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Un blog creato da sara_1971 il 13/07/2007

S_CAROGNE

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Vecchio Paz

Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare una intera Via Crucis con una semplice stretta di mano, o una visita ad un museo, e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi, e miliardi di parole d'amore...

 

Cuor di Carogna

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Diario di una gravida

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Il filo.

Post n°633 pubblicato il 09 Marzo 2010 da delilah79

Lo so che non mi capisci. Ci sono giorni durante i quali io per prima non mi capisco. In cui rotolo nei miei pensieri ed inciampo nei fili tesi dalle abili trame della mia inquietudine. Penso, tuttavia, che ci siano momenti in cui non è necessario capire. Volte nelle quali si possa tacere e, se si riesce, assecondare.

Accade che in alcuni istanti mi manchino rumori ascoltati tanto tempo fa. Odori. Stanze irrimediabilmente chiuse, modificate. Il passato. Ne sento la necessità come di un abbraccio e lo allontano con la stessa intensità con cui lo desidero.

L’altra sera, quel brusio, quella gente. Tutti così lontani da me, io così lontana da tutti, così altrove. Rimescolio di carte, di vento, di rabbia, di noia. Un bagno nella sabbia.

Mi rivesti della corazza rigida del tuo dover essere e mi soffochi con l’ansia delle tue aspettative deluse, con la tua sorda insicurezza, con il perverso e cattolico gioco del “senso di colpa”. Tu, la matrona dei poveri senza fede, la chiassosa, la parva domina.

Sai, non credevo che un mancato saluto potesse aprire varchi sconosciuti ed incancreniti di egoismo ed ingiustizia. Come non credevo potesse svelare la somma conoscenza dell’Essere, il mio. Ritenevo. semmai, si potesse comprendere che il silenzio non è sempre e solo mancata ricezione di suono, ma, talvolta, emissione carente od incapace. Esiste un reato anche per questo?

Lui mi disse che ero pazza. “Perché?”, chiesi. “Perché cambi spesso idea e credi che le tue paure siano verità assolute.”, mi zittii. Si avvicinò e poggiando le sue labbra alla mia nuca aggiunse: “Però non sei una pazza generica. Sei la pazza a cui mi sento destinato. Quella che amo.”.

Vedi, rispettare "l’altro da sé", specie quando la sua alterità non ti pugnala, è gesto ben più maturo e consapevole del commuoversi per la storia di Basaglia su Rai1. Mi rendo anche conto che sarebbe gesto più in sordina, ma è questione di scelte di vita. C’è che non aspiro all’internamento - ahimè - e che l’esternamento mi risulta difficile. Mi accontenterei di evitare le facili crocifissioni e, magari, di una sana dose di autonomia.

Il vero problema è che tutti si sentono “diversi”. Hanno il guizzo e la rivoluzione della loro fedeltà a sé e, se non considerati nelle loro preziose imperfezioni, cadono nel piagnucolìo.  La stasi spiazza, sebbene, a ben osservare, anche la non reazione sia una reazione. Tuttavia, l’arte dell’osservazione richiede pazienza e tempo.

Sarà un caso che nello specchio Narciso vedesse solo Narciso?

Parto. Una fuga necessaria? Non so. Ho sempre pensato che “necessità” sia il modo con cui nominiamo il nostro malessere, o le nostre sconfitte. Un po’ come riversarle all’esterno, ma stavolta non posso permettermi di farlo. Allora ti dirò: sì, fuggo. Da me, da te, da loro, dal vuoto, dai richiami, dall’eco. Dalla pesantezza di un’aria consumata da tempo. Stantia per averla troppo respirata. Vado alla ricerca di un pensiero seducente,  di un miraggio convincente almeno quel tanto che serva a narcotizzare il pensiero. Fuggo orgogliosa della fuga. Andrò dove c’è neve ghiacciata. Scivolerò, prendendo una sonora botta sul mio culone da divano e ne rideremo di gusto anche se tu non lo saprai. Andrò dove si balla e dove si resta a guardare. Andrò a riprendere fiato, il filo di una storia che, forse, non scriverò mai.

Ciao.

[Insomma, Bestia, se non è chiaro, sto partendo. Vado a fare quella famosa cagata per poi - solo dopo - aprire la tazza.

Auguri: 1 di questi giorni, così ti togli il lusso di un'ennesima cifra tonda e poi non scassi più la minchia (sono sempre una Signora!)! E ringrazia che non infierisco su quante cifre tonde tu ti sia già tolta davanti...]

 
Rispondi al commento:
jodo77
jodo77 il 09/03/10 alle 23:49 via WEB
A proposito di elezioni...
Sabato scorso sono andato a vedere uno spettacolo, Le Nuvole, di Aristofane. Parla di un contadino che iscrive il figlio alla scuola di Socrate per farne un sofista in grado di evitare, tramite la logica e la dialettica, di pagare i debiti scioccamente contratti. La commedia è una critica alle "nuove filosofie" che, grazie a tortuosi sillogismi riescono a dimostrare la correttezze di premesse sbagliate.
Il cuore dell'opera è il confronto tra il Discorso Migliore ed il Discorso Peggiore, personificazioni di modi antetici d'intendere la vita e le faccende. Inutile dire come il Discorso Peggiore prevalga facilmente con la sua natura scivolosa sulle perniciose virtù del Discorso Migliore. La Commedia si conclude col figlio del contadino che dimostra al padre la fondatezza del suo diritto a picchiarlo. E perciò, metaforicamente, a sovvertire l'ordine naturale delle cose.
La messa in scena è stata ancor più efficace perchè il pubblico è stato prima sollazzato dalla farsa, e poi strattonato dagli attori che lo hanno riportato all'attualità, chiosando con Povera Patria di Battiato.
insomma, tutta questa menata per dire che io quest’anno non so proprio come fare. Andare a votare, o non andarci?
So di attirarmi gli strali dei virtuosi con questa posizione, ma non riesco davvero a trovare motivi validi.
Ho sempre sorriso di chi vedeva all’estero un paradiso di legalità e democrazia, persuaso sì, che da altre parti si potesse stare meglio, ma mai rassegnato all’idea che in Italia non si potesse trovare una dimensione comunque vivibile. Invece oggi sono proprio schifato. Ho sempre partecipato, difeso il diritto al voto, e incalzato chi, per pigro populismo, rinunciava a esercitare questo diritto. Ultima occasione di esprimere un’opinione. Ma oggi siamo stati svegliati brutalmente da quella che forse è sempre stata un’illusione. Un giocattolo datoci in mano per distrarci. Le ultime vicende di questo paese, la complice partecipazione delle istituzioni ed il silenzio rassegnato di noi pubblico imbecille ed imbelle, dimostra che anche il voto è ormai solo uno strumento in più nelle mani di chi vuole convincere attraverso il Discorso Peggiore dell’inutilità dell’onestà intellettuale. Temo che non andrò a votare quest’anno. Non per pigrizia, né per sconforto. O forse invece sì. Ma non voglio essere strumento di questi farabutti. Esprimere una preferenza mi è impossibile, vorrei poter essere sasso tra i loro ingranaggi, ma anche il solo partecipare, servirebbe solo al loro indecente ingrasso. Mi viene in mente quella brutta gag. “Se quando ti gratti la borsa senti quattro maroni, non muoverti. Potresti fare il gioco di qualcun altro.” Sarà una sconfitta, per quello in cui credo, per le parole spese, ma questa volta ho paura che sceglierò di non giocare, di non esserci.
 
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