S_CAROGNE

Bye Bye Baby

Tagliarsi i capelli non è solo un vezzo a cui noi donne ci dedichiamo con periodicità, ma soprattutto un vero gesto liberatorio e simbolico presagio di nuovi accadimenti. Fosse anche lo sfregiarsi la frangetta in un momento di depressione creativa.

Infatti parto.

No, non strappatevi i (pochi) capelli e no, non principio il viaggio di nozze (una scrittrice veramente in gamba non si sposa mai e si suicida presto): semplicemente esporto all’estero il mio ciondolare denso di così raffinata ironia.

Ufficialmente per motivi di lavoro.

Come invece ben sappiamo voi ed io tutto questo è un mero pretesto per dissipare 3/4 di stipendio in completi intimi e vaccate varie con al contempo la speranza di  trovare all’estero la merce umana che qui in Italia sembrerebbe scarseggiare (visti i chiari di luna non mi meraviglia che persino quella gnocca di Cenerentola si sia ridotta a parlare con i topi).

Lascio quindi un al loro destino branco di cani liberi di devastarmi la magione già duramente provata dalle piogge incipienti e dal freddo lappone ( ad oggi questa casa è ridotta ad una stamberga che ricorda vagamente la stanza per la tosatura del bestiame), un blog ed un libro. Ah già, e anche una mezza vagonata di debiti.

I due pipistrelli che allevo appositamente per le mie pozioni (Geghe e Jay) sono tenuti in costante regime di terrore, cresciuti a pane, acqua e cazziatoni perciò nel momento in cui si prospetta la mia dipartita (tocchiamoci), essi mostrano poca tolleranza per le mie paturnie aereo-fobiche (testuali parole di Jay: Ou, non ci ho più i coglioni di sentire le cagate di questa).

No, non vi esplicito la destinazione: prima di tutto perché sono terrorizzata e poi perché un certo alone di mistero nasconde le magagne meglio di qualsiasi lifting e collant contenitivo (fate conto che io non l’abbia scritta e voi non l’abbiate letta).

Piuttosto sappiate che a differenza degli aereo-fobici veri che scelgono l’aiuto farmacologico per sopire il proprio terrore Sara trascorre il tempo al Bar del Dipartimento a succhiare Bellini con tanto di ciliegina insieme a Spermicida. E con questo ho detto tutto.

D’altronde in un mondo in cui la coincidenza sembra avere il sopravvento cos’altro puoi fare se non alzare un po’ il gomito?

Ciò mi ha anche permesso di stringere una simpatica amicizia con un uomo colto e raffinato quale il barista che difatti celebra la mia assidua presenza al bancone con una locuzione che ben esprime il mio alacre spirito lavorativo (Che diavolo ci fa sempre qui questa?).

Guarda caso è la stessa precisa identica domanda che mi faccio io tutte le mattine quando mi guardo allo specchio sperando che l’immagine riflessa non sia la mia.

A questo punto (etilico) le sfighe porche che mi aspettano le sa solo Iddio.

Ma adesso permettetemi di salutarvi raccontandovi una bella storia romantica che davvero merita.

Flashback.

Prima metà di febbraio.

Sara ed un sedicente psicologo reichiano si conoscono ad una festa e passano la serata a discettare delle rispettive nevrosi. Da quello stramaledetto giorno lui, che in teoria (ma solo in teoria) dovrebbe essere il più lucido dei due, non fa che telefonarmi all’alba ripetendo ogni volta che mi ama, che mi vuole rivedere e che da quando mi ha conosciuto non riesce più a dormire, eccetera eccetera eccetera. Questa storiella dura quasi due settimane di fila. Finché la Vostra ieri mattina (ma forse era notte) rivendica il suo legittimo bisogno di riposo con una delicata perifrasi che ricorda il dolce Stilnovo. Prendete la penna e segnatevela, potrete riciclarla in caso di spasimanti molesti. Due punti, virgolette: Io ci riuscirei invece, a dormire, se tu non mi spaccassi la minchia ogni mattina.

Lo so, invecchierò sola, grassa e alcolizzata, con i collant di lana tarmati ed un gatto nero in grembo, scolandomi un White Russian di latte scaduto.

O forse no: scomparirò per troppa pena come quel tacito affetto che mi porto dietro, quella sottile carezza che non smette di blandirmi tra le tristi carole quotidiane.

Anche perché, come diceva Chandler, la sola  idea di essere condannato a uno schema prestabilito mi atterrisce. Prosit.