprietà privata, voi avete soppresso l’iniziativa individuale e lo spirito di concorrenza, e tutto il vostro arsenale di premi al merito e di albi d’onore non sostituirà mai il piacere che prova un commerciante quando vede che il suo lavoro gli rende perché lui si dà da fare. “Ma andiamo, caro Slava, come vuole che il suo benzinaio sovietico venda una benzina migliore, dal momento che ne esiste di un solo tipo? Perché vuole che ridipinga la “stazione di profilassi” che dirige, dato che non ce ne sono altre per centinaia di chilometri e che le automobili saranno comunque costrette a fermarsi al suo distributore? Perché vuole che il responsabile dell’albergo di Sukumi si dia da fare, dato che è l’unico in città ad avere l’autorizzazione dell’Inturist, e che lui non ha nessun interesse ad accrescere la clientela? Non è una questione di errori o di problemi, ma semmai di sistema, non le pare? Mio caro Slava, quando lei potrà scegliere tre due navi come la Marseillaise e la Pobieda, quale preferirà?” I miei argomenti non hanno l’aria di sortire alcun effetto. Di colpo il nostro compagno si mette a parlare come Nikita Chruscev. “Torni tra dieci, o fra quindici anni, o forse solo fra vent’anni, ma di sicuro, un giorno, il mio paese avrà raggiunto il livello di vita americano!”.Tocca a me alzare le spalle:”Ma lei, caro Slava, dimentica che fra dieci o vent’anni, come dice lei, il livello di vita americano sarà a sua volta talmente cresciuto che voi ne sarete ancora ben lontani. La Russia, Slava, non potrà mai raggiungere l’America”. Slava mi lancia un sorriso sarcastico.”Nel frattempo, in America ci sarà stata una crisi, Dominique. Da noi le crisi sono impossibili.”Consapevole di tutto il male che potrei fargli se i miei argomenti scuotessero le sue convinzioni, pongo fine alla discussione. Ho troppa simpatia per questo ragazzo onesto e idealista; è meglio lasciarlo alla felicità socialista delle sue illusioni. Da “C’era una volta l’URSS” di Dominique Lapierre
 
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